Il Galantuomo Pel 1862 e le Sue Profezie - Lettura Cattolica per il prossimo gennaio - Alcune vestizioni clericali - Capitolo e accettazione di soci - Un alunno che la novena di Natale costringe a ritirarsi dall'Oratorio - Don Bosco infermo di risipola - L'ultimo giorno del 1861: consigli di D. Bosco a tutti gli alunni: sua promessa di una strenna straordinaria.
del 30 novembre 2006
In dicembre era terminata la strenna agli associati delle Letture Cattoliche ed era stampata nei primi giorni di gennaio. Portava il solito titolo: Galantuomo, almanacco piemontese - lombardo per l'anno 1862. Il galantuomo e le sue Profezie.
Incominciava con varietà utili e curiose d'agricoltura. - Coltura delle patate e varii modi di moltiplicarle - Delle piante fruttifere; come allevarle, innestarle, liberarle dalle formiche - Conservazioni dei fiori.
Quindi si leggeva una canzone in dialetto piemontese contro il vizio dell'ubbriachezza, seguita da una comunicazione agli associati.
 
IL GALANTUOMO A' SUOI AMICI.
 
Per la nona volta, venerati amici, vengo a farvi visita, e se qualche brutto accidente non mi impedirà, conto di potervi ancora venire per molti anni. Debbo mettere questa condizione, perchè avvi uno che è qualche cosa più di me, anzi è mio padrone. Costui se vuole, in un momento mi fa tacere, e mi manda a fare conversazione coi vermi al campo santo.
Finora però vivo ancora, e con me vive il mio codino il quale mi fu strappato da una palla di cannone nella battaglia di Solferino; ma poco per volta rinacque, crebbe e ritornò al suo stato normale di prima. Mi gode eziandio l'animo il trovarvi ancora voi tutti sani e salvi; ciò dico a voi con cui io parlo e non a quelli che andarono a cercarsi una dimora sotto terra. Siate adunque tutti felici, vivete molti anni in sanità ed allegria; questi siano i giorni vostri e quelli dei vostri amici.
Io mi pensava in quest'anno di potervi narrare le mie vicende del passato, e ne avrei molte, ma motivi di prudenza e di rispetto mi persuadono a differire i miei racconti ad un tempo più sereno, in cui non ci sia più pericolo di temporali, di grandine, di turbini e di uragani. Siate cortesi di contentarvi delle cose ordinarie degli almanacchi, del calendario in cui vi è un cenno della vita del santo che occorre nel giorno. Di poi vi noterò il levare ed il tramontare del sole e della luna, del giorno e della notte, quindi con facile induzione ognuno potrà fissarsi l'ora del mangiare, del bere, del dormire, del riposare, del ridere, del piangere, del giuocare, del passeggiare secondo la libertà e secondo il bisogno.
Intendo poi essere mio dovere di spiegarvi le profezie dell'anno scorso, cui seguiranno altre di quest'anno. A proposito di profezie voglio dirvi che in un modo o in un altro devono sempre conseguire il loro avveramento, perciocchè gli almanacchi hanno il diritto di stiracchiare tanto i loro detti quanto è necessario per avere sempre ragione. Ciò posto eccomi all'opera.
Le profezie per lo scorso 1861. - Vi diceva che nel 1861 due cospicui personaggi sarebbero scomparsi dal mondo politico. Dal mondo politico già scomparvero il granduca di Toscana ed il duca di Modena. Quest'anno scomparvero dal mondo vivente non più metaforicamente, ma in senso letterale due cospicui personaggi e questi sono il conte di Cavour che andò nel numero dei più il 6 giugno anno corrente, ed il Re di Portogallo.
Vedrete il vino a miglior prezzo ma più caro il pane. R. - Tutti quelli che mangiano e che bevono sanno per esperienza l'aumento del prezzo del pane, e la diminuzione in quello del vino. Ciò l'anno scorso fu in senso allegorico, in quest'anno è in senso letterale.
Un paese sarà rovinato dal terremoto. - Ognuno sa che cosa sia avvenuto per la eruzione del Vesuvio nel regno di Napoli. Là vicino a quel monte vi è un paese detto Torre del Greco. Questo paese non è più. Il terremoto succeduto sul principio del dicembre di quest'anno scosse con tale violenza le vie, le piazze, le case, che gli abitanti dovettero fuggire per non rimanere schiacciati. Di più il Vesuvio facendo in quegli stessi giorni terribili e spaventevoli eruzioni con lava, cenere, bitume, pietre e fuoco orribile, coprì e distrusse gli avanzi delle abitazioni e seppellì nelle voragini e nei rottami, coloro che non poterono per tempo fuggire.
