Letture Cattoliche - Una dedica a D. Bosco - Guarigioni operate da Maria Ausiliatrice per mezzo della benedizione di Don Bosco -Buone notizie da Roma: ridotte le correzioni da farsi nel noto libro - Matrimonio del Principe Amedeo e omaggio di Don Bosco -Don Bosco annunzia l'andata di Mons. Ghilardi a Roma - La chiusa del mese di Maria nell'Oratorio: predica il Vescovo di Mondovì - Monsignore promette che a Roma farà ogni buon ufficio per D. Bosco - Lettera di D. Bosco al Cavaliere: Rimanga a Roma: parli con Mons. Ghilardi: Maria SS. continua ad aiutare l'Oratorio - Parlate di D. Bosco ai giovani: tratta della confessione: lamenta la freddezza religiosa dei tempi presenti ricordando quelli di Savio Domenico: annunzia essere vicina la morte di uno della casa: le feste di Roma e quelle di Parigi: il peccato e il colera: esorta a non cambiar confessore - Mons. Gastaldi, consecrato Vescovo, viene a dir Messa nell'Oratorio: breve accademia e sue parole di risposta a quelle di D. Bosco.
del 06 dicembre 2006
 Le Letture Cattoliche continuavano la loro gloriosa missione. Sul finire del mese di maggio usciva un terzo fascicolo in omaggio a S. Pietro ed al Romano Pontefice. - S. Pietro in Roma -Dramma in tre atti, scritto pel Centenario del martirio del Principe degli Apostoli, dal P. Giulio Metti, dell'Oratorio di S. Filippo Neri in Firenze. Era in versi a modo dei melodrammi del Metastasio.
Il lavoro piacque tanto che se ne fecero due edizioni, e fu recitato in più collegi con vivi applausi degli spettatori. L'autore vi stampò come prefazione una lettera indirizzata a chi lo aveva pregato di comporlo.
 
Al carissimo Amico
D. GIOVANNI Bosco,
Direttore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales.
 
Eccovi il Dramma che m'invitaste a scrivere per le vostre Letture Cattoliche. Il soggetto che mi proponeste, arduo non meno che nobilissimo, non poteva invero essere, più opportuno alla circostanza dell'anno presente, che è il centenario del martirio dei gloriosi Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. Quando dunque l'immortale Pontefice e Padre nostro Pio IX, che impavido siede al governo della navicella del Pescatore, nulla curando la procella che tutto mette ora sossopra il mondo, invita i Vescovi dell'Orbe Cattolico ad accorrere al suo fianco per celebrare con insolita pompa la solennità di quel giorno faustissimo; quando dugento milioni di cuori credenti, sparsi per l'universo, aspettano ansiosi che fino ad essi giunga l'eco di quelle voci autorevoli, che a loro ammaestramento e conforto suoneranno in quel dì nel Vaticano; eccomi, per l'impulso vostro, ad offrire anch'io il mio piccolo tributo di lode a San Pietro.
Io scrivo pei giovanetti, voi lo sapete; nè per questo il mio povero lavoro rimarrà scarso di frutto; che anzi spero lo produrrà duplicato. I giovanetti, quando hanno imparato a mente i miei versi, amano di recitarli agli adulti; e questi che non avrebbero la pazienza di leggerli, li ascoltano volentieri da quelle labbra innocenti, e ne sono commossi. Così han già voluto fare i giovanetti di quest'Oratorio di S. Filippo Neri; così faranno quelli del vostro Oratorio di S. Francesco di Sales; così poi cento e mille altri per tutta Italia faranno; e molti del popolo udrannosi raccontare piacevolmente l'importantissima storia degli ultimi due anni della vita di san Pietro, la quale ha pur sì stretta attinenza col domma dell'unità della Chiesa e del Primato del Romano Pontefice.
Tale appunto fu l'intendimento vostro nell'assegnarmi per tema S. Pietro in Roma: ed io mi sono ingegnato di raggiungerlo con ogni industria. Vedrete infatti come, omessa la prima venuta di S. Pietro in Roma sotto Claudio, perchè troppo distante, abbia procurato di aggruppare tutti gli avvenimenti della sua seconda venuta sotto Nerone, senza dipartirmi dalla verità della storia tanto ecclesiastica che profana . In questo modo la semplice esposizione delle ultime gesta di S. Pietro in Roma servirà a confermare salutarmente nel cuore dei fedeli la storica verità: che da Antiochia si trasferì Pietro personalmente in Roma, che in Roma consumò gli anni estremi della sua vita, che in Roma sparse il sangue per Gesù Cristo, e quindi che in Roma è la sede di S. Pietro. Verità importantissima, che unita alla dommatica verità del Primato di giurisdizione da Gesù Cristo conferito a S. Pietro, rafforza nei cuori dei fedeli la riverenza obbediente al Romano Pontefice, Successore di S. Pietro, Vicario di Gesù Cristo in terra, capo e maestro di tutti i cristiani, centro dell'unità nella Cattolica Chiesa.
Troverete poi in altrettante note citati i fonti, ed anche riportati molti testi, dai quali ho imparato i fatti ed attinto i pensieri che ho esposto nella mia drammatica narrazione; lo che non mai fatto aveva nel pubblicare gli altri drammi sacri. Ma qui pure ho seguito il convoglio vostro, perchè opportunissimo; attesa la natura e l'importanza del soggetto.
Che se alcuno bramerà di conoscere con più precisione la storia degli ultimi anni di S. Pietro, potrà consultare le pregevolissime Osservazioni storico-cronologiche, pubblicate in Roma nell'anno scorso, coi tipi del Salviucci da Mons. Domenico Bartolini col titolo: Sopra l'anno LXVII dell'ora volgare, se fosse quello del martirio dei gloriosi Principi degli Apostoli S. Pietro e S. Paolo.
Se il lavoro non è riuscito in tutto conforme al vostro desiderio, attribuitelo alla mia pochezza, non già a mancanza di buon volere. In ogni modo, poichè è più vostro che mio, se varrà alcun poco a ravvivare l'amore e la divozione al glorioso Principe degli Apostoli ed al suo Successore venerando, son certo che ne sarete pago abbastanza.
Firenze, dall'Oratorio di S. Filippo Neri, 2 febbraio 1867,
 
