Don Bosco e il Canton Ticino - Il radicalismo svizzero - La deficienza di Clero - Studenti Ticinesi nell'Università di Torino riferiscono a Don Bosco le miserie religiose della loro Patria - Una piccola assemblea di preti e laici nel Santuario della Madonna del Sasso - Don Bosco li consiglia a far richiesta di Sacerdoti alla Curia di Torino - Zelo apostolico del Cappuccino P. Luigi Arnaboldi, custode della Madonna del Sasso - La Curia di Torino dichiara di non aver sacerdoti disponibili - Don Bosco provvede, quanto può, a quella necessità ed è criticato - Lettere di Don Angelo Modini che attestano il bene fatto da Don Bosco al Canton Ticino - Don Bosco scrive a Don Modini per scusarsi di non poter andare ad Intragna come aveva promesso - Vi si reca Don Cagliero; sua lettera di ringraziamento per le accoglienze avute - Nuove speranze deluse di aver Don Bosco in Svizzera e altra lettera di Don Cagliero - Giovani Ticinesi nell'Ospizio di Valdocco e nell'Oratorio festivo.
del 05 dicembre 2006
Poniamo termine a questo volume col riferir una delle molte opere apostoliche del Venerabile, le quali, non, ostante la loro importanza, rimasero quasi sconosciute, sia perchè si svolsero lentamente, restando in certo modo occultate dal fiorire di altre in apparenza più sfolgoranti, sia perchè la prudenza esigeva che si operasse in silenzio per non dar motivo a chicchessia a intorbidare le cose. L'opera, di cui vogliamo far cenno, fu la conservazione della fede in una valle della Svizzera, nella quale, senza la carità di Don Bosco, si sarebbe forse spenta. È un fatto che abbraccia un lungo periodo di anni e noi lo riferiamo nelle circostanze conosciute.
Dal 1855 al 1872 fu un tempo di esosa tirannia del radicalismo svizzero sulle popolazioni e sulla religione; specialmente nel Canton Ticino. Nella valle di Onsernone Locarnese la vita era divenuta per i parroci quasi impossibile. Essendo taluni banditi, altri morti, e mancando le vocazioni, v'era gran deficienza di clero, e facevasi ogni giorno maggiore. Don Bosco, fin dal principio di una tal crisi, non ostante le sue altre occupazioni si prese a cuore con zelo indefesso quel paese, dove molte parrocchie eran rimaste senza pastore. Alcuni Ticinesi, studenti nell'Università di Torino, che venivano a confessarsi da lui, gli dipingevano lo stato deplorevole e le angustie religiose della loro patria.
Qualche sacerdote e alcuni laici di buon conto salivano al convento dell'insigne Santuario della Madonna del Sasso, sopra Locarno, per veder modo di alleviare tanti mali. Li radunava cautamente il religioso Cappuccino, P. Luigi Arnaboldi, rettore del Santuario. Don Bosco gli aveva proposto di supplire alla deficienza del Clero ticinese, con sacerdoti italiani, ai quali si sarebbero potute affidare le parrocchie vacanti: convinto che i suoi inviati, non essendo interessati nelle lotte politiche del Cantone, avrebbero dato meno ombra ai capi dei Governo. Fu un ottimo consiglio, come vedremo.
Il Rettore alla Madonna del Sasso era un vero apostolo. Appare da una lettera di D. Angelo Modini, Prevosto di Losone, al Vicario Gen. Capitolare di Corno Mons. Ottavio Calcaterra, dalla quale chi legge si fa già un'idea dello zelo di P. Arnaboldi e dei bisogni spirituali di alcune popolazioni del Ticino.
 
