Capitolo 64

Don Bosco in Roma non può rimanere occulto alla cittadinanza - Il Santo Padre in una pubblica udienza dimostra la stima e l'affetto che ha per Don Bosco - Come Don Bosco fosse stimato in Roma - Freddezza di distinti personaggi che vorrebbero da lui confermata la loro speranza che Roma non sarebbe occupata dagli italiani - Non sono ascoltati i suoi consigli riguardo ai beni di Chiesa: conseguenze di tale noncuranza - Lettera ad un alunno calzolaio - Altre quattro ai Direttori delle case: proibisce che gli si facciano feste al ritorno - L'Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice eretta in Arciconfraternita - stabilito il giorno della festa di S. Francesco: i superiori delle case sono invitati a trovarsi tutti in Torino: il ritorno di Don Bosco: la chiesa e la casa in Roma: disposizioni del Vescovo di Casale riguardo a due Chierici: Don Bosco e i giovani: farà visita ai collegi: ha pregato pel Padre di D. Provera - Visita di congedo: gli anni di S. Pietro, il Catechismo unico: - Don Bosco rivela al Papa qualche cosa dei tempi futuri e parte da Roma - Essendone richiesto, trasmette al Papa copia del suo scritto sui futuri destini della Francia, dell'Italia e della Chiesa.

Capitolo 64

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

 Il Venerabile si era portato a Roma colla ferma intenzione di far vita ritirata, occupandosi solamente delle cose del Concilio e della sua Pia Società. Ma non andò lungo tempo che le molte relazioni coi prelati notificarono la sua presenza in Roma e quindi le importunità affettuose e insistenti degli amici e degli ammiratori e le esigenze della carità lo costrinsero a fare altrimenti.

Don Michele Picati, Priore - Parroco nell'Archidiocesi di Torino, scriveva da Roma ad un suo amico, in data 10 febbraio 1870:

 

.....Ieri 15, alle ore quattro di sera, Don Bosco, l'impareggiabile amico, procurava a me ed ad altri suoi cari una consolazione grandissima. C'introdusse nel Vaticano con intendimento di procurarci una particolare udienza dal Santo Padre, prima che uscisse dal suo privato appartamento. Intrattenutosi alquanto con quella turba di personaggi che stavano nelle anticamere, ecco un Monsignore dar l'avviso che tutti s'inginocchiassero. Pio IX uscì fuori di sua camera in mantello rosso gallonato, veste, fascia, rocchetto bianco, accompagnato da due prelati, uno dei quali teneva il suo cappello rosso, l'altro declinava i nomi dei singoli ammessi all'udienza. Pio IX fece un giro per la sala, a tutti indirizzando una parola affettuosa, porgendo a baciare l'anello che teneva in dito e chiedendo a ciascuno che cosa desiderasse. Finito il giro, fattosi in mezzo della sala, in lingua latina con voce forte benedisse i presenti, tutti i nostri cari e le persone e oggetti raccomandatigli. Per Don Bosco la fermata era stata più lunga; e mostrò a tutti, che si maravigliavano, come gli fosse ben caro...

 

Pare impossibile, se nol vedessi coi proprii occhi, se nol sentissi colle proprie orecchie, la stima e la devozione che gode in tutta Roma Don Bosco da ogni ceto di persone, dal Papa, Cardinali, prelati, senatori, principi, borghesi d'ogni categoria, di ogni condizione: il suo nome è conosciuto non solo in città, ma eziandio in tutti i dintorni.

Ieri l'altro dovette partire in fretta per visitare un ammalato quindici miglia lontano da Roma. Ovunque si sappia essersi egli recato, è tosto assediato da tale folla da impedirgli persino di respirare. Il breviario lo recita quasi sempre alle 11 di sera. Se si vuol essere sicuri di vederlo e dirgli due parole, bisogna coglierlo quando si alza da letto, come avvenne anche a me più volte .....

 

Tuttavia Don Bosco non ebbe dai Romani le accoglienze di altra volta. Egli non dava più assicurazioni dell'incolumità di Roma; anzi con parole prudenti faceva intendere in varie circostanze la possibilità dell'occupazione di Roma da parte del Piemonte.

Invece non pochi dei prelati, specie degli appartenenti alla nobiltà Romana, credevano questo fatto impossibile e speravano nel velo di varie potenze; e si lusingavano perfino in qualche intervento diretto del cielo. Sostenevano con sicurezza che la rivoluzione non si sarebbe estesa all'eterna città; se anche fosse stato possibile, non vi si sarebbe potuta stabilire, e tutto sarebbe tornato in quiete nel giro di pochi mesi. Udivano quindi di mal animo quel nuovo modo di parlare di Don Bosco.