                                  Tutto vostro
GIULIO METTI dell'Oratorio.
 
Un quarto fascicolo, omaggio anch'esso alla circostanza solenne del Centenario di S. Pietro, usciva alla metà di giugno per essere distribuito nel mese di luglio: Dell'antico pellegrinaggio in Roma ai sepolcri apostolici, in occasione del 18° centenario del martirio dei Principi degli apostoli Pietro e Paolo, pel sacerdote Emilio Ruggieri. - È un libretto ricco di notizie, che accenna all'origine del danaro di S. Pietro e a quella del potere temporale: “ Amo, dice l'autore, che sia riverente omaggio della mia devozione all'apostolico seggio “.
Mentre D. Bosco si mostrava in questa guisa teneramente avvinto alla S. Sede Apostolica ed al Vicario di Ges√π Cristo, pi√π volte il Signore si degnava manifestare quanto gli fossero accette le preghiere e le benedizioni del Venerabile.
D. Rua, prefetto dell'Oratorio, in questo mese di maggio fu preso per diverse notti da un dolore così forte in una mano che era costretto a lasciare il letto; e non gli era possibile prendere sonno. D. Bosco, presente D. Gioachino Berto, gli diede la benedizione, pregò; quindi gli disse di fare una novena a Maria Ausiliatrice e di raccomandarsi con fede nella Santa Messa, specialmente quando innalzava l'ostia: - Abbi fede, gli disse, e non solo speranza! - Ebbene, D. Rua non aveva ancor finita la novena, che era perfettamente guarito. Così riferì e attestò lo stesso D. Rua.
Gio. Battista Revello, studente di terza ginnasiale, in data 29 maggio 1867 scriveva:
“ Il 22 maggio, circa le due e ½ pomeridiane, trovandomi nella scuola, fui preso da un freddo assai forte e non ero ancora uscito di scuola, che fui assalito da un grave dolor di capo che mi durò col freddo tutta la sera. Al domani mi sentiva meglio, ma il giorno 24 circa alla stessa ora mi ritornò la febbre. Il giorno seguente fui libero, ma il giorno 26 ritornò prima il freddo e poi una terribile febbre. Il giorno 27 al mattino stavo presso l'infermeria e passò D. Bosco. Gli baciai la mano e tosto mi domandò qual male avessi. Gli risposi che mi veniva la febbre un giorno sì e un giorno no. Allora D. Bosco domandò:
” - Oggi è giorno di febbre?
” - No; è domani.
” - Se domani ti verrà di nuovo la febbre, me lo dirai ed io ti darò la benedizione.
” Il giorno 29, spossato dalla febbre che mi era ritornata il giorno precedente, aspettai D. Bosco nello stesso luogo vicino all'infermeria, il quale passando mi chiese se avessi avuto la febbre. Gli risposi di sì: - Vieni in mia camera e ti darò la benedizione; - mi disse. Andai contento, mi fece porre in ginocchio ed esso stesso si inginocchiò. Dopo aver fatto breve preghiera a Maria SS. mi pose una mano sul capo e poi mi benedisse. In quel mentre entrò nella camera un artigiano e D. Bosco a lui: - Prega anche tu per questo giovane. - Quindi disse a me: - In questi tre giorni che rimangono ancora del mese di Maria va' a recitare tre Pater, Ave, Gloria e una Salve Regina davanti al SS. Sacramento: ma fallo con gran fede.
” Feci con premura quanto D. Bosco mi aveva comandato e più non ebbi nè freddo, nè febbre, nè mal di capo.
” È questa una grazia operata da Maria per intercessione di D.
Bosco ”. - Don Gioachino Berto, suo assistente nella camerata di San Giuseppe, fa testimonianza della verità di questa narrazione.
