Capitolo 64

Lode meritata ad un amico - D. Bosco stampa i suoi libri avendo l'approvazione del Papa - Una congiura contro le Letture Cattoliche - Don Bosco distrugge le lettere che compromettono i suoi avversarii - Il Centenario di San Pietro denunziato alla Sacra Congregazione dell'Indice - Appunti del Consultore a questo fascicolo - La Sacra Congregazione ordina che D. Bosco stampi una nuova edizione del suo libro con varie correzioni - Parole affettuose del Papa per D. Bosco - Letture Cattoliche: I benefizii recati dai Papi all'Umanità - D. Bosco affida a patrizii piemontesi sue lettere per Roma - Scrive al Card. Antonelli sulle pratiche sospese per la nomina dei Vescovi e suggerisce alcuni ecclesiastici per le sedi vacanti - Risposta del Cardinale - Pio IX si rivolge a Napoleone, perchè induca il Governo Italiano a riprendere le trattative per le Diocesi vacanti - Toccherà a D. Bosco il compiere questa restaurazione.

Capitolo 64

da Memorie Biografiche

del 06 dicembre 2006

 Nei due mesi dacchè era tornato da Roma, D. Bosco aveva ordinata la ristampa del suo libro pubblicato nel 1856: Vita di S. Pancrazio martire, con appendice sul santuario a lui dedicato vicino a Pianezza. Il suo amore al martire giovanetto e al suo santuario era il principale scopo di questa edizione; ma egli voleva eziandio dare un segno di stima al Rettore della Chiesa. Ricorderà

il lettore quel sagrestano dei duomo di Chieri al quale Don Bosco, ancor studente, aveva fatto scuola di lingua latina in modo che potè vederlo vestire insieme con sè l'abito chiericale, e cui in seguito aveva continuato a dar lezioni di filosofia e di teologia. Ora appunto di lui nell'accennata edizione faceva un elogio.

“ In questi ultimi tempi codesto santuario fu totalmente ristorato, ornato, abbellito, arricchito ed ampliato, mercè le cure dello zelante Rettore sig. Carlo Palazzolo. Esso ha qui regolare dimora. Lungo l'anno fa catechismo e scuola ai fanciulli del vicinato che con difficoltà potrebbero recarsi al paese di Pianezza; celebra ivi tutti i giorni la Santa Messa; dà la benedizione agli avventori che vengono a richiederla; si presta prontamente per le confessioni. All'occasione poi della festa procura che colà si trovi abbondante numero di confessori e di altri sacerdoti per soddisfare allo straordinario concorso di fedeli, che o per necessità o per divozione sogliono ogni anno intervenire a questo santuario al 12 maggio; giorno in cui il nostro Santo riportò il martirio, avvenne il prodigio che diede origine al Santuario, e in cui la Chiesa Cattolica ne celebra la festa ”.

Man mano faceva ristampare anche altri suoi libri e componevane dei nuovi, incoraggiato in questa santa impresa dal Sommo Pontefice. Pio IX era tutto per lui ed egli ne conosceva intimamente i pensieri. Se avesse avuto il menomo dubbio che alcunchè di ciò che aveva scritto non fosse secondo la verità cattolica e il rispetto e l'amor suo al Papa, avrebbe riprovato e condannato non uno ma tutti i suoi libri ed avrebbe desistito dallo scrivere.

Tale era sempre la sua ferma volontà, mentre alcuni suoi contradditori di Roma, che stimavansi offesi da lui, si erano coalizzati con una combriccola interessata delle provincie della bassa Italia e d'altre parti contro le Letture Cattoliche. Era nell'intenzione di costoro di far condannare dalla S. Congregazione dell'Indice il Centenario di S. Pietro, recando uno sfregio gravissimo al suo autore, e di giovarsi di questa condanna per gettare il dubbio su tutte le altre opere stampate da D. Bosco. La passione offuscava i loro giudizii. Certamente non avevano potuto leggere e ponderare in sì poco tempo i 154 fascicoli che già componevano la collezione delle Letture, e neppure avevano osservato i molti nomi di autori dotti che li avevano scritti, nè posto mente che erano destinati per il popolo, con stile e modi studiatamente familiari, perchè piacessero e fossero intesi.

Di questa trama aveva scritto a D. Bosco qualche fido amico, ed a lui erano anche pervenute varie lettere di note persone, contenenti espressioni per lui offensive; ed egli con meditata prudenza le distruggeva man mano che gli arrivavano. Ciò faceva per riguardo agli stessi scriventi, poichè non voleva che l'onore di costoro restasse compromesso, ed anche perchè non era bene che quegli scritti cadessero in mano di qualcuno dell'Oratorio, per tema non si accendessero animosità, causate dal grande amore che i suoi figli gli portavano.