Egli, come abbiam detto, nel 1867 li aveva assicurati che niun mutamento politico sarebbe avvenuto a Roma, ma le sue parole si riferivano ai timori di quell'anno. I Romani invece le avevano interpretate in senso generale: accecati, non volevano perdere quella confortante speranza.

Incominciarono pertanto a guardare il Venerabile con diffidenza; ed egli vedendosi in pericolo di esser preso come profeta di mal augurio, non diede più, alle insistenti domande sull'avvenire di Roma, altre risposte chè dei se, dei ma, dei speriamo. Ma quelli, poichè bramavano che confermasse il loro funesto inganno, spiegavano nel senso da loro desiderato le mal comprese risposte. In questa circostanza vi furono alcuni che dubitarono e misero in dubbio lo spirito profetico del Servo di Dio. Ed egli, se aveva fatta lampeggiare per un istante la verità, si vide costretto a chiudersi nel più rigoroso riserbo, riconoscendo cosa inutile ed imprudente parlare a chi non lo avrebbe ascoltato, e non volendo correre rischio di pregiudicare i suoi gravissimi affari.

Tuttavia, mosso dalla carità, non aveva mancato di consigliare, direttamente o per mezzo di confidenti, molti del Clero, massime i Superiori di Ordini religiosi e di monasteri, di affrettarsi a mettere in salvo quei beni mobili ed immobili che fosse possibile: ma i suoi consigli trovarono generalmente indifferenza e incredulità.

Un solo si persuase, e fu il Generale dei Certosini. Questi era deciso di cedere in proprietà a Don Bosco, con varie condizioni confidenziali, la Chiesa di Santa Maria degli Angioli alle terme di Diocleziano ed il chiostro monumentale, prevenendo il temuto incameramento dei beni de' religiosi. Ma il Procuratore Generale dell'Ordine ritenne vane quelle apprensioni e si oppose dicendo che, come tutti gli Ordini avevano a Roma una rappresentanza in casa propria, dovevasi quindi sostenere integralmente quel loro convento. Anche altri furono di questo parere e il provvedimento andò a monte. Accadde così quello che doveva accadere: ed anche quel monumento ebbe la sorte degli altri.

Anche vari altri increduli dovettero provare la giustezza delle previsioni di Don Bosco, e siccome a nulla si era provveduto, i beni ecclesiastici vennero confiscati e con essi grosse somme di denaro.

Don Bosco aveva anche chiaramente presenti gli avvenimenti di quest'anno, non volle, come vedremo, nessuna festa dai suoi alunni al suo ritorno.

Or ecco altre lettere scritte durante la sua permanenza in Roma, piene di affetto paterno. Una è indirizzata al giovane Berardo Musso, calzolaio, che fu poi coadiutore salesiano e capo di laboratorio nella Casa di Almagro a Buenos Aires.

 

 

Musso mio carissimo,

 

Ho ricevuto la tua lettera e comprendo quanto mi vuoi dire. Sta' tranquillo. Io penserò a te, ma tu pensa ad essere esemplare nell'adempimento de' tuoi doveri, specialmente nell'impedire i cattivi discorsi fra i tuoi compagni. Dio farà il resto.

Saluta il tuo capo e i tuoi compagni: presto sarò con voi. Pregate per me che di cuore sono,

Aff.mo in G. C.

Sac. Giovanni Bosco.

 

17 febbraio 1870.

 

Forse questa lettera fu spedita con altre, inviate a Don Rua.

 

Roma, 14 febbraio 1870,

 

Carissimo Don Rua,

 

Fa' parte a chi riguardano le lettere ivi unite. La nostra Pia Associazione di Maria Ausiliatrice è eretta in Arciconfraternita.

 

 

L’apertura di una casa con una piccola ma bella Chiesa si può giudicare cosa ultimata pel prossimo autunno. Nella prossima settimana spero di essere a Torino; ma piuttosto che lasciare le cose a metà, è meglio ritardare qualche giorno. Ad ogni modo disponiamo che la festa di San Francesco di Sales si faccia la prima domenica di quaresima. Vi farò sapere il giorno preciso del mio arrivo. Ma insisto che non si facciano dimostrazioni di alcun genere.

Siccome ho molto bisogno e piacere di parlare coi superiori delle altre case così da Lanzo, da Cherasco vengano quelli che possono allontanarsi. Da Mirabello D. Bonetti e D. Cerruti. Credo che D. Pestarino si troverà pure. D. Cagliero, se non mandò ancora, mandi alcune copie di tutta la sua musica alla Madre Galleffi; ma dell'inno del Concilio n. 20. Se si possono avere, si mandino pure n. 30 copie Giovane provveduto in pelle. Se non si hanno in pronto, pazienza.