Da Villafranca Piemonte vennero all'Oratorio due coniugi, mandati dal ch. Pignolo del medesimo paese, portando un loro caro figliuoletto, dagli 8 ai 9 anni, malconcio nella persona e colle gambe talmente attratte che fino allora non aveva mai potuto fare un passo da sè. Messo innanzi a D. Bosco, fu benedetto da lui, che gli comandò di alzarsi in piedi e camminare. - Abbi fede in Maria, gli disse, e allunga il piede guasto! - Il fanciullo non osava, ma ubbidiente al replicato comando, sostenuto dai parenti, eseguisce, scioglie le sue gambe e poi si mette a camminare liberamente da se solo. Il padre, a quella vista, pieno di stupore grida:
- Contacc!guarda come cammina bene!
E la moglie piangendo d'allegrezza avvertiva il marito:
- Non dir così; chè non va bene! - e salutato Don Bosco lasciavano l'Oratorio con promessa di ritornare quanto prima a ringraziare la loro celeste benefattrice nella nuova chiesa. Venendo dal paese avevano dovuto or uno or l'altro portare sempre in braccio il loro fanciullo: ed ora questi camminava da sè senza l'aiuto d'alcuno, e coi piedi raddrizzati. Non avendo però mai camminato, e i suoi parenti di quando in quando lo vedevano alquanto impacciato, e gli insegnavano il modo di muoversi, dicendogli: - Metti questo piede avanti, metti quell'altro.
Testimone del fatto fu il chierico Donato di Saluggia, che lo narrò a D. Berto Gioachino e a D. Angelo Savio, i quali osservarono lo stato del fanciullo prima e dopo la benedizione. Donato era nell'anticamera. Ne fa pure fede D. Rua.
Nelle nostre memorie si legge:
“ 1° giugno. D. Bosco disse: -Io non comprendo come andiamo avanti. Di questa settimana per grazie ricevute mi vennero parecchie migliaia di franchi.
” Alla sera assistendo il solo D. Gioachino Berto alla sua cena gli raccontò: - Ieri andava per Torino ed ecco un ragazzo, sugli 8, o sui 9 anni, mi si presenta e mi dice: - Oh Don Bosco!
” - E chi sei tu? gli rispondo.
” - Non mi conosce! Io sono colui che tanti giorni fa ella ha benedetto. Mi guardi! Io sono guarito! Ho qui dei danari da darle per parte di mia mamma. La Madonna mi ha fatta la grazia.
” - Ed ora tu, gli dissi io, in riconoscenza a Maria sii fedele nell'adempimento de' tuoi doveri.
” Non molto prima una sorella di questo giovanetto, molto incomodata e tormentata da dolori nella schiena, vedendo che non valevano i mezzi umani, risolvette di venire nella sagrestia dell'Oratorio a farsi benedire. Io le dissi di recitare alcune preghiere e di fare una novena a Maria Ausiliatrice.
” Un giorno, passando per un viale della città, vedo una fanciulla che correndo si pianta innanzi a me gridando: - D. Bosco, non mi conosce? Io sono quella figlia che esso ha benedetta il tal giorno nella sacrestia dell'Oratorio. Sappia adunque, che terminata la novena tutte le mie piaghe sparirono ed ora io sono perfettamente guarita.
 ” In ultimo questa mattina, circa alle ore 10, mi condussero un ragazzo sui 5 anni così sordo che non avrebbe udito lo sparo di un cannone. Ebbene: lo benedissi, quindi battei leggermente le mani d'accanto alle sue orecchie. Il piccolino sull'istante si volse indietro e mi guardava ridendo. Quanto buona è la Madonna! ”
E la Madre celeste disponeva anche che D. Bosco fosse liberato dalla pi√π grave angustia di que' giorni. Da Roma gli giungevano lettere apportatrici di grande conforto.
 