Eppure mentre tanti e santi sacrifizi per riscattare la proprietà delle Letture Cattoliche, come abbiamo esposto, stavano per essere coronati, il demonio tentò di colpire in altro modo quella provvidenzale pubblicazione; e dopo molti trionfi il Signore permetteva che anche pel Venerabile venisse un'ora di grave tribolazione. Omnes qui placuerunt Deo, per multas tribulationes transierunt (Iudith 2).

Prima ancora della sua partenza da Roma que' signori avevano deferito alla Sacra Congregazione dell'Indice, perchè fosse esaminato il fascicolo del Centenario, lodato dallo stesso Sommo Pontefice.

Alla S. Congregazione la tendenziosa domanda non rimase inosservata e il libro fu dato in esame ad un Consultore, il Canonico Pio Delicati, Professore di Storia Ecclesiastica all'Apollinare, il quale il 21 marzo così presentava il suo voto.

 

Sopra l'opuscolo che ha per titolo: “ Il Centenario di S. Pietro Apostolo colla vita del medesimo principe degli Apostoli ed un triduo della preparazione della lesta dei SS. Apostoli Pietro e Paolo pel Sacerdote Giovanni Bosco. -Torino 1867; ”.

 

VOTO.

Con l'enunciato opuscolo il Sac. Bosco si propone di invitare i suoi lettori a considerare le gesta del gran Principe degli Apostoli ed a disporre il loro spirito con devota preparazione alla prossima solennità che andrà a celebrarsi. Certamente che è lodevole un tale scopo ed è degno pure di encomio lo zelo del quale si mostra animato il nominato scrittore. Però sembra che il lavoro non possa andare esente da censura per i rilievi a cui esso porge occasione.

E primieramente è rimarchevole che nello svolgersi del divisato argomento, bene spesso ai fatti inconcussi per l'autorità stessa delle Divine Scritture, si accoppiano altri racconti, ricavati in parte da incerte tradizioni, ed in parte da apocrifi documenti, senza alcuna distinzione od alcuna avvertenza, come se questi e quelli fossero di egual peso ed ottenessero l'identico grado di certezza. Per ragione di esempio a pag. 102 dopo essersi detto che S. Pietro andò a fondare la Chiesa in Antiochia, si aggiunge che l'Apostolo incontrò gravi ostacoli da parte del Governatore di nome Teofilo il quale lo mise in prigione, e di più per ischerno gli fece tagliare i capelli per metà lasciandogli un cerchio intorno al capo in modo di corona, dando ad intendere che in questo fatto si debba ravvisare l'origine della corona o chierica nel capo degli Ecclesiastici. Così ancora essendosi riferita la prodigiosa liberazione di S. Pietro dal carcere ove egli era ritenuto in Gerosolima per comando di Erode, a pag. 126 si prosiegue a narrare che il medesimo Apostolo si diresse alla casa di una certa Maria ed ivi era una fanciulla di nome Rosa, la quale, grandemente sorpresa nel vedere S. Pietro che sapeva trovarsi rilegato nella prigione, senza aprire l'uscio corse a darne avviso ai suoi padroni i quali non volevano prestarle fede, ed intanto S. Pietro seguitava a picchiare alla porta annunziandosi per quegli che era realmente, sino a che tutti, accertati della verità, lo accolsero in casa ed appresero da lui il prodigio operato per mezzo dell'angelo. A pagina 132 si ammette per certo che Tiberio avendo divisato di annoverare Gesù Cristo tra gli Dei Romani, interpellò l'autorità del Senato il quale però respinse la proposta. A pagina 152 affermasi che S. Pietro risuscitò un morto, sul quale già prima Simone Mago aveva fatto inutili tentativi per operare il richiesto prodigio. A pagina 157 si presenta come cosa indubitata il volo e la caduta dello stesso Simone Mago con circostanze del tutto speciose, le quali non sono constatate dai critici come si vorrebbe far credere. A pagina 164 si pone tra i fatti parimenti certi, che S. Pietro ad insinuazione dei fedeli aveva deciso di sottrarsi alla persecuzione suscitata in Roma contro i cristiani, ma non appena uscito fuori della città mutò consiglio per obbedire alla voce del Redentore che gli apparve nel suo cammino.