Altri paesi saranno desolati dalla siccità. - Ognuno ricorda il calore eccessivo di quest'anno. A memoria d'uomo non fu mai somigliante. Basti il dire che in molti paesi provincie e regni entro e fuori d'Italia, da aprile a gennaio, non cadde più una pioggia che si possa dire aver innaffiate le campagne. Ancora presentemente (I gennaio 1862) vi sono paesi e città che hanno i pozzi e le fontane vuoti d'acqua, le campagne bruciate, i terreni e le seminagioni secche per mancanza di pioggia benefica che da tanto tempo si attende indarno dalla mano del Creatore.
 
I grandi avvenimenti del 1861.
 
Gli avvenimenti di quest'anno sono molti ed essendo pubblici sono noti a voi e a me, perciò io ve ne andrò accennando alcuni, affinchè ne possiate essere giudici e riconosciate in essi il dito del Signore.
Una terribile siccità si fece sentire in tutta Italia e fuori. Molti paesi e città intere dovettero condurre i loro bestiami fino in lontananza di cinque miglia per abbeverarli.
I secondi raccolti, cioè meliga, miglio, patate, fagiuoli ecc. si possono dire interamenti falliti. Molti incendi devastarono case, isole, ed anche paesi. Ogni dì nei giornali si pubblicavano e si pubblicano parecchi incendi che hanno cagionato danno immenso. Fra i molti avvenuti in Torino si nota soltanto quello di casa Tarino. Mentre io assisteva a quel doloroso spettacolo ho più volte udito dire: - Dicano gli uomini quello che vogliono, ma questi disastri sono un flagello di Dio.
E la reazione ed il brigantaggio di Napoli?
Tutti si pensavano che una decina di uomini bastassero a disperdere o catturare Chiavone co' suoi cinque o sei compagni briganti, ma intanto sappiamo che furono già spediti colà circa centomila uomini, di cui molti restarono morti o feriti, molti caddero ammalati e mi dicono che l'affare non sia ancor finito.
Non pochi si consolano perchè molti briganti siano stati uccisi o presi e fucilati e che così il loro numero fu assai diminuito. Che utile mi dà la morte dei briganti mentre tanti nostri parenti ed amici lasciarono al par di loro la vita? Potrebbe a taluno recare consolazione se la morte di coloro avesse portata la vita ai nostri, ma la cosa non fu così. Furonvi accaniti combattimenti da ambe le parti, restaronvi morti e feriti da ambe le parti, e v'è ancora da fare assai da ambe le parti. Anche qui dobbiamo dire: Bellum Dei flagellum. La guerra è un flagello che permette Iddio per castigare i peccati degli uomini.
lo vi dico con sincerità, che vorrei che neppure un brigante fosse morto, neppure uno dei nostri fosse rimasto neanco ferito, che tutti vivessero in pace alle loro case, colle loro famiglie, coltivando le campagne, lavorando ne' loro mestieri. Così potrebbero anche meglio praticare la loro religione, e santificare i giorni festivi, e, se vi piace, anche fare qualche partita a carte, a tarocchi, alle boccie, o se non altro a fare qualche festino, qualche allegria, qualche passeggiata o merenda coi parenti e cogli amici.
E un grande avvenimento che in mezzo a tanti progetti, tanti desiderii, il Papa abbia potuto rimanere tranquillo in Roma e conservare libere le sue relazioni con tutti i paesi della cristianità.
Al Papa stanno uniti i veri Cattolici guidati dai loro Vescovi che con un cuor solo e con un'anima sola professano, insegnano, difendono le dottrine del Vicario di Ges√π Cristo.
È altresì un grande avvenimento la spaventevole eruzione del Vesuvio, la siccità avvenuta, il freddo rigido che ci affligge, la carestia che cresce.
È pure un grande avvenimento la morte del Re del Portogallo. Dicesi che poco tempo prima egli co' suoi ministri disprezzasse la scomunica come roba antiquata e di nessun effetto. Intanto passarono pochi giorni e moriva suo fratello di morte quasi improvvisa; quasi nello stesso tempo il medesimo re alla verde età di 24 anni, dopo appena alcuni giorni di violenta malattia, cessava di vivere fra gli spasimi. Sono eziandio gravi avvenimenti le guerre di America, di Polonia, del Monte Libano, del Montenegro, ma niun fatto è così strepitoso come la morte di Cavour.