Roma, 29 maggio 1867.
 
Rev. sig. Don Bosco,
 
Le riscrivo secondo le promisi nella mia precedente, la quale spero avrà ricevuta. Andato dal P. Angelini, cui aveva lasciati gli schiarimenti e le altre carte perchè poi mi consigliasse il da fare, mi disse: 1° che assolutamente non si doveano per ora far correre carte o difese o schiarimenti, senza prima averli comunicati o al P. Modena o al Card. Prefetto dell'Indice. Facendosi diversamente, la cosa potrebbe esser presa in mala parte e far danno; 2° che io poteva o per me o per altri ottenere dal P. Modena o dal Card. questa licenza; 3° che intanto egli credeva più importante ottenere un'altra cosa: ed è che ella nella Prefazione dell'edizione corretta non sia obbligata a dire che fa questa edizione per ordine; il che lede alquanto le convenienze. Mi consigliò ad andare perciò dal P. Modena. Ci andai e gli dissi che avendo io qualche relazione indiretta con D. Bosco per mezzo di un mio fratello etc., D. Bosco mi aveva scritto che egli doveva fare una seconda edizione (senza dire nulla che io avessi comunicazione del Voto, ecc., ma stando solo al fatto e notizia della seconda edizione) per correggere alcune cose notategli e che questo lo dovea dire nella Prefazione. -Senza nessun incarico da parte di D. Bosco, il quale è pronto a fare quello che da lui si vuole, ma per un mio pensiero, pregava il P. Modena sapermi dire qual'era la formola meno dura con cui D. Bosco doveva esprimere quest'ordine avuto.
M'accolse benissimo e mi disse che bastava il dire che... per consiglio di persone dotte e di dotti teologi egli aveva creduto dover fare un'altra edizione correggendo alcune inesattezze, accennando che ciò faceva mosso da quei consigli.
Mi assicurò due volte che questo bastava. Poi disse: Io posso trattare con lei come con un Procuratore di D. Bosco: potrei perciò anche comunicargli il Voto, e faccia così: Venga da me venerdì ed io le darà per iscritto quello che si desidera corretto .....
Accettai di andare. Le manderò quella carta che mi darà il P. Modena: e intanto credo farle cosa grata, prevenendola di tutto questo...
Degli schiarimenti ne parleremo altra volta.
Chiudo la lettera e sono il
                                                           Suo dev.mo servo
G. OREGLIA S.
 
P. S. - Federico sta benissimo e penso di dirgli le suddette cose ma forse non dirò nulla. Quanto agli schiarimenti, vedo anch'io che o in un modo o in un'altro converrà farli correre: essendo giusto che si tolgano dalle teste gli equivoci. - Ma per non far del male, invece di bene, credo ch'ella approverà che io stia ai detti consigli.
 
Altro foglio spediva il medesimo Padre due giorni dopo.
 
Roma, 31 maggio 1867. sig.
 