Ma oltre a ciò che si è osservato, convien notare nel libro di cui trattasi talune proposizioni non esatte o in ordine alla Storia Evangelica, o rispetto alle teologiche dottrine. E, veramente difetto di esattezza per rapporto alla storia evangelica si riscontra a pag. 17 ove si fa credere che gli Apostoli fossero occupati nel ministero della predicazione nel tempo che conversavano qui in terra col Salvatore, cioè prima di avere riportata la solenne missione con quelle parole euntes docete e di aver ricevuto la comunicazione del Divino Spirito. Con più precisione su tal proposito parla lo scrittore nella pagina 69 ove dimenticando forse quanto aveva scritto di sopra, afferma che dopo la discesa dello Spirito Santo fu allora che S. Pietro pieno di santo ardore cominciò a predicare la prima volta Gesù Cristo. Non è poi conforme alle teologiche dottrine quando dicesi a pagina 217 che la violazione di ogni divino comandamento è la trasgressione di un articolo di fede.

Dal che verrebbe ad ingerirsi che pecca sempre contro la fede chiunque pecca contro un divino precetto. Ecco le parole colle quali si esprime il nostro autore: La nostra fede deve essere intera e cioè deve abbracciar tutti gli articoli di nostra religione. Tutte le verità della fede sono da Dio rivelate; quindi chi nega di credere un solo articolo di fede nega di credere a Dio medesimo. Perciò colui che dice di amare il prossimo e intanto nomina il nome di Dio invano; colui che onora i genitori e intanto prendo la roba altrui, o si dà in preda alla disonestà, al disprezzo dei Sacramenti, del Vicario di Gesù Cristo, costui, dico, trasgredisce un articolo di fede che lo la colpevole di tutti gli altri.

Altro luogo meritevole di specialissimo rimarco trovasi a pag. 192 sulla venuta di S. Pietro in Roma. Sebbene lo scrittore non metta alcun dubbio su tal punto, anzi adduca non pochi argomenti a provare ciò, in tal modo egli sentenzia sulla natura e sul carattere dei fatto medesimo: “ Stimo per altro bene di dar qui di passaggio un avviso a tutti coloro che si fanno a scrivere o parlare di questo argomento, di non considerarlo come punto dogmatico e religioso; e ciò sia detto tanto Poi Cattolici quanto poi Protestanti ”. Ora il sostenere che la venuta di San Pietro in Roma non è punto dogmatico e religioso, nel senso che escluda ogni attinenza a punto o ad argomento dogmatico e religioso, è un grave abbaglio in materia teologica, il quale non può a meno di non offendere le pie orecchie dei fedeli. Il fatto del quale trattasi è bensì storico e dimostrasi trionfalmente cogli argomenti di critica, ma insieme ha un intimo rapporto con ciò che è strettamente religioso e dogmatico, essendo il supposto o fondamento storico di un vero dogmatico e religioso che è il primato dei Romani Pontefici. Perciò la venuta di S. Pietro in Roma è un punto, un vero, non meno difeso dai critici che propugnato da tutti i cattolici in ogni tempo, e negato soltanto da alcuni critici, i quali si presuasero di arrivare in tal modo a rovesciare il dogma del primato dei Romani Pontefici. Quel che debba ritenersi del nesso tra il dogma del primato dei RR. PP. ed il fatto storico della venuta di S. Pietro in Roma, ben lo dimostra chiaramente il dotto Pietro Ballerini nella sua opera De vi et ratione primatus alla pag. 3. “ Si enim, così egli, stet Romae Petrum fuisse et in Romana Sede decedentem successoribus suis primatum bono Ecclesiae necessarium reliquisse, statim sequitur quod et Catholici cum tota Ecclesia tamquam dogma certissimum tenent Romanos Pontifices eidem Petro in ipsius primatu succedere... ”. Il nostro scrittore però con idee assai confuse e con linguaggio sempre inesatto prosegue nel citato luogo: “ Iddio stabilì S.Pietro capo della Chiesa e questo è dogma, verità di fede. Che poi S. Pietro abbia esercitata questa sua autorità in Gerusalemme, in Antiochia, in Roma od altrove; questa è discussione storica, estranea alla fede ”.. Nel qual tratto parla in modo come solo si dovesse ritenere per verità di fede il primato conferito a S. Pietro, mentre è pure verità di fede, che il primato di S. Pietro persevera nei Romani Pontefici, ed a questo dogma non è estraneo il fatto di S. Pietro che venne in Roma, e quivi stabilì la sua sede, per far comprendere che nei Romani Pontefici doveva trasfondersi il primato su tutta la chiesa.

