Capitolo 75

Esercizi spirituali a Trofarello - Lettera di Don Bosco alla Presidente di Tor de' Specchi - Commozione dei Venerabile nel predicare -Dice in ricreazione che uno dei preti presenti sarà Vescovo - D. Cagliero va ad assistere i colerosi a Castelnuovo - Una lettera di D. Bona di Brescia ai giovani dell'Oratorio - Un alunno in pericolo di annegare - Risoluto proponimento di darsi a dio -Don Bosco a Strevi col Vescovo d'Acqui: benedice un'indemoniata: esorta i parenti a recitare alcune preghiere fino al giorno della Natività di Maria SS. - Annunzia per lettere che andrà ad Alessandria, Mirabello, Montemagno, Vignale - È invitato a recarsi a Malines al Congresso Cattolico per trattare di una fondazione salesiana nel Belgio - Sue parole per i preparativi guerreschi della rivoluzione contro Roma - Stragi del colera in Italia e la confidenza nella Madonna - Notizie del morbo da Roma.

Capitolo 75

da Memorie Biografiche

del 04 dicembre 2006

Il Venerabile, che nel mese di luglio agli esercizi dei secolari nel Santuario di S. Ignazio aveva consolato molti penitenti, tornava da Bricherasio per andare alla villa di Trofarello, ove la prima settimana di agosto si doveva tenere un corso di esercizii spirituali per i Salesiani. Ma prima ancora di partire da Torino, rispondeva a un foglio della Madre Presidente delle Oblate di Tor de' Specchi, ripetendole una confortante promessa:

 

Reverenda M. Badessa,

 

Ho ricevuto la rispettabile sua lettera e la ringrazio della carità materiale e spirituale che mi ha usato in più occasioni. Il Cav. Oreglia di S. Stefano, Don Francesia si uniscono meco per rinnovare i loro ringraziamenti. Dal canto mio non mancherà ogni mattino di raccomandare nella santa Messa Lei, la sua religiosa famiglia. Stia sicura che questa risorgerà, ma prima deve essere crivellata, zappata, seminata, di poi germoglierà prodigiosamente. La nostra chiesa va avanti colla massima soddisfazione e speriamo che i lavori potranno in quest'anno essere terminati.

Dio benedica Lei, le sue fatiche, la sua famiglia, e preghi per me che le sono in G. C.

Torino, 5 ago sto 1867,

Obbl.mo servitore

Sac. Gio. Bosco.

 

Il giorno 5 alla sera incominciarono gli esercizii. Don Bona di Brescia predicò le meditazioni e D. Bosco le istruzioni, nelle quali a quando a quando con improvvisa digressione, come un lampo, faceva risplendere le massime eterne. “ Ricordo, testificò D. Dalmazzo, che tra le altre volte, parlando della comparsa che tutti dovremo fare innanzi a Cristo giudice, il singulto gli soffocò la parola e per quanto egli tentasse riprendere il filo del discorso, non gli fu possibile; e dovette scendere dalla cattedra, in mezzo alla commozione generale e al pianto di molti ”.

I suoi uditori erano tutti o sacerdoti o chierici aspiranti al Sacerdozio. In un manoscritto abbiamo gli argomenti che egli trattò in questa settimana, e sono:

Il bisogno del ritiro spirituale e l'esame della propria condotta lungo l'anno.

Il Sacerdote non va nell'inferno o nel paradiso da solo, ma accompagnato sempre da anime perdute o salvate da lui.

Dignità e doveri del sacerdote.

Pensare in questi giorni a ciò che si deve fuggire, acquistare e praticare nell'avvenire.

I nemici del Sacerdote. Armi per combatterli: la temperanza, la preghiera, il lavoro.

La castità.

Le Istituzioni religiose nell'antica e nella nuova Legge.

I tre consigli evangelici.

Scopo della Congregazione.

Doveri, felicità e sicurezza di vita eterna per chi vive in religione.

Riservatezza nel trattare coi giovani.

Pratiche di pietà, conferenze, rendiconti, amore a nostro Signor Gesù Cristo.