Rev. Sig. Don Bosco,
 
Spero che avrà ricevute le mie precedenti: e per mia quiete ne desidero un suo cenno, che forse è già per via. Fui dal P. Modena stamattina, trovai invece l'acclusa sua lettera in cui egli stesso di suo pugno e coi suo nome che è sulla soprascritta (e per ciò questa lettera bisognerà conservarla come documento) dice le correzioni che sole si debbono fare. Vede da ciò che non tutti gli appunti del voto sono avuti in conto.
Le mando per ora questo. Degli schiarimenti vedremo poi: e vedendo che solo i detti punti sono da emendare, pare che anche possa parer inutile dar schiarimenti su appunti non tenuti in considerazione. Del resto ella mi dica su ciò il suo sentimento.
Non vidi Federico, ma vedendolo quanto prima credo sarà bene fargli sapere ogni cosa. Tutto suo in Domino. Memento mei.
Suo aff.mo
G. OREGLIA.
 
Era questa la nota scritta da Padre Modena.
 
Da sopprimersi.
Ciò che narrasi del governatore di Antiochia (battezzato col nome di Teofilo) rispetto a S. Pietro.
Tenersi pi√π strettamente alla narrazione di S. Luca, ove parlasi della liberazione di S. Pietro dal carcere per mezzo dell'angelo.
 
Sembra gratuita l'affermazione che S. Pietro risuscitò un morto, sul quale già prima Simon Mago avea fatto inutili tentativi. Per ciò che dicesi a pag. 2 17, potrebbe nascer sospetto che la violazione di ogni divino comandamento è la trasgressione di un articolo di fede. Alla pag. 192 dee sopprimersi quel periodo: “ Stimo per altro bene di dar qui di passaggio un avviso a tutti coloro che si fanno a scrivere o parlare di questo argomento, di non considerarlo come punto dogmatico e religioso, e ciò sia detto tanto pei cattolici quanto pei Protestanti. ”
In quei giorni Torino era in festa. Il 30 maggio, solennità dell'Ascensione del Signore, nella cappella di Corte coll'assistenza dei Vescovi di Biella, di Mantova, di Aosta e d'Asti, l'Arcivescovo benediceva il matrimonio del Duca Amedeo d'Aosta colla principessa Maria Vittoria della Cisterna. D. Bosco a nome anche di tutti i giovani scriveva a S. A. Reale una lettera di rispettoso e affettuoso augurio, con promessa di preghiere e ringraziamenti per i benefizi ricevuti, avendone questa risposta.
 
Casa di S. A. R. il Duca d'Aosta - N. 239 - Risposta alla lettera di D. Bosco del 29 maggio 1867.
 
Torino, 8 giugno 1867.
 
S. A. R. il Duca di Aosta altamente apprezzò ed in special modo aggradì le espressioni di affettuosa divozione dalla S. V. Rev. manifestate nella ricorrenza del suo matrimonio. L'Augusto Principe gliene è ben grato e la prega per bocca mia di essere suo interprete verso tutti i di lei alunni, dei sensi dell'alta sua benevolenza e gratitudine. Gradisca gli atti della mia predistinta stima.
                                   Il 1° Aiutante di Campo
Gran Mastro della Casa di S. A. R.
R. MORRA.
 
Il 30 maggio altre solennità avevano rallegrato molti cuori. Mons. Eugenio Galletti era entrato nella sua diocesi di Alba e nell'Oratorio si chiudeva il mese Mariano; e in quel giorno D. Bosco scriveva al Cav. Oreglia, prima che gli giungesse in mano quella di P. Oreglia, recante la data 29 maggio.
 
 
 
Torino, 30 maggio 1867.
 