 
Ill.mo e Rev.mo Monsignore,
 
Il M. R. P. Luigi Arnaboldi è da più che otto mesi che costantemente si reca nei giorni festivi quando nella Ven. Parr. d'Auressio e quando in quella di Loco e colla carità apostolica di che è tanto animato per la salute delle anime, si adopera a tutt'uomo per rianimare il sentimento religioso in quelle popolazioni. Anzi colla sua prudente e seria condotta avendo potuto guadagnarsi la stima, l'amore, dirò anzi la confidenza di chi tiene nelle mani la somma delle cose in cotesta Valle di Onsernone, potè ottenere di predicare più volte la settimana durante la corrente quaresima a Loco, dove viene consolato da un numeroso uditorio, concorrendovi pur anco in buon numero dalle parrocchie circonvicine.
Egli ha tutta la buona speranza che Dio, ricco in misericordia, vorrà largamente benedire alle sue apostoliche fatiche, e che più di un'anima si rimetterà sulla buona via.
Ei bramerebbe però sapere da S. V. Ill.ma e Rev.ma come dovrà comportarsi con quei penitenti che probabilmente gli capiteranno durante la quindicina Pasquale e che hanno:
1° cooperato all'incameramento, a favore del Comune, dei beni della Chiesa;
2° che hanno comperati beni della Chiesa, legati pii, beneficii, ecc. venduti all'asta pubblica;
3° che hanno cooperato all'abbruciamento dei Confessionali;
4° all'atterramento delle Cappelle della Via Crucis sulla pubblica strada;
5° all'atterramento di alcuni pubblici Oratorii.
Avendo poi lo stesso prelodato M. R. P. Luigi Arnaboldi, mediante i suoi buoni offici e la generosità di alcune anime pie, potuto mettere insieme tanto di denaro da bastare alla ristaurazione della Chiesa Parrocchiale d'Auressio, dimanda inoltre:
1° il permesso di preparare e trasportare i necessarii materiali per la restaurazione della loro Chiesa ai parrocchiani d'Auressio nei giorni di festa;
2° di demolire il tetto e buona parte della parete, e di trasportare il SS. Sacramento e durante la ristaurazione di fare la funzioni parrocchiali nell'Oratorio della Madonna della Mercede, di ragione della Veneranda Parrocchia stessa di Auressio;
3° di essere delegato, dietro mia assistenza, a benedire la Chiesa appena ultimati i lavori di ristaurazione della stessa.
Sempre coi sensi della pi√π profonda stima, le umilio i miei pi√π rispettosi ossequi protestandomi,
Di V. S. Ill.ma e Rev.ma,
 
Losone, 9 marzo 1869,
Dev.mo Servo
D. ANGELO MODINI, Prev.
 