Sul principio questi esercizi nella piccola cappelletta avevano l'aspetto di trattenimenti famigliari, ma non tardarono a divenire una gravissima, benchè dolce fatica, per D. Bosco. Ammirabile era la sua applicazione nell'ascoltare le confessioni de' suoi figli spirituali. I corsi di esercizi, pel numero dei socii e per la comodità di tutti, succedendosi gli uni agli altri duravano dei mesi nelle ferie autunnali; ed egli dava anche udienza a chiunque avesse voluto esporgli le proprie necessità; ed in que' giorni tra i superiori delle varie case avevano luogo lunghe ed importanti conferenze su diversi affari, alle quali il Servo di Dio presiedeva. Or bene, dopo aver passato quattro o cinque ore stancando la sua mente nello sciogliere dubbi e dare gravi disposizioni, quando gli altri radunati andavano a prendere un po' di sollievo, egli recavasi a confessare, e come aveva fatto al mattino, vi durava altrettante ore la sera con una costanza che non poteva essere che effetto della sua viva fede. E non si risparmiava, quando non era bene in salute, e nemmeno nella convalescenza di varie malattie e talvolta neppure colla febbre indosso.

Nel tempo del quale narriamo, D. Bosco poteva ancor scendere in ricreazione co' suoi preti e chierici. Avvenne un dopo pranzo che essendo egli seduto nel giardino sull'erba

all'ombra di folti bossi, circondato da sette od otto Salesiani, a un tratto interruppe il discorso e dando uno sguardo attorno, diceva: - Uno dei preti che sono qui presenti un giorno sarà Vescovo. - L'attenzione di tutti si volse a D. Francesia e a D. Cagliero, il quale poco dopo si alzò e salutato D. Bosco si allontanava dalla comitiva. D. Bosco con questi accenni aveva anche la mira d'incoraggiare i suoi figli a perseverare nella Pia Società, facendone intravvedere i gloriosi destini.

Gli esercizi si chiusero il 10 agosto colla professione triennale del sacerdote D. Nicolao Cibrario, e del Ch. Monateri Giuseppe; e la perpetua dei Ch. Giuseppe Daghero. Erano anche accettati alcuni che domandavano di essere ascritti.

Dopo il solenne Te Deum il Venerabile tornava a Torino, mentre D. Cagliero partiva per Castelnuovo, ove era scoppiato il colera. Il fiero morbo mieteva ogni giorno molte vittime e lo spavento rendeva difficile il trovare chi avesse cura dei malati. D. Bosco appena n'ebbe notizia, avea pensato di mandare uno de' suoi preti in soccorso del parroco e del vice-parroco, quando Don Cagliero gli si presentò. “ Io' gli chiesi', scrisse lo stesso D. Cagliero, di andare ad assistere i miei compaesani, ed egli mi lasciò partire quantunque in que' giorni fossi molto occupato. Mi diede anzi una buona somma di danaro perchè mi trovassi in grado di soccorrere i bisognosi, soggiungendo: - Il Signore benedica il tuo ministero! Se poi avessi ancora bisogno di danaro, scrivimi e te ne manderò. - ” La premura di D. Bosco nel soccorrere la patria in tanto frangente, lo zelo spiegato da D. Cagliero nell'assistere i colerosi e il suo coraggio nel far prendere provvedimenti igienici nelle famiglie colpite, commossero profondamente l'animo dei Castelnovesi. D. Cagliero, cessato il morbo, ebbe una medaglia in bronzo al merito civile.

Intanto Don Bona, valente predicatore apostolico, ritornato a Brescia scriveva ai giovani dell'Oratorio, ai quali anche aveva pi√π volte predicato.

 

Cari giovani,

 

Voi siete fortunati di vivere con D. Bosco, che vi fa da Padre, da Madre e da Angelo tutelare!

Voi siete veramente saggi, perchè lo consolate e lo mantenete sano e tranquillo colla vostra condotta riverente, docile ed amorevole!

Voi avete i migliori amici in codesti rev. sacerdoti e leviti, che si consacrano al vostro bene ed esercitano così un apostolato insigne ..... Deo gratias!

Voi avete un Palladio nel nuovo tempio e nella statua della Madonna, che vi guarda, vi inspira, vi consola, vi sorregge e quasi a mano vi conduce al Cielo! Io mi ricorderò sempre d'avervi veduti genuflessi sotto il portico a pregare, e sull'Ara farò voti continui per voi; e voi in carità pregate per me che vi pregio e vi amo di cuore.

Beati voi, o giovani, che avete tempo di fare bene! Servite Domino in laetitia! Salvete.

Brescia, 18 agosto 1867,

L'amico BONA, Rettore.