Carissimo sig. Cavaliere,
 
Sabato a sera partirà il Vescovo di Mondovì per Roma; ne dia notizia ai suoi amici. Desidera di vedere anche lei; prenderà alloggio a S. Maria sopra Minerva.
Ricevuta questa lettera parli con suo fratello e poi, per diminuire a lei il disturbo, mi dica per mezzo di lui se ciò che ho mandato relativamente al Centenario di S. Pietro è presentabile: se stima di variar qualche cosa, mi dica se conviene dare altro. Noti che quanto gli ho mandato fu letto e conferito con Mons. Gastaldi, che sarà consecrato domenica prossima. Mons. Colli per Alessandria nel medesimo giorno in Novara.
Il dott. Biffi di Milano giunge in questo momento all'Oratorio; dimanda di lei e le manda saluti e segni di amicizia.
Stamattina ha celebrato messa il Vescovo di Aosta. Stassera il Vescovo di Mondovì fa la chiusa del mese di Maria.
Il resto sabato. Tutti la salutano e attendono di sue notizie. Dio ci benedica e mi creda
aff.mo in G. G.
Sac. Bosco.
 
P.S. - L'affare della statua fu aggiustato il giorno 23, vigilia di Maria Ausiliatrice.
 
 
Le nostre Memorie dicono: “ Oggi 30 maggio, giovedì, Mons. Ghilardi Vescovo di Mondovì ci diede nella Chiesa i seguenti ricordi del nostro mese di Maria:
”  Promettete alla Madonna di essere sempre suoi divoti. Offritele la vostra purità, domandatele che ve la conservi, che vi dia la sua umiltà, che vi conceda di poterla imitare nella carità, nell'obbedienza e rassegnazione in tutto al divin volere. Stabilitevi qualche divozione speciale da praticare in onore e gloria sua, come sarebbe mortificare i vostri sensi col non mai guardare persone di diverso sesso, star lontani dalle occasioni, far molta preghiera. Domandatele inoltre: per voi, che vi venga ad assistere visibilmente, al punto della morte, o almeno invisibilmente, e che vi faccia piuttosto morire che aver ancora a commettere un solo peccato mortale: e per me che sia colpito dal fulmine prima che commetta ancora un sol peccato veniale deliberato. Pregatela che vi conservi la
fede e che faccia di tutti voi tanti S. Luigi. - Poi diede la benedizione.
” In questa settimana avemmo sei Vescovi a visitarci di cui quattro ci dissero la messa della comunità. ”
Mons. Ghilardi, religioso domenicano, era anche venuto per salutare D. Bosco prima di partire per Roma. Altra volta si era intrattenuto con lui sulle osservazioni al Centenario. Il Servo di Dio era pronto nella sua umiltà a correggere gli appunti che erano stati notati; ma la verità ha pure i suoi diritti. Così la pensava Monsignore di Mondovì, il quale, al pari di Mons. di Saluzzo, l'aveva consigliato a scrivere gli allegati Schiarimenti, di cui volle copia, che gli fu preparata dal chierico Giuseppe Bertello. Nel congedarsi, Mons. Ghilardi gli prometteva che avrebbe fatto ogni miglior parte presso il suo confratello Mons. Modena, Segretario della Congregazione dell'Indice, e se fosse stato necessario, avrebbe chiesto al Papa stesso la licenza di presentare gli schiarimenti.
Partito Monsignor Ghilardi da Torino, D. Bosco scriveva nuovamente a Roma.
 
Carissimo sig. Cavaliere,
 
Non parli di ritorno a Torino per questo mese. Non potrà fare pel materiale, ma farà pel morale. Parli molto col Vescovo di Mondovì, che è a Roma, martedì, convento della Minerva. Veda di mandarmi il disegno dell'Altare di S. Giuseppe. Tanti saluti a casa Bentivoglio.
Se le occorrono danari, lo dica e non le lascieremo mancare niente, sebbene siano deboli le nostre finanze.
A Roma vedrà il Teol. Fissore e il Teol. Rovetto: se loro occorresse
danaro, veda di somministrarlo. Stantechè la Marchesa V… si trova
nelle strettezze, non si potrebbe trovarle un mutuo per tempo determinato? Ci pensi un poco.
Tutte le cose vanno bene. Maria Ausiliatrice continua piucchè mai le sue meraviglie, per cui grazie a Dio le cose nostre vanno avanti con alacrità e colla massima soddisfazione. Molti saluti ai nostri noti amici. Suo fratello Giuseppe ci fa un bene, che non potrebbesi da noi ricompensare giammai, se non colle preghiere. Dio lo benedica. Amen. Torino, 2 giugno 1867.
Aff.mo amico
Sac. Giovanni Bosco.
 