P. Arnaboldi aveva accolto il consiglio di Don Bosco, e, ottenuto il consenso dalla Curia di Como, si rivolse al Vicario generale di Torino, domandando qualche sacerdote. Ma anche in questa Archidiocesi era diminuito il numero dei sacerdoti, e si rispose di non poter esaudire la domanda.
Allora il Venerabile disegnò di provvedere egli stesso all'urgente necessità. P. Arnaboldi per più anni indicava a Don Bosco quali fossero le parrocchie più bisognose di sacerdoti e il Servo di Dio ebbe la consolazione di provvedere a parecchie di esse, inviandovi, non già dei Salesiani, che allora erano poco numerosi, ma altri ministri di Dio di sua conoscenza, non legati da speciali doveri in Piemonte, e anche qualche buon Religioso, espulso dal suo convento per la legge di soppressione.
Fu Don Paolo Albera, che a nome di Don Bosco tenne corrispondenza con P. Arnaboldi in quegli anni, e che conferma queste notizie.
Il Servo di Dio sceglieva sacerdoti a lui noti personalmente, di vita illibata, zelanti, forniti della scienza necessaria; e questi, con sua lettera, si presentavano a Como per essere riconosciuti idonei.
Ma la carità di Don Bosco non piaceva a tutti. Un giorno incontrò Mons. Zappata, che gli domandò perchè mandasse preti italiani in Svizzera.
Il Venerabile si limitò a rispondere:
 - Erano anni che questi preti erano chiesti e la Curia diceva di non aver sacerdoti da mandare. Quelle popolazioni languivano e ho creduto bene di poter provvedere.
Monsignore insisteva, facendone quasi una questione di diritto, e il Venerabile osservò:
 - Io non mando, consiglio: ed è la Curia che rilascia le testimoniali a quelli che ne fanno domanda. Altri mi fecero simile appunto; abbiamo discusso e purtroppo ho dovuto conchiudere: “ Non c'intendiamo; et ubi non est auditus, nec effundas sermonem ”.
Monsignore, che era uomo di delicata coscienza e aveva grande stima di Don Bosco, all'indomani venne all'Oratorio per chiedere scusa al Servo di Dio. Questi gli rispose:
 - Dovrei io chiederle scusa! Ma veda! avevamo l'eresia alle porte e bisognava che qualcuno vi ponesse riparo.
E Monsignore approvò quanto aveva fatto Don Bosco. Questi adunque, con pieno assenso dei Superiori Ecclesiastici, compì così santa missione. Ci duole assai che la sua corrispondenza con P. Arnaboldi non sia giunta in nostre mani. Supplì in qualche modo a questa perdita D. Angelo Modini, che fu anche Prevosto di Moghegno (Val Maggia) nel Canton Ticino, con due lettere, una del 22 gennaio 1900 e l'altra del 26 novembre 1902, e con vari documenti, che si conservano nei nostri archivi.
Scrive Don Modini nella prima lettera:
“ Non mi trovo in posizione di far una lunga, dettagliata relazione dell'azione cattolica esercitata da Don Bosco nel Cantone Ticino e più particolarmente nella Valle Onsernone... Don Bosco non fu mai, che io mi sappia, nel Cantone Ticino nè prima nè dopo il dominio radicale e per conseguenza la stampa nostrana non ne fece parola. Che se Don Bosco non fu mai tra noi, posso però assicurarle che grande era il suo desiderio di venirvi e ben inteso per impiantarvi alcuno de' suoi Istituti ed Oratorii, a salvaguardare la fede delle nostre popolazioni, seriamente minacciata. Le dirò anzi che ben due volte egli aveva meco definitivamente concertato il giorno della sua venuta. La prima volta, a mezzo d'un alunno dell'Oratorio avendomi significato questo suo desiderio di venire nel Cantone e nel medesimo tempo il desiderio d'interessare la sua venuta con qualche predicazione, io gli dava nota delle feste che si solevano celebrare con maggior solennità ad Intragna dove allora, l'anno 1865, io mi trovava come Prevosto, onde venisse in quella che gli tornasse meglio.
” Egli sceglieva la solennità di S. Gottardo, Vescovo di Hildesbeim, principale patrono della parrocchia (4 maggio).
Se non che, nel mentre lo si attendeva con grande desiderio ed impazienza, con sua lettera 25 aprile ci partecipava con suo grande dispiacere di non poter mantenere la promessa dell'ambita visita, per un grave malore di stomaco che gli impediva di predicare, e per trovarsi il Prefetto dell'Oratorio, D. Alasonatti, gravemente infermo e spedito dai medici ”.
Don Bosco però prometteva di mandare un supplente.
 
 
Carissimo Sig. Prevosto,
 
L'uomo propone e Dio dispone ed in ogni cosa sia fatta la sua santa volontà. Da alcune settimane in qua un incomodo di stomaco mi molesta e m'impedisce di predicare. Tuttavia speravo di poter essere in grado di andare pel giorno di S. Gottardo. Ma altra visita mi fa il Signore. D. Alasonatti, prefetto di questa casa, è caduto gravemente ammalato; a segno che i medici mi danno poca speranza di guarigione. Cosa che rende impossibile la mia assenza da Torino. Sicchè, mio malgrado, non posso andare a far l'ambita visita a parenti, amici che stimo ed amo assai, sebbene non li abbia ancora veduti personalmente. Qualora per altro vi fosse la sola difficoltà di un predicatore, abbia la bontà di dirmelo e le manderei un supplente.
Caro Sig. Prevosto, m'aiuti colla carità delle sue preghiere e di quelle de' suoi amici. Dio la benedica e l'aiuti a salvare molte anime. Se in qualche cosa la potrò servire, sono sempre a' suoi cenni e mi professo con gratitudine,
Di V. S. Carissima,
 
Torino, 25 aprile 1865,
aff.mo nel Signore
Sac. BOSCO GIOVANNI.
 