Dietro le suindicate osservazioni sembra esservi ben fondate ragioni onde sul libro in discorso si abbia a decretare proscribendum donec corrigatur. Nel quale caso potrebbesi eccitare lo scrittore ad emendare o meglio a rifondere interamente il suo piccolo lavoro.

Del resto, questo qualunque parere si sottomette pienamente al sapiente autorevole giudizio di cotesta Sacra Congregazione.

21 marzo 1867.

Can. Pio DELICATI, Consultore.

 

Prefetto della Sacra Congregazione dell'Indice era Sua Eminenza il Card. Ludovico Altieri, Vescovo di Albano; ma presiedeva la seduta S. E. il Card. Antonio Maria Panebianco, dell'Ordine dei Minori Conventuali, Prefetto della Sacra Congregazione delle Indulgenze e Sacre Reliquie.

La Sacra Congregazione esaminò il voto e non lo approvò nella sua conclusione finale, ma si limitò a farlo conoscere al Venerabile a mezzo dell'Arcivescovo di Torino, con ordine di tenerne conto in una ristampa. Così aveva voluto il Sommo Pontefice Pio IX, il quale a chi gli aveva accennato ad una proibizione, aveva risposto:

- Oh questo poi no! Povero D. Bosco! Se c'è qualche cosa da correggere in quel libro, si corregga nella seconda edizione che se ne farà.

E noi, ritornando sulla lunga questione nei capi seguenti, avremo da ammirare sempre più l'umiltà e la santità di D. Bosco.

Intanto egli continuava a celebrare le lodi dei Papato. Pel mese di maggio il fascicolo delle Letture Cattoliche era il seguente: Dei benefizii arrecati dai Papi all'umanità: conversazioni tra un giovane e il suo Parroco pel Sacerdote Boccalandro Pietro, Rettore di S. Marco in Genova.

Ecco gli argomenti: I Papi hanno incivilita la società: liberato l'Italia dalla dominazione dei barbari; frenato il dispotismo germanico: protetto le scienze e le belle arti. Si ha torto a gridare contro la condotta dei Papi, nè Pio IX è il più grande nemico d'Italia. La ragionevolezza, il diritto, il volere di Dio che il Papa possegga un territorio indipendente.

In appendice i fedeli erano invitati a pregare per la conversione degli Ebrei.

In quei mesi al Papa erano rivolti i pensieri anche della parte eletta del patriziato Torinese, e molti di esso fin d'allora si recavano a Roma per prendervi stanza a loro agio, essere presenti alle solennissime funzioni di S. Pietro in Vaticano e prestare omaggio al Vicario di Gesù Cristo. Ad alcuni di questi signori Don Bosco affidava lettere confidenziali, dirette a cospicue famiglie di cooperatori romani che gli avevano chiesto consigli, a' Prelati per l'interesse della Pia Società, al Cardinale Antonelli per lo stesso fine e circa le nomine dei Vescovi in Italia.

Di simili commissioni incaricava pure l'ecc.ma Duchessa de La Val Montmorency-De Maistre, che dimorava a Borgo Cornalense presso Villastellone.

 

Torino, 1° maggio 1867.

 

Benemerita Signora Duchessa,

 

Non so se potrò ancora ossequiarla di presenza prima che Ella parta per Roma; ad ogni modo le affido qui un pacco di lettere. Quella indirizzata al Card. Antonelli è di qualche premura, perciò se non potesse portarla, la metta in qualunque buca delle lettere, e l'avrà prima e prontamente. Le altre poi sono chiuse in piego alla Marchesa Villarios; essa ne farà le parti a chi sarà del caso. Se le accadesse di parlare con questa signora, vedrebbe una copia di S. Francesca Romana.

Dio la benedica e l'Angelo del Signore l'accompagni e la difenda da ogni male nell'andata, permanenza e ritorno.

Abbia la bontà di riverire la famiglia del sig. Conte Eugenio ed il sig. Francesco, cui auguro ogni bene spirituale e temporale. Preghi anche per me che con gratitudine mi professo

Della E. V.,

Obbl.mo Servitore

Sac. Giov. Bosco.

 

 

Il Cardinale Antonelli gli rispondeva.

 

Ill.mo Signore,

 

Se sono fin qui mancate di mia risposta le due lettere di V. S. Ill.ma in data 20 marzo e 5 aprile p. p. Ella facilmente ne avrà immaginata la cagione, conoscendo l'ingombro di affari onde va soggetto il mio ministero.