Si sa che esso aveva il filo politico di tutti gli affari. La sua morte precipitata lo impedì di comunicare ad altri i suoi segreti; morendo poi in un tempo inaspettato pose il mondo in costernazione e costrinse i buoni e non buoni a dire: Qui è la mano del Signore che dà e toglie la vita a chi vuole e quando vuole.
Qualcheduno dirà: - Gli affari non andarono con Cavour alla tomba.
Sono anch'io del medesimo parere. Io credo e ne sono persuaso, che il mondo non andò, nè andrà alla tomba con Cavour; ma intanto colla sua morte si è perduto il bandolo e d'allora in qua la matassa politica fu ognora più ingarbugliata. Vi era uno che aveva l'altra estremità del filo; ma adesso egli non sa più dove fissarne la parte opposta. Costui che è ancor vivo, sa benissimo giuocare alla palla, ma da solo non può fare la partita, nè sa dove trovare un amico che voglia o sappia fargli compagnia.
Qui siamo di nuovo al punto di prima, cioè che la mano di Dio confuse la mente degli uomini.
Farà stupire che nel 1861 sia cominciata l'era di pace; pure è così. Gli uomini sono miseri strumenti della divina potenza. Facciano a talento quello che vogliono, ma la bussola è perduta e non si trova più. Ci sarà ancora la guerra ci saranno ancora disordini di altro genere, ma niuno potrà impedire la mano di Dio che agisce tra noi, perciò verrà il tempo, e non sarà lontano, che ogni buon cattolico potrà vivere in pace professando la sua religione. Ma nel tempo stesso debbo dirvi che gli avvenimenti del 61 sono soltanto l'indice di quelli che succederanno nel 1862.
 
Gli avvenimenti nel 1862.
 
Sebbene sia cominciata l'era di pace, tuttavia lo stato delle cose del 1861 non è altro, come si disse, che l'indice di quanto avverrà nel 1862. Perciò quelle piccole guerre che l'anno scorso cominciarono, in questo anno prenderanno assai più vaste proporzioni, ma passati tre quarti dell'anno cesseranno le ostilità e gli uomini me prima camminavano come privi di testa, cominceranno a conoscere i loro condottieri e faranno un passo indietro in quella medesima strada per cui ciecamente hanno camminato molto tempo senza frutto. Ma guai a coloro' che saranno incontrati mentre si farà quel passo indietro.
Una malattia terribile affliggerà molti in quest'anno. Ma farà assai bene alle anime. Questo flagello si potrebbe mitigare assai se gli uomini santificassero meglio il giorno festivo.
Verranno la sete, la fame, gli ulceri a punire le bestemmie che ogni giorno si proferiscono contro al nome di Dio, contro alle cose di religione. Guai ai bestemmiatori! Si pentiranno fino quelli che di essi hanno compassione.
Sino ad un certo punto dell'anno si temerà assai dei frutti della terra, che di fatto saranno molto devastati, ma dopo i due terzi dell'anno non vi sarà più pericolo di carestia.
Ora vi dirò una cosa assai importante, state attenti e procurate di capire. Vi è un verme terribile che gira rodendo la vita degli uomini. Molti studiarono di assalirlo ed ucciderlo, ma inutilmente; niuno lo può arrestare. L'anno scorso forò il cervello a molti, che perciò divennero semipazzi, di poi andò a passare per la spina dorsale di un uomo grande e lo rose fino al cervello; questa fu la cagione di sua morte.
Ora è già entrato nella spina dorsale di chi da alcuni pazzamente credesi direttore del mondo. La metà è rosa; gli effetti li vedrete in quest'anno.
Io vorrei ancora dirvi molte cose, ma la prudenza mi dice che basta, perciò mi limito ad aggiungere soltanto alcune profezie antiche le quali hanno relazione coi tempi nostri.
E l'almanacco rapportava una predizione manoscritta di un povero villanello di Fiandra fatta nel 1792.
Finiva colla nota: - Distribuzione delle Quarantore nelle Chiese della città di Torino.