P. S. - Pochi giorni sono, ho ricevuto tre giovanetti in questa casa che provengono da cotesti paesi.
 
Andò a supplirlo D. Giovanni Cagliero, e vi si trattenne qualche giorno dopo la solennità, per combinare l'ammissione di alcuni giovinetti nell'Oratorio. Tornato a Torino e ragguagliato Don Bosco del suo viaggio, Don Cagliero scriveva a Don Modini:
 
 
Oratorio di S. Francesco di Sales.
Torino, 23 maggio 1865.
 
Mio carissimo sig. Prevosto,
 
Non passa giorno ch'io non ricordi con trasporto del mio cuore la bella gita di costì, non solo per l'amenità del suolo ma più assai per le gentilezze ricevute, che furono oltre i miei meriti graziosissime. Ebbi già più volte occasione di parlare a varii del Clero Torinese e non posso a meno di lodare l'unità, la bontà e la cordiale ospitalità del Clero Ticinese. Sia dunque lode al merito, nè altro posso ripromettermi che un'altra occasione per nuovamente rivederli e caramente riabbracciarli.
Don Bosco fu oltremodo contento ed interessato del racconto del mio piccolo viaggio e mi disse che sperava di farlo ancor lui. Anzi, a proposito, gli parlai del discorso sul nome di Maria per settembre e dissemi di scriverle che accetta volentieri, perchè desidera cogliere questa occasione per vedere e riverire il Clero Ticinese, ma si raccomanda di non prenderla a male se al sopraggiungere (stante i molti affari che lo circondano) di qualche imperiosa necessità, si trovasse nel bisogno di ripetere bellamente un secondo San Gottardo. Ad ogni evento scongiuriamo il fato poichè ci sia propizio e non avverso.
V. S. scriverà in quel torno a proposito.
Faccia coraggio ai giovanetti esaminati, perchè studino .....
Dica al piccolo Giulio che studii, perchè lo aspetto poi qui a Torino; e perchè si faccia buono gli mando una bella immagine dell'Angelo Custode, affinchè imiti il piccolino che gli sta ai fianchi. Per V. S. poi lascio l'immagine non solo, ma Gesù stesso nel SS. Sacramento, a cui desidero mi raccomandi molto molto. Io farò altrettanto per Lei. Vedendo i parroci suoi finitimi, li saluti da parte mia tanto e tanto; il Prevosto di Pedemonte, sig. Marchini, anche da parte del Canonico Berghen. Ho scritto a Locarno al Padre Luigi Arnaboldi, perciò ho incaricato lui stesso per gli altri saluti.
Mando a V. S. due copie della nostra commedia latina, con qualche dialogo. Alla prima occasione spedisca al suo Zio Vicario, unitamente a mille saluti, la copia del dialogo al suo indirizzo.
Di V. S. stimat.ma e molto rev.da
Obbl.mo e devotissimo
Sac. CAGLIERO GIOVANNI.
 
Don Cagliero con altra lettera del 31 luglio assicurava che Don Bosco si sarebbe recato a Intragna nella ricorrenza della solennità del SS. Nome di Maria in quell'anno stesso; ma sulla fine di agosto annunziava che per gravi impedimenti il Venerabile non poteva, neppur quella volta, mantenere la promessa.
 
 
Torino, 28 agosto 1865.
 