 
 
Col buon avviamento delle suddette pratiche era finito il maggio e la Cronaca continua:
“ D. Bosco durante questo mese ci onorò quasi sempre della sua presenza, specialmente nel parlare alla sera dopo le orazioni. Fra le tante cose che ci disse, voglio riferirne alcune pronunciate in tempo degli esercizi.
“ - Chiunque avesse qualche imbroglio sulla coscienza, ci avvertì, non differisca più oltre. - Quindi passò a rassegna un po' per sera casi pratici, per farci vedere come dobbiamo regolarci riguardo alla frequenza della confessione e della comunione. Disse che ciascun deve stabilirsi un tempo fisso per la frequenza e per quanto è possibile non mai cambiare confessore. Svelar tutto al confessore. Che la confessione deve essere breve, sincera, non rivolgere la colpa sopra altri, ma tutta sopra a se stesso.
” E sovrattutto esclamava: - Guardate di mettere sempre in pratica tutti i consigli e gli avvertimenti dati dal confessore. Allora avrete una prova, una fondata speranza che il Signore vi ha perdonato. La vostra confessione sia di 15 giorni tutt'al più, o di otto giorni; e la frequenza al SS. Sacramento sia anche di tutti i giorni, purchè lo permetta il confessore. Siate diligenti in tutte le vostre pratiche di pietà. Oh, se Savio Domenico venisse ora qui all'Oratorio e vedesse così poche comunioni quotidiane, certamente direbbe: Ma questo non è più dunque l'Oratorio dove io vissi, dove il Signore mi pose per salvarmi? Come va che ai miei tempi eravamo solo un cento cinquanta e tutti si può dire facevamo la comunione quotidiana nel mese di Maria, ad eccezione di qualcheduno, ma pochissimi; e sempre ai miei tempi in chiesa si stava così bene! E adesso? Oh quanto mi affligge simile vista! Si sta così male in chiesa! fra 800 giovani appena un 60, o 70 si accostano giornalmente al SS. Sacramento dell'Eucarestia, e solamente in questo mese! Facciamoci adunque coraggio, mettiamoci di buona volontà per non meritarci questo rimprovero. Fate tutti i giorni in tempo di ricreazione qualche visita a Gesù in Sacramento e a Maria SS. acciocchè ci aiuti a farci tutti santi ”.
Dopo queste parole leggiamo una nota che comprova quanto è già detto altrove.
“ Don Bosco confessando giovani di buona volontà i quali non hanno da accusare se non piccoli difetti, suole dir loro: - Quando hai solamente di queste cose, bacia la medaglia o il crocifisso, proponi di stare più attento, fa' l'atto di contrizione e senz'altro va' tranquillo a fare la Santa Comunione.
” Talvolta dà loro la seguente penitenza: - Dirai il Veni Sancte Spiritus a onore e gloria dello Spirito Santo, perchè ti illumini sempre nella strada del Signore che conduce a salvamento e ti aiuti a perseverare in questa fino alla morte.
” Suggerisce anche il consiglio: - di domandare a Dio perdono della perdita del tempo nella vita passata e promettere d'impiegarlo tutto e sempre bene per l'avvenire ”.
La Cronaca prosegue a darci il sunto brevissimo di alcune sue parlate nei mesi di maggio e di giugno che noi coordineremo alquanto collo svolgersi dei fatti.
 
28 maggio.
D. Bosco disse ai giovani: - Questo mese da alcuni si fece male; da alcuni bene; e dalla maggior parte benissimo. Mettiamoci ora tutti di buon animo a terminarlo ottimamente, poichè la Madonna vuole farci molte grazie e tanto più ancora che uno di voi vuole andare in Paradiso, forse prima della metà di giugno. Preghiamo per costui, dicendo un Pater mattino e sera. Non voglio dire che chi morrà vada subito in Paradiso, ma almeno se non andrà subito, ve lo faremo andare più presto colle nostre preghiere e per i meriti che egli si acquisterà nella malattia. Pregate anche per me, per una grazia che mi riguarda, ma che ridonda tutta a vostro vantaggio.
 