D. Savio venda quanto sembra opportuno della eredità Bertinetti.

Aspettavo una lettera di D. Durando. Mille benedizioni a tutti. Ieri fui all'udienza dal S. Padre; ci fissò una casa, ma egli la trova piccola e vorrebbe darcene una più grande.

Scriverò a D. Cagliero. Le cose vanno bene; continuate a pregare ed abbimi sempre

Aff.mo in G. G.

Sac. Giovanni Bosco

 

P. S. - I saluti a D. Racca.

 

 

Carissimo D. Bonetti,

 

Ho ricevuto la tua lettera e fatte le commissioni.

Pertanto nota fr. 375 trasmessi per mano di Mons. Manacorda pel giovane Sgamma, più fr. 20 pel medesimo e per mano della marchesa Villarios. Totale 395. - Per Ferrè mi furono dati F....

In quanto a Turco il Vescovo non è contrario, ma desidera di vederlo prima, e sembra che desideri che vada un anno in seminario a Casale prima di conferirgli le ordinazioni. Il can. Masnini scriverà in proposito. Lo stesso è di Gosio.

Fa' tanti saluti alla famiglia Provera e a tutti i nostri cari ed amati giovani. Spero di fare loro una visita nella prima settimana di quaresima. La mia partenza da Roma sarà il 22 a sera, due giorni a Firenze, venerdì mattina a Torino. Credo sia bene trasferire la festa di S. Francesco la prima Domenica di quaresima; così potremo assistere meglio i nostri giovanetti negli ultimi giorni di carnevale.

Per l'avvenire, quando verrai a Roma, troverai a tua disposizione una casa con una stupenda chiesetta. Il resto a voce. Silenzio e allegro.

Dio benedica te e le tue fatiche e credimi,

Roma 17 - 2 - 1870,

Aff.mo in G. C.

Sac. Giovanni Bosco.

 

P. S. - Mille saluti al carissimo D. Bonetti e socii. - Manacorda.

 

 

 

Carissimo D. Lemoyne,

 

Quante cose vorrei dirti! Comincerò a dirti che il Santo Padre manda una benedizione speciale a tutti i nostri allievi di Lanzo; concede loro indulgenza plenaria tutte le volte che fanno la S. Comunione e ciò per tutta la loro vita. Se ne tenga memoria: la concessione è dell'8 corrente.

Per te poi e per tutti i preti la stessa indulgenza ogni volta che celebrate la Santa Messa.

Comincio a comunicarti la facoltà di benedire crocifissi; la benedizione papale in articolo di morte; leggere e ritenere qualsiasi libro proibito; poi una casetta per quando verrai a Roma; poi una stupenda chiesetta per celebrare la Santa Messa; poi molte altre cose che saprai a bocca la prima Domenica di Quaresima, quando faremo la festa di S. Francesco di Sales.

Intanto di' ai tuoi figli che ho letto le care lettere che mi scrissero pel buon capo d'anno; li ringrazio dei loro preziosi auguri, ma fa' notare che le loro preghiere furono esaudite abbondantemente; perciò immaginati che allegria e che bella festa faremo per ringraziare il Signore nella seconda settimana di quaresima, quando andrò loro a fare una visita.

Ferrè poi ed altri mi scrissero cose confidenziali, cui risponderò di presenza.

Molte cose pei preti e per tutti coloro che appartengono alla Congregazione: ma di ciò a voce. Per ora allegria e silenzio.

Prima che termini la prossima settimana, spero di essere a Torino. Dio benedica te, tutti i figli tuoi, specialmente i preti, i maestri ed altri che esercitano qualche autorità. Pregate anche per me e credimi,

Roma, 17 febbraio 1870.

Aff.mo in C. G.

Sac. Giovanni Bosco.

 

P. S. - Quando verrò a Lanzo mi raccomando di non fare alcun apparato festivo. Festa in Chiesa e non altro. Saluta Givone da parte mia.

 

Il giorno 21 alla sera Don Bosco andò a far visita di congedo al Santo Padre ringraziandolo dei benefizii dei quali lo aveva ricolmo, augurandosi di poter altre volte essere ammesso all'onore di baciargli il sacro piede e ripetendogli l'assicurazione che avrebbe celebrato, nel 1871, il suo Giubileo Pontificale, oltrepassando gli anni del Pontificato di San Pietro in Roma.