Ill.mo e Molto Rev. Signore,
 
Quello che ho sempre temuto, accade per troppo! la clausola o condizione, sotto cui Don Bosco accettò il discorso del SS. N. di Maria, non si è adempiuta. Un motivo non solo ragionevole ma grave impedisce me e Don Bosco di venire a godere la loro dolce compagnia. Abbiamo il sig. prefetto D. Alasonatti agli estremi; si è già viaticato, ed aspettiamo con trepidazione il momento di dovergli amministrar l'Estrema Unzione! In questo caso è sempre imprudenza l'allontanarsi dal malato. Arrogi che uno di nostri preti è già ito a ricevere il premio di sue fatiche, un altro è perduto intellettualmente, un altro è spedito dai medici per il taglio d'una gamba. Il Signore in quest'anno ci ha messi a cruda prova! Don Bosco è dolente assai ed avrebbe desiderato con piacere questa gita per cotesti paesi, però non ha perduta la speranza di venire altra volta.
Egli m'incarica di dirle che ad ogni occorrenza e bisogno si serva di noi, come di veri amici per tutto ciò che le occorre. Adunque per quei giovanetti, di cui mi parlò, ci scriva in proposito, e venga poscia Lei in persona ad accompagnarli. Qui sarà a casa sua, e ci procura insieme un bel piacere, Lo stesso dica a P. Luigi Arnaboldi riguardo a' suoi raccomandati....
Di V. S. Ill.ma,
Dev.mo Servo
Sac. CAGLIERO GIOVANNI.
 
Continua la prima lettera di Don Modini:
“ Don Bosco una seconda volta trovavasi nell'impossibilità di venire ad Intragna, aggiungendo che con tutto ciò non aveva abbandonata la speranza di venire in seguito. Che se ancora in seguito le molteplici e straordinarie sue occupazioni non gli permisero di effettuare la sua venuta e realizzare i suoi santi disegni, ciò non gli impedì di costantemente adoperarsi, con tutti quei mezzi che erano a sua disposizione e di approfittare di ogni opportunità d'occasioni per procurare il bene delle nostre popolazioni. Quante volte mi trovai in bisogno di rivolgermi a lui per l'ammissione di giovanetti nel suo Oratorio di S. Francesco di Sales a Torino, e furono tantissime, altrettante volte mi vidi prontamente esaudito e sempre con tutte quelle maggiori facilitazioni e riguardi che gli erano possibili.... ”
Nella seconda lettera lo stesso egregio sacerdote, ricordando i molti giovanetti Ticinesi educati da Don Bosco nei suoi Istituti, ripete come il Venerabile li accettasse a modica pensione e “ talora anche quasi gratuitamente.
Io gliene raccomandai non pochi di Intragna, Golino, Losone. Brione, Ronco di Valle Onsernone. Quasi tutti quelli che furono accolti ed educati ne' suoi collegi, fecero buona riuscita. Alcuni divennero sacerdoti, come ad esempio il M. R. D. Pietro Pedrotta da Golino, già parroco di Gerra Gambarogno, il M. R. D. Giacomo Cavalli d'Intragna ed altri. Anzi un primo campo ove Don Bosco fece del bene a pro' de' Ticinesi, io lo riscontro già ne' suoi Oratori festivi in Torino, accogliendo egli negli stessi que' giovanetti Ticinesi che laggiù si recavano per esercitare qualche mestiere, specie quello dello spazzacamino. Mi sovvengo ancora che alcuni de' miei parrocchiani, allorquando Mons. Cagliero fu ad Intragna per il panegirico di S. Gottardo, erano oltremodo lieti di riconoscere in lui un sacerdote dell'Oratorio di Don Bosco da essi frequentato... ”
Ma il maggior servigio reso dal Venerabile al Canton Ticino fu, come si è detto, il provvedere di buoni sacerdoti molte parrocchie prive di assistenza spirituale.
Di lui attesta Don Modini nella prima lettera:
“ ... Dove meglio e più largamente e più fruttuosamente apparve la sua azione cattolica nel Canton Ticino si fu là dove più era reclamato dal bisogno, vale a dire a prò della Valle Onsernone (Locarnese). Quale e quanto deplorevole si fosse la posizione morale e religiosa di questa povera vallata e quali e quanto immani gli sforzi della framassoneria per soffocare l'avita fede, vedrò di farlo conoscere nella relazione che le invierò più presto mi verrà fatto ”.
Don Modini non inviò una vera relazione, ma, oltre gli appunti già pubblicati, ci mandava altri interessanti documenti.
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