 

A Trofarello rimase Don Francesia in compagnia di alcuni giovani mandati da D. Bosco a far vacanza. Il giovane Fiore facendo ricreazione cadde in una profonda peschiera piena d'acqua. Il compagno Finocchio si getta dietro a lui per salvarlo e scompare. La prima volta non vi riesce. Risale a galla per respirare, e poi si tuffa di bel nuovo nell'acqua e dopo qualche istante riappare spingendo in alto il corpo del compagno che fu subito tratto fuori dagli altri. Sembrava morto; ci volle del tempo per farlo rinvenire, e fu una bella grazia di Maria Ausiliatrice. Nessuno può descrivere la desolazione e il terrore dei condiscepoli e di D. Francesia nei dolorosi momenti, e la gratitudine che dimostrarono all'invocata Madre celeste e al salvatore Finocchio, che poi entrò nell'Ordine dei Minori.

Maria SS. se liberava i suoi figli dell'Oratorio dai pericoli corporali, amava salvarli sopratutto dai pericoli dell'anima. Il Cavaliere consegnava a D. Bosco un lettera di un giovane risoluto di mettersi a far bene. Quanti, pei quali si era quasi perduta la speranza di una buona riuscita, tutti gli anni, per bontà di Maria, ebbero ispirazioni salutari ed efficaci 1

Ad un giovane studente del corso di rettorica aveva recato grave danno la lettura clandestina delle opere del Leopardi, e l'estrema sua freddezza nelle pratiche di pietà aveva consigliato i Superiori a metterlo fra gli artigiani. Da due anni lavorava in tipografia, quando rientrato in se stesso, ripigliò con fervore le pratiche di pietà che aveva trascurate; e il 16 agosto scriveva al suo capo:

“ L'altro dì parlai al sig. Don Bosco della mia vocazione e fra le altre cose mi disse, che se avessi continuato così per due o tre mesi, egli si sarebbe impegnato di mettermi l'abito chiericale, a patto che avessi grande confidenza in lui e gli avessi aperto interamente il mio cuore.

” Sono due anni che più non apro libri di scuola per studiare, e molte materie mi sfuggirono dalla mente e voglio ripassarle, onde poter fare una buona filosofia ed essere sempre dei primi, come desidero e spero. Sono stanco della vita che fino a quest'ora ho menata; è tempo che mi scuota una volta da quella funesta tiepidezza in cui giacqui per tanto tempo: voglio mutar vita, e consecrarmi fin da quest'anno interamente al Signore e dire anch'io con San Francesco Borgia: son risoluto; ho deciso così. D. Bosco mi ha già fissato il tempo per la confessione generale. Ho bisogno di attendere all'anima mia e prepararmi bene e comincerò da quel punto ad essere tutto di Dio; io non avrò più la volontà; quella dei miei superiori è la volontà di Dio; essa sarà pure la mia. ”

E mantenne coll'aiuto di Maria SS. la sua promessa. Superate molte difficoltà fu distinto dottore in belle lettere, religioso esemplare, sacerdote piissimo.

Circa la metà di agosto D. Bosco andò presso il Vescovo di Acqui Mons. Contratto, che villeggiava a Strevi; e questi volle fargli conoscere una povera infelice, madre di famiglia, la quale da oltre un anno pareva ossessa dal demonio, che straziandole la persona le impediva di accostarsi ai Sacramenti della Confessione e della Comunione: perchè se tentavasi di condurvela, diveniva furiosa, bestemmiava, e urlava come una bestia. Monsignore diede a Don Bosco facoltà di esorcizzarla, ed egli coll'usata sua semplicità rispose di non crederlo necessario; che però, se era indemoniata l'avrebbe posta in tale compagnia, da obbligare il demonio a ritirarsi. Che fece? Alle persone presenti, fra cui il marito, i figli di lei, e parecchi sacerdoti, consigliò di fare tutti insieme alcune preghiere a Maria SS. Ausiliatrice; poi raccomandò di continuarle ogni giorno, ciascuno da sè, fino alla festa della Natività di Maria SS.

Ciò fatto, si disponeva alla partenza per altri luoghi, scrivendo prima alcune lettere.

 

Strevi, 20 agosto 1867.

 

Carissimo D. Rua,

 

Sul mio tavolino ho dimenticata una lettera alla Contessa Uguccioni a Firenze; è sigillata e francata; mandala alla posta. Finora ho potuto scrivere varie lettere, ma nemmeno un quattrino: ho però trovato un merlotto che verrà all'Oratorio. È Tornielli Onorato di anni 11, ha fatto bene la terza elementare, paga fr. 24 mensili e ne spero bene.