3 giugno.
Don Bosco alla sera dopo le orazioni disse: - Vi sono due grandi solennità nel mondo: una a Parigi e l'altra a Roma. L'una è la pubblica esposizione di Parigi, l'altra è la celebrazione del Centenario di San Pietro. L'una mostra tutto ciò che può di più grande produrre l'ingegno dell'uomo, l'altra mostra una Religione eterna, incorrotta. Ma per quanto grandi, quanto son piccole le grandezze umane in confronto delle spirituali! Basta un soffio a spegnerle.
Intanto debbo dirvi di nuovo che il colera si manifestò dapprima sul Veneto, poscia a Bergamo e a Milano: ora è giunto ad un paesello sul Canavese. È più terribile delle altre volte, poichè pochissimi sono quelli che guariscono.
Noi vogliamo essere sicuri di non cader vittime di tale sventura? Togliamo il peccato e guardiamoci di non commetterlo mai più. Allora il colera starà lontano da noi, perchè è il peccato che ci attira addosso il male del colera; è il peccato che ci attira la morte.
 
4 giugno 1867.
Parole di D. Bosco: - Osservo che ai tempi di Savio Domenico io confessava al sabato sera fino alle 11 ed al mattino anche fino alle 9 ant. Ma adesso vi è solamente una porzione di giovani che viene a confessarsi, e questa è quasi sempre formata dagli stessi individui. Vi sono ancora di quelli che hanno da fare la Pasqua, tanto fra gli studenti, come fra gli artigiani. Costoro ci pensino ad aggiustar i loro conti con Dio. Ci sono poi di quelli che cercano di minchionare Don Bosco, dicendo che sono andati a confessarsi dal tale o dal tal altro, questo o quel mattino. Ma dopo uno o due giorni interrogati da me nuovamente e non ricordandosi della risposta precedente, mutano il nome del confessore, ovvero indicano un altro giorno. Vi sono eziandio di quelli che cangiano continuamente confessore, ma non si risolvono a cangiar finalmente il loro tenore di vita.
Questo è un gran danno: costoro ingannano se stessi. Fanno come un ammalato il quale cangia tutti i giorni il medico. Come possono costoro essere guariti? Il medico ha bisogno prima di conoscere la malattia e tutte le sue fasi, altrimenti s'ingannerà e vostro sarà il male e la colpa. Stabilitevi adunque un confessore, quindi manifestategli tutto il vostro interno e così al punto della morte sarete contenti.
 
Intanto Mons. Gastaldi era stato consecrato in Torino nella Chiesa di S. Lorenzo dall'Arcivescovo Mons. Riccardi. Il 9 giugno, festa di Pentecoste, doveva prendere possesso della sua sede; e noi possediamo in bozze la sua prima lettera pastorale ai Saluzzesi, stampata dalla nostra tipografia.
Il dì innanzi egli veniva a celebrare la S. Messa nell'Oratorio. Sotto i portici era preparato un trono, ove dopo la funzione si assise avendo ai fianchi D. Bosco; D. Francesia gli lesse e poi umiliò un suo inno stampato, che aveva questa dedica:
La vigilia del giorno - in cui S. Ecc. Rev.ma - Mons. Lorenzo Gastaldi - Vescovo di Saluzzo - si recava a consolare di sua augusta presenza - l'amatissima sua diocesi - i giovani dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - riconoscenti ai tanti suoi lavori - ne implorano con quest'umile segno la pastorale benedizione.
Cantato l'inno dai musici, letta qualche altra poesia, Don Bosco si alzò e disse:
- Monsignore, le domando due grazie. La prima che protegga sempre questa casa. La seconda che tutte le volte che verrà a Torino ci venga a visitare.
Monsignore rispose:
- La prima cosa la prometto di tutto cuore, poichè sapete ch'io amai sempre quest'Istituto. La seconda non posso prometterla, perchè non so se gli affari me lo permetteranno; prometto però di venire tutte le volte che potrò.
Dopo altre affettuose parole, pregato da D. Bosco, diede la sua benedizione a tutti e disse: - Benedictio Dei omnipotentis Patris et Filii, et Spiritus Sancti descendat super vos, et potissimum super hunc sacerdotem Joannem Bosco et maneat semper!
 
 
 
 
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