Col Galantuomo, per gennaio 1862, Paravia avea pronto il fascicolo: Divozione delle sette domeniche consecrate ad onorare i dolori e le allegrezze di S. Giuseppe con indulgenza plenaria ogni domenica, del P. Ughet. Traduzione di Giuseppina Pellico.
Intanto coi soliti modi e colla solita devozione, celebravasi nell'Oratorio la festa dell'8 dicembre. Prima dei vespri Don Bosco manteneva la promessa fatta nel maggio. Egli aveva procurata una bella statua in cemento di Maria SS. Immacolata. Il capo mastro Buzzetti Carlo la collocava sulla cima del frontone, presso il luogo colpito dal fulmine e innanzi vi piantò un solido tavolato. D. Bosco salì a quell'altezza vestito di cotta e stola, circondato da una schiera di chierici e benedisse solennemente la statua. Indi da quel ponte, che fu certamente il più alto pulpito del mondo, fece ai suoi giovani, raccolti nel sottostante cortile, una brevissima ma calda esortazione ad onorare, ad amare, a confidare sempre nella gran Madre di Dio. Cessato di parlare egli di là intonava la lode che incomincia: Lodate Maria o lingue fedeli; e i giovani la proseguirono sino alla fine, con un affetto e slancio indescrivibile, accompagnati dalla banda musicale, che gareggiava alla sua volta nel riempire l'aria di armoniosi concenti a gloria e in ringraziamento alla nostra celeste Protettrice.
In quel giorno vestivano l'abito clericale i povani Jarach, Costanzo, Mignone e Murra. Mons. Gianotti Vescovo di Saluzzo e gli Ordinarii di varie diocesi avevano autorizzato e delegato D. Bosco a benedire gli abiti talari ed a vestirne questi e varii altri alunni per conto delle loro diocesi. Il giovane Albera Paolo aveva ricevuta la sacra vestizione a None, il 29 ottobre, dal suo parroco il Teol. Abrate Vicario Foraneo.
Anche la Pia Società aggregava nuovi membri. Dicono i verbali del Capitolo:
Li 15 dicembre 1861, il Rettore della Società di S. Francesco di Sales, dopo aver radunato il Capitolo e fatta insieme l'invocazione dello Spirito Santo, propose alla votazione i giovani Don Luigi studente dei fu Giovanni di Vigone e Mignone Giuseppe chierico figlio di Felice da Mazzè. Ebbero tutti e due i voti favorevoli e furono accettati nella Società.
 
Incominciava la novena del Santo Natale, e in essa si rinnovava il fatto dell'allontanamento spontaneo dall'Oratorio, di chi non era di buon esempio ai compagni.
Nel 1861 il giovane Ric… entrato nell'Oratorio da pochi mesi, non si era mai voluto andare a confessare.
Quando egli scendendo le scale vedeva D. Bosco salire, si volgeva subito indietro e correndo pel corridoio saltava giù a precipizio da un'altra scala. Non una volta sola Don Bosco potè incontrarlo, benchè facesse ogni sua parte per parlargli, mettendogli anche ai fianchi buoni compagni che a lui lo conducessero.
Ma la vigilia del Santo Natale, Ric…..si sentì in dosso un grave malessere e nella notte andato in frenesia incominciò a gridare che aveva attorno al letto i demonii, che questi lo afferravano, che lo trascinavano e le sue grida paurose si udivano per tutta la casa. Quindi in preda ad un terrore sempre più profondo incominciò a fare una narrazione delle più abbominevoli. L'assistente, Ch. Giuseppe Bongiovanni, comandò a tutti i giovani della camerata, svegliati a quelle grida, che si turassero le orecchie. Al mattino si era calmata alquanto la febbre, ma Ric… avendo saputo quali rivelazioni avesse fatto quella notte in delirio, così infermo come era, fuggì a casa sua e mai più si vide, nè si ebbe di lui notizia.
D. Belmonte Domenico fu teste del fatto.
Passate le feste Natalizie D. Bosco, racconta D. Ruffino, cadde ammalato di risipola e tenne il letto per alcuni giorni. L'ultimo giorno dell'anno 1861 si sentì meglio. Alla sera disse di voler scendere in parlatorio. Era cosa contro il parere di tutti. Egli discende dalia stanza e sale in cattedra per dare secondo il solito la strenna generale a tutti i giovani plaudenti e così prende a parlare, secondo la cronaca di Don Bonetti:
Ho voluto discendere per vedervi e per parlarvi questa sera, perchè era persuaso, se non fossi venuto, che non vi avrei di quest'anno mai più veduti, nè più parlato (si ride.) L'anno 1861 è trascorso: quelli che l'hanno passato bene ora si troveranno contenti, gli altri se ne potranno pentire, ma quest'anno non potranno più averlo: il tempo passa irreparabilmente: fugit irreparabile tempus. Io son solito ogni ultima sera dell'anno dare ai miei figli alcuni ricordi per l'anno veniente. Ecco i ricordi che io vi do pel 1862.