Di' a Ricciardi che vegli molto la ricreazione degli artigiani alla sera dopo cena. Se non basta esso, se ne aggiunga un altro.

Parto in questo momento per Alessandria, quindi a Mirabello.

Saluta tutti quelli che hanno la barba o sono imberbi; di' a Goffi che si faccia animo.

La grazia di N. S. G. C. sia con me e con tutti quelli che abitano nella nostra casa. Amen.

 

Aff.mo nel Signore

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

Alla nobile Damigella la sig. Azelia de' Marchesi Fassati

Montemagno, (Asti).

 

Ill.ma sig. Azelia,

 

Non ho prontamente risposto alla compita di Lei lettera, ma ho immediatamente fatto quanto in essa raccomandava; e se Dio ascolta le nostre preghiere, la persona per cui scriveva sarà stata benedetta dal Signore e sollevata ne' suoi bisogni.

Io sono col Vescovo di Acqui; stassera vado, si Dominus dederit, a Mirabello, donde calcolo passare per Montemagno, ma non so ancora da quale direzione; forse da Vignale; giungerà presso di Lei giovedì a sera.

Intanto dica al sig. Emanuele che stia allegro, che raccomandi a D. Durando che non profani le vacanze col fissargli molto lavoro. Faccia i miei più rispettosi saluti a papà e a Maman e augurando a tutti sanità e la benedizione del Signore, mi raccomando alle sante loro preghiere, mentre con gratitudine mi professo

Di V. S. Ill.ma,

Strevi, 20 agosto 1867,

Obbl.mo Servitore

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

Allorchè si recava a Mirabello, più volte D. Bosco saliva a Lu, accolto sempre con religioso entusiasmo dalla popolazione; ovvero si portava a Fubine per visitare un'altra famiglia dei Conti di Bricherasio.

Compiuto il suo giro fu di ritorno all'Oratorio, ove trovò una lettera indirizzata dal Conte Francesco Saverio di Collegno al Cav. Oreglia, che esponeva a D. Bosco un invito ad andare nel Belgio.

 

W. G. M. G.                                                            Cumiana, 25-8-67.

 

Amico carissimo.

 

Giunto verso la metà di questo mese dalla mia escursione in Germania, Belgio e Francia, non voglio ritardare più oltre a darti notizie di tuo fratello Mons. Nunzio a Bruxelles, al quale ebbi l'onore di presentare i miei ossequi in quella città. Lo trovai in buon stato di salute; il suo aspetto, le sue maniere son veramente tali da guadagnarsi il cuore e le simpatie di quanti lo conoscono; e ciò è appunto quanto ho sentito affermarmi dai miei conoscenti nel Belgio.

Ora a proposito del Belgio vengo a manifestarti un'idea suggeritami da persone molto a me care ed interessate quanto si può alla Religione ed al benessere spirituale di quelle lontane regioni.

Essendo venuto seco loro a discorrere del nostro carissimo ed egregio D. Bosco, non che delle opere meravigliose da lui intraprese, mi si disse che appunto poco tempo prima un ottimo e zelante Ecclesiastico vice parroco, mi pare, ad Anversa, aveva espresso a quelle persone il suo rincrescimento di non vedere nascere in quel paesi alcuna istituzione nel genere appunto degli Oratorii inaugurati dal rev. D. Bosco; e di dover essere testimonio dell'abbandono nel quale erano generalmente lasciati i ragazzi e giovanetti senza potervi riparare. Quelle persone perciò mi esortavano ad anima D. Bosco a fare niente meno che una gita nel Belgio, nell'occasione, se voleva, del Congresso Cattolico, che si aprirà fra non molto a Malines, od in qualunque altra epoca. Mettendosi ivi in comunicazione con quel rev. Ecclesiastico e con alcun altro, i quali bramano ardentemente di imitare il suo zelo per il bene della gioventù, potrebbe gettar le basi di quelle belle opere che va compiendo fra noi, e non è da dubitare che colla benedizione di Dio, e grazie al carattere industrioso ed intraprendente di quella nazione, il seme da lui sparso non sia per fruttare grandemente, con quel vantaggio spirituale e temporale che ognuno comprende. La circostanza del trovarsi a Bruxelles Monsignore tuo fratello tornerebbe quanto mai propizia a D. Bosco.