Il Papa lo intrattenne lungamente, parlandogli del Concilio. Vivo desiderio di Don Bosco era che s'introducesse nella chiesa un breve catechismo che eliminasse tutti gli altri e contenesse, semplici e chiari, i fondamenti della dottrina cristiana in tutto il mondo cattolico. Allora quasi ogni Diocesi aveva un catechismo proprio, diversissimo talvolta fra due diocesi confinanti. S'insegnavano, è vero, tutte le stesse sacrosante verità, ma con formole, metodo e ordine diversi, e ciò, stante l'incominciata fluttuazione delle popolazioni, la continua trasmigrazione delle famiglie, e la grande emigrazione futura, doveva creare gravi difficoltà specie tra i semplici e gli ignoranti.

Era quindi conveniente il provvedere che i cristiani, specialmente i fanciulli, ovunque andassero, trovassero il loro catechismo, e questo doveva essere il Catechismo unico, universale, obbligatorio, composto e promulgato dalla Sede Romana.

La confidenza del Pontefice confortò Don Bosco. Egli seppe che la grande maggioranza dei Vescovi stava decisamente per questo disegno e che pochi in proporzione, e per ragioni non disprezzabili, erano quelli che stavano contro il medesimo. Esservi quindi certezza del buon esito delle discussioni.

Sul finir di quell'udienza il Venerabile parve sopra pensiero. Aveva con sè tutto il vaticinio del 5 gennaio per comunicare al Papa i disastri che sovrastavano alla Francia ed all'Italia, e il trionfo finale del Pontificato: e non aveva coraggio di presentare il manoscritto. Tuttavia, trattandosi degli interessi della Chiesa, si fe' violenza e disse al Papa:

 - Desidera, Santo Padre, che le sveli una cosa?

 - Parlate!

 - Vuole proprio che non le faccia misteri?

 - Ve lo comando.

Allora prese a parlare degli avvenimenti futuri della guerra, da tutti giudicata ormai inevitabile tra la Francia e la Prussia, dell'abbandono nel quale il Bonaparte avrebbe lasciato Roma, della caduta dell'impero Napoleonico; e dei terribili flagelli che dovevano cadere sulla Francia e specialmente su Parigi.

Giunto a questo punto il Venerabile, commosso e turbato, non sapeva se dovesse proseguire, e in buon punto Pio IX lo trasse dall'imbarazzo, col dirgli:

 - Basta, basta, altrimenti stanotte non posso più dormire.

Si cambiò adunque discorso e, dopo un'ora e mezzo di udienza, Don Bosco si ritirò.

Il domani Pio IX, desideroso di sentir la continuazione di quel racconto, mandò a cercar e Don Bosco; ma questi era già partito per Firenze.

Lo scritto profetico di Don Bosco giunse però di quell'anno in mano al Pontefice. Appare anche da questa lettera, trovata fra le carte del S. Padre Pio IX, scritta di mano del Venerabile e diretta ad un Eminentissimo, forse l'Em.mo Card. Bilio. La lettera non ha firma; il Venerabile forse la dimenticò, forse la lasciò apposta; ma l'Em.mo Bilio conosceva bene, come noi, la scrittura di Don Bosco.

 

 

Eminenza Reverendissima,

 

Il foglio qui scritto viene da persona che dimostrò già altra volta avere dei lumi sopranaturali; io l'aveva meco questo inverno a Roma.

Alcune cose dissi già di passaggio al S. Padre; non ho però osato di lasciare lo scritto. Ora che nella sua bontà mi fa dire di parlate chiaro, positivo e definitivo, mi fo animo a trasmetterlo. Vi sono altre cose che non si possono confidare alla carta e che si potranno dire verbalmente nella segretezza che la materia richiede. Se qualche cosa sembrerà oscura, vedrò se se ne potrà avere la dovuta spiegazione. Ella' se ne serva comunque, ma la prego soltanto di non accennare il mio nome in nessuna maniera, per motivi che ella potrà facilmente supporre.

Certamente se potessi avere persona sicura segreta pel re di Prussia, avrei pi√π cose a farle pervenire che potrebbero tornargli gradite.

Ci doni la sua S. Benedizione.

 

29 ottobre 1870.

 

Noi abbiamo una copia autentica di questa lettera, presa fotograficamente.

A complemento di queste previsioni, attesta Don Gioachino Berto, Don Bosco affermò: “ Verrà una rivoluzione: succederanno apostasie nei dotti e negli ignoranti: la Prussia convertirassi. Grande vittoria della chiesa, grande trionfo del Papa ”. Noi pure lo abbiamo udito, molti anni dopo, esprimere con fermezza tale opinione.

Tanto per l'assoluta esattezza di queste memorie.

 

 

 

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