Quanto alla prima lettera serve di compenso al mio ritardato riscontro quel che so essersi a Lei già scritto sull'assunto da Mons. Berardi. Tuttora la cosa è in corso d'esame presso la S. Congregazione de' Vescovi e Regolari, ed io non ho nel momento a dirle più del già dettole da altri: potendo Ella del resto ben persuadersi dello impegno datomi a richiamare la speciale attenzione ai rilievi da Lei dedotti sul punto a cui riguardavano la lettera e i fogli corrispondenti.

Dall'altra lettera appresi con grande piacere l'universale gradimento che sortirono le nomine per le sedi vescovili ivi menzionate.

E' questo un argomento di molto conforto dopo la cura applicata appunto alla scelta di Sacri Pastori, quali richiede specialmente negli odierni tempi il buon governo delle Diocesi. Tali cure servono di garanzia all'intento che qui condusse i due commendevoli Ecclesiastici portatori della lettera ora enunciata. Ed a questo proposito non occorre notare qual sollecitudine serbi la S. Sede di generalizzare la importante operazione a vantaggio delle sedi tuttor vacanti: e quanto conseguentemente la rattristi il veder che dalla parte impegnata ad intendersi con essa non si manifesti quell'andamento progressivo, di cui le primordiali aperture ingerivano la speranza.

Sarebbe perciò desiderabile che col mezzo di qualche idonea influenza prudentemente si procurasse di scuotere nelle competenti regioni il soppraggiunto ristagno.

Intanto non ho lasciato di prendere nel dovuto conto le ulteriori di Lei designazioni, ed in particolare le ben giuste sue commendatizie a riguardo del degno prelato che da gran tempo spende la zelante opera sua a vantaggio delle orfane Diocesi.

Qui poi aggiungerò un cenno sul separato cartolino, accertandole che sarà tenuto a calcolo nell'eventualità quanto ivi si nota.

Ringraziandola senza limiti della pia memoria che di me conserva presso l'Altissimo, non cesso d'invocare reciprocamente sulla meritissima di Lei persona ogni miglior assistenza e conforto dalla Bontà Divina, e colgo ben volentieri l'opportunità di confermarle i sensi della mia distinta stima.

Di V. S. Ill.ma,

Roma, 4 giugno 1867,

Servit vero

G. C. ANTONELLI.

 

 

L'illustre Porporato gli faceva notare la necessità che qualche idonea influenza facesse riprendere dal Governo Italiano le pratiche interrotte; e a suo tempo noi vedremo il Venerabile stesso riattivarle di sua propria iniziativa.

Don Bosco aveva raccomandato al Card. Segretario di Stato, Mons. Balma, Arcivescovo di Tolemaide in partibus infidelium, che poi ebbe l'Arcivescovado di Cagliari; aveva proposto altri nomi, poichè anche in Piemonte v'erano ancora diocesi vacanti. Fin d'allora ei forse pensava al Canonico Degaudenzi per Vigevano, al Can. Rosaz per Susa, a Mons. Manacorda per Possano. Il Servo di Dio voleva tener viva l'attenzione del Segretario di Stato sopra una questione così vitale, e che non si lasciassero sfuggire le occasioni in qualche modo favorevoli per ottenere, anche in modo limitato, uno scopo così santo.

In questo modo cercava di consolare il Papa, conoscendo i suoi ardenti desiderii per la salute delle anime.

Pio IX infatti con atto di virtù eroica il 13 maggio si rivolgeva all'Imperatore Napoleone, principalmente perchè inducesse il Governo di Firenze a riprendere le trattative per le sedi vacanti; ed aveva aggiunto: “ Non può udirsi senza ribrezzo come siansi preferiti per l'insegnamento certi preti e frati apostati e certi laici in parte increduli, i quali hanno per iscopo di corrompere la gioventù. Una parola della M. V. potrebbe risvegliare la volontà dei governanti italiani per purgare i luoghi dell'insegnamento da questa feccia ”. Il Papa scriveva così a Napoleone, perchè sperava tornargli più utile che il querelarsene direttamente cogli interessati.

Napoleone gli rispondeva il 18 giugno che non mancherebbe di far udire i suoi consigli a Firenze, ma che poco sperava, perchè colà

“ tornava difficile fare ascoltare la voce della ragione, e fare accettare i desiderii quantunque disinteressati affatto ”

E i consigli di Napoleone, se pur furono dati, a nulla valsero; trionfarono invece que' di D. Bosco e per lui, come diremo, tutte le Chiese vacanti d'Italia deposero le gramaglie ed accolsero i loro Prelati.

 

 

 

 

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