Che se, per procedere con maggior cautela egli volesse chiedere informazioni di quegli Ecclesiastici dei quali mi venne parlato, eccone i nomi: l'Abb. Jaspers, vice parroco alla chiesa di S. Giorgio, rue des Escrimeurs, Anvers: e l'Abb. Eugenio Jomers, addetto alla parrocchia des Minimes à Bruxelles.

Non parlo delle difficoltà che si oppongono a questa intrapresa, poichè D. Bosco trova facilmente mezzi da superarle; e chi sa se potrebbe anzi in tale occasione trovare nuovi aiuti per la sua chiesa e per le sue istituzioni. Del resto quanto mi stimerei fortunato se il mio viaggio avesse per effetto di far godere a quei paesi degli ottimi frutti dello zelo infaticabile del nostro amatissimo D. Bosco.

Non potrei sperare di avere una tua visita quandochessia a Cumiana per poter sentire alcunchè delle tante cose vedute ed udite a Roma?

Credimi intanto

il tuo aff.mo amico

FRANCESCO SAVERIO.

 

P.S. - I miei figliuolini ti mandano i pi√π affettuosi e cortesi saluti. Non dimenticarmi poi, te ne prego, presso il rev. D. Bosco, alle orazioni del quale, come pure alle tue, mi raccomando quanto se e posso.

Al Venerabile dovette sorridere la proposta venutagli dal Belgio di uscir fuori d'Italia colla sua Istituzione, e a questa domanda ancor prematura doveva rispondere affermativamente nell'ultima sua malattia, l'8 dicembre 1887, promettendo i Salesiani a Liegi.

Intanto sembrava imminente la guerra a mano armata contro Roma, e il colera continuava a portare la morte in molte provincie della penisola.

Garibaldi percorreva le città vicine allo Stato Pontificio, predicando la crociata contro Roma ed annunziando altamente che alla rinfrescata si sarebbe marciato alla conquista della Capitale d'Italia. Il figlio Menotti esplorava tutta la frontiera da Terni ad Isoletta, e si recava a Napoli per dare istruzioni ai suoi volontari quivi radunati. Il Principe Gerolamo Napoleone, era in Isvizzera sotto pretesto di visitare una villa, ma in realtà per abboccarsi coi mazziniani. Il Governo di Firenze aveva ritirato la flotta che da tempo vigilava le coste dello Stato Pontificio, per impedire, dicevasi, gli sbarchi di Garibaldini. I giornali dei settarii sfidavano la Francia a far la prova di opporsi all'attentato, perchè correrebbe rischio d'incontrare una guerra coll'Italia, alleata della Prussia, la quale le offriva larghissime condizioni per la soluzione della questione romana in favore della rivoluzione. E il 20 agosto, ad Orvieto ove era accolto un grosso stuolo dei suoi volontari, Garibaldi da un balcone di una locanda bandiva la guerra contro Roma. Alle sue invettive contro i mercenarii dei preti e Napoleone, lo stuolo dei satelliti urlava: A Roma, a Roma! Fuori i preti! Morte ai preti! Morte all'Imperatore!

Don Bosco n'era impensierito. Un sabato, sul finire del mese di agosto, parlando dopo cena di questi avvenimenti coi Salesiani che aveva intorno, diceva che, umanamente parlando, egli non era sicuro, che quanto prima la rivoluzione non andasse a Roma, e ripeteva: - Se tutti i Romani fossero d'accordo nel fare ogni giorno una visita a Ges√π Sacramentato la rivoluzione non solo non entrerebbe in Roma, ma riceverebbe una lezione solenne.

Contemporaneamente il colera accresceva la confidenza dei divoti in Maria SS. Ausiliatrice, come raccomandava D. Bosco, mentre più terribile degli anni scorsi il morbo infieriva. La statistica uffiziale, presentata alla Camera dei Deputati, registrava il numero dei comuni già infestati dal colera e il numero dei casi e quello dei morti fino al 29 giugno. Erano 479 Comuni, 37.644 casi e 18.890 morti. Un'altra statistica, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 26 luglio, recava il numero delle vittime fino al 15 dello stesso mese, in 63.375 casi e 32.074 morti. E nell'agosto, a detta della Perseveranza che allegava altre statistiche uffiziali,  il morbo aveva in tre mesi tolto di vita non meno di 110.000 persone. Imperversò a Catania, ove morivano da trenta a quaranta al giorno; a Palermo, in un mese circa, vi furono più di 6000 colpiti e 2620 estinti,  e la mortalità continuò in varii luoghi anche in settembre.