Fatevi un grande impegno per ascoltar bene la S. Messa e ciascuno per parte sua si adoperi, nel promuovere la divota assistenza a questa. Quest'anno ho molto bisogno che voi facciate ciò che vi raccomando e mi sta molto a cuore l'ottenerlo. Noi siamo minacciati da grandi disastri. La S. Messa è il grande mezzo per placare l'ira di Dio e tener da noi lontani i castighi. Quindi si metta pure in pratica quel bel consiglio del Sacro Concilio di Trento: ogni volta che assistiamo alla santa Messa procuriamo di tenerci in tale stato di poter fare la nostra santa Comunione, per così viemaggiormente partecipare a questo augusto sacrificio. Ciascheduno facciasi un grande impegno per adempiere i doveri del proprio suo stato, cominciando da quelli che hanno qualche ingerenza nella casa. Taluno sarà capo di camerata, di studio, di laboratorio; capo di tavola: ebbene, si adoperi a tutto suo potere per disimpegnare quel suo uffizio. Ma mentre io ciò raccomando a quelli che sono in qualche modo superiori, non voglio dimenticare di raccomandare ai subalterni ubbidienza e sommissione. Se così farete, tutto procederà con ordine ed avremo un anno pieno di pace e di tranquillità. Io auguro poi agli artigiani che possano attendere allo studio della loro professione e venire capaci di guadagnarsi onoratamente il pane col sudore della propria fronte: auguro loro maggior sollecitudine per la salute dell'anima. Agli studenti io auguro che possano imparare la scienza profana, senza dimenticare la scienza dei santi. Ma quale augurio fate voi a Don Bosco? Mi pare di vedere nei vostri cuori il vivo desiderio che io viva lunghi anni. E io accetto ben di cuore questo vostro augurio. Io pure vi auguro molti anni e felici. Ma potrò assicurarvi che per voi tutti avrà effetto questo mio augurio? Eh! no! Forse al fine del 1862 non ci troveremo più tutti in vita. L'anno scorso in questa stessa sera dicevamo, che forse non ci saremmo più tutti trovati al mondo in questo giorno. Vi era pure con noi Martino ed egli eziandio, andava dicendo: - Chi sa chi sarà colui che deve andare all'altra vita? -E non si sarebbe mai più creduto di essere lui stesso. Eppure fu così. Venne sino quasi alla fine dell'anno, e poi se ne dovette partire circa al 26 del corrente. Con lui partirono un Maffei, un Quaranta, un Roggero. E se l'anno scorso che eravamo in minor numero, tuttavia quattro ci mancarono, potremo noi sperare di trovarci ancor tutti a questo mondo l'anno venturo, mentre siamo in numero maggiore? Teniamoci tutti preparati, affinchè la morte arrivandoci alle spalle ci trovi pronti a partir tranquilli per l'eternità. Quanto vi ho ora detto fa per tutti in generale.
Ma nei giorni finali degli altri anni, data la strenna generale, io era solito di darne ancora una particolare a ciascuno. E quest'anno farò ancora così? Si lo farò, e lo farò in modo che dopo che esiste l'Oratorio non ci capitò ancora una cosa simile. E una cosa singolare e straordinaria, però non posso dirvi ancora nulla fino a domani; pregate secondo la mia intenzione e vedrete che vi sarà una cosa che meritava di pregare. Domani a sera vi dirò poi tutto. Intanto dormite bene.
Con questo discorso D. Bosco terminava l'anno. Ma le sue parole dell'ultimo giorno e sera del 1861 dovevano dare argomento a quelle che avrebbe pronunciate nel primo giorno e sera del 1862. La gloria e misericordia di Dio, la bontà di Maria, la salvezza delle anime, risuonano ad ogni istante sopra le labbra innamorate, che le annunziano ai piccoli e ai grandi. La sua voce si unisce al coro dell'intero universo: Dies diei eructat verbunt et nox nocti indicat scientiam.
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