Ma in quell'anno come nei due precedenti, fu ammirabile il contegno dell'Episcopato, del Clero e delle milizie in sì deplorabili congiunture, cimentandosi essi ad ogni sbaraglio. L'ottuagenario Arcivescovo di Monreale Mons. d'Acquisto moriva vittima della sua carità il 18 agosto; e si mostrarono pronti a dare la vita per gli afflitti dal morbo anche i Vescovi di Messina, di Caltanisetta, di Bari, di Novara, di Genova, di Bergamo, di Brescia, d'Ivrea e di quante altre città furono colpite dal contagio. Don Bosco per parte sua accoglieva parecchi orfani da Sassari, e dal Napoletano e dieci da Tortorigi in Sicilia e da altri paesi.

Da Roma giungevano all'Oratorio notizie della morte di alcuni amici di D. Bosco, e dell'avveramento della predizione da lui fatta alla Regina Madre di Napoli.

 

Roma, 13 agosto 1867.

 

Carissimo D. Francesia,

 

In Roma il colera ancora si mantiene, ma dove ha infierito terribilmente è stato ad Albano, luogo di villeggiatura ove ci eravamo recati per respirare aria più mite. Scoppiò così fulminante che in 24 Ore si contavano già novanta cadaveri. Il povero Marchese Serlupi è andato in paradiso, come speriamo. Altre vittime illustri pur dobbiamo deplorare, fra queste la Regina di Napoli, madre, la Principessa Colonna e finalmente il Cardinale Altieri, Vescovo di Albano, il quale, come S. Carlo Borromeo, era accorso a confortare quei poverini; e dopo quattro giorni fu attaccato dal morbo e con eroica morte se ne è volato al cielo. Non può idearsi quale spavento invase questa città: tutti fuggivano, le officine si chiudevano! Noi ritornammo in Roma e la Dio mercè e della SS. Vergine stiamo tutti bene. Quello che il carissimo D. Bosco ci dice intanto intorno allo star tranquilli confidando nella Vergine Auxilium Christianorum, ci ha molto sollevati. Questa cara nostra Madre SS. ci salverà.

Ringrazi intanto D. Bosco della sua lettera che mi ha scritto, la quale mi ha fatto un gran bene .....

ANGELO VITELLESCHI.

 

In un'altra lettera del 26 agosto si diceva: “ In. Roma siamo sempre fra i 20, e i 50 casi di colera al giorno ”.

Altre notizie venivano comunicate al Cavaliere Oreglia.

 

Frascati, 27 agosto 1867.

 

Carissimo Oreglia,

 

…Avrà saputo il tremendo flagello che ha colpita la piccola città di Albano, non molto lontana da Frascati, per cui potrà immaginare quante agitazioni abbiamo provato per il timore che qui accadesse lo stesso; io in queste paure non mi sono portata al solito molto valorosa, ma pure le assicurazioni del Molto Rev. Don Bosco che questo malore non ci avrebbe colpiti, mi hanno molto sostenuta.

Annibale sempre tranquillissimo al solito in tutte le circostanze, non è stato malcontento di me. Ora qui da quasi quindici giorni siamo liberi da qualunque dubbio di malanno, e ripetiamo questa grazia, s'intende, dal Signore e da Maria SS. e poi dalla speciale protezione per questo paese dei SS. Rocco e Sebastiano. Ci sono le immagini di questi santi, apparsi miracolosamente da molti e molti anni, in un muro dell'antica cattedrale di Frascati. Le assicuro che fa tenerezza il vedere la fede che hanno tutti questi paesani in questi santi e il concorso continuo a visitarli.

La mia Salute va bene e migliorando sempre; nel morale poi, per divina misericordia e per l'efficacia, credo, delle loro preghiere ho guadagnato immensamente e mi pare di essere tutt'altra da quella di prima. Ringrazio infinitamente tutti loro delle particolari preghiere che fanno per me, e la prego di presentare i miei più vivi ringraziamenti ed ossequi al Rev. D. Bosco, uniti a quelli di Annibale mio. Non si dimentichino per carità di pregare e raccomando pure alle loro preghiere tutti i nostri parenti ed amici in questi brutti momenti di castigo e di pene.

Annibale ha buone speranze che l'altare si finisca per la fine dei mese corrente; anzi scrisse in proposito al Cav. Marietti, ma non ha avuto risposta .....

 

ANNA BENTIVOGLIO.

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