Sono ultimate le fondamenta e le volte del Pavimento della chiesa in costruzione - Il Duca Amedeo accetta di porvi la pietra angolare -Valido aiuto che prestano a D. Bosco i suoi preti - Il Teol. Borel -Memorabile triduo predicato da D. Bosco in preparazione alla Pasqua -Perchè D. Bosco riesce nelle lotterie - È formata la Commissione per la nuova lotteria - Conferenze e approvazione del programma -- Invito ai benefattori per assistere alla benedizione della pietra angolare della nuova chiesa in Valdocco - Generosità dell'ing. Spezia - Il S. Pontefice concede indulgenze a chi onora il mese di S. Giuseppe - Preparativi nell'Oratorio pel collocamento della pietra angolare. - La solenne benedizione di questa - Il Principe Amedeo nell'Oratorio; accademia in suo onore - Inno di ringraziamento a Dio - Ammirazione del Principe per le opere di D. Bosco e suoi doni per la chiesa e per i giovani dell'Oratorio - Una pianta di pomi - Due opuscoli in occasione della festa -Per le fatiche e la fede di D. Bosco la Chiesa è in quest'anno innalzata colle sue volte e coperta - Generosità di un fruttaiuolo.
del 06 dicembre 2006
 Intanto D. Bosco spingeva sempre avanti l'opera che allora gli stava più a cuore, cioè la costruzione della chiesa di Maria SS. Ausiliatrice. I lavori continuavano alacremente.
I sotterranei erano già ultimati e compiute tutte le volte che dovevano sorreggere il pavimento.
Il Servo di Dio con viva gioia vedeva avvicinarsi l'istante nel quale per la prima volta in quel prato, di immortale memoria, si sarebbe pubblicamente celebrato il nome di Maria Ausiliatrice, col porvi la pietra angolare del suo Santuario. Qui la Madonna gli aveva rinnovata la missione che aveagli manifestata quand'era ancor fanciullo e parve che allora si fosse rinnovato il dialogo che avvenne tra Debora e Barac:
- Se tu vieni con me, io andrò; se non vieni meco, io non mi muovo.
- E bene io verrò teco.
Era questa la promessa della Madre di Dio; e D. Bosco fin dal 1845, e anche prima, incominciò colle sue benedizioni a far meraviglie, le quali dimostravano che Maria SS. era con lui.
D. Bosco aveva dunque ragione di volere una festa quanto si poteva solenne, e perciò pregava il figlio del Re Vittorio Emanuele II, il Principe Amedeo, Duca d'Aosta, che era allora nei 20 anni, perchè venisse a mettere la pietra angolare della Chiesa; e il Principe gentilmente accettava l'invito.
D. Bosco poteva dedicarsi con maggior assiduità ai preparativi della festa, perchè incominciava a vedere i frutti preziosi della sua Pia Società. Da quattro anni, a tutte le tempora, qualcuno de' suoi chierici era assunto ai sacri ordini ed il numero de' suoi preti, coadiuvati da zelanti sacerdoti diocesani, permettevagli di farsi supplire quasi interamente nelle istruzioni domenicali della sera in Valdocco e negli Oratori di S. Luigi e dell'Angelo Custode. Egli riserbava per sè la narrazione della Storia. Ecclesiastica al mattino nella chiesa di S. Francesco di Sales, che continuò poi in Maria Ausiliatrice fino al 1869.
Un aiuto ammirabile egli continuava ad avere dal Teol. Borel, sempre pronto, umile e pieno d'amor di Dio. Questo zelante sacerdote una domenica fu chiamato a predicare nell'Oratorio dopo che aveva esercitato nel mattino il sacro ministero in varie chiese della città. Il messo lo trovò nel l'orto avanti alla sua casa nel Rifugio, mentre, essendo ancor digiuno, mangiava un peperone con un tozzo di pane. Udita la commissione, il buon sacerdote esclamò
- Ecco! il pranzo è fatto!
E senz'altro fu sul pulpito.
Il Teol. Borel era cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro: e i chierici dell'Oratorio un giorno stavano parlando dell'ingegnere Spezia e pronosticavano che presto egli sarebbe stato decorato di quella croce, come difatti avvenne; quando il Teologo, attraversando il cortile dopo la predica, si fermò un istante per salutarli, e quelli famigliarmente gli chiesero per qual motivo gli fosse stata conferita l'onorificenza Mauriziana. Ed egli ridendo:
- Non lo so neppur io. Forse perchè un giorno ho spento una spalliera di fiori finti che abbruciavano, mentre chierico di Corte servivo la Messa a palazzo, presente la regina Maria Teresa.
E rideva. Egli aveva sempre una buona parola per quanti incontrava e così se ne attirava la confidenza e l'affetto.
Una volta entrando in fretta nell'Oratorio, perchè era alquanto in ritardo per la predica, visto un giovane prete che lo aspettava per accompagnarlo, gli disse:
- Ma Lei non l'ho mai visto nell'Oratorio.
- Son pochi mesi che son venuto con D. Bosco.
- E intende fermarsi?
- Precisamente, se il Signore vorrà.
- Bravo, bene; si fermi qui, perchè è la casa di un santo. Coraggio! Non si lasci prendere dalla malinconia, non si turbi per qualche contrarietà o privazione. Sempre allegro! Perseveri nella sua decisione e sarà contento. C'è molto da fare, ma Iddio e la Madonna pagano bene.
E abbracciatolo si affrettò ad entrare in chiesa. Fortunato l'Oratorio che per tanti anni ebbe un tale amico!
Di lui e di altri sacerdoti di Torino Don Bosco servitasi anche per soddisfare le domande che gli venivano di predicazioni straordinarie, non solo in diocesi ma eziandio fuori di essa. Non di rado egli riceveva inviti da Vescovi e da parroci di dettare una missione, e non solo in borgate, ma anche in città cospicue. Potendo, egli accettava l'invito; ma se era impedito, ne incaricava i suddetti volenterosi suoi amici e anche taluno dei suoi giovani preti, ad esempio D. Giovanni Cagliero o D. Michele Rua.
Di quei giorni ebbe luogo una missione a Reggio Emilia e quel Vescovo ne riferiva a D. Bosco.
 
M. R. Sig. Padrone mio col.mo,
 
Non ho espressioni che valgano a significare a V. S. M. R. la mia gratitudine pel segnalatissimo favore di spedirmi due sì dotti, sì zelanti e veramente santi Missionarii, per dare un corso di spirituali esercizii in questa città. Hanno faticato indefessamente giorno e notte per più d'una settimana con tanto buon successo, con tanta soddisfazione e frutto spirituale di tutto il popolo, che proprio si è veduta la benedizione del Signore sopra di loro. Ho più volte pieno di consolazione ripetuto di essi le parole di S. Paolo: Beati pedes evangelizantium bona, evangelizantium pacem.
La ringrazio mille e mille volte, riveritissimo Signore, di tanta sua compiacenza, e se valessi mai a servirla in qualsiasi sua occorrenza gradirei sommamente tale occasione per confermarle i sensi della mia gratitudine e di quella parzialissima stima, con cui mi pregio di essere ecc., ecc.
Reggio, 1° Maggio 1865,
+ Pietro, Vescovo.
 
D. Bosco intanto, finiti i catechismi quotidiani della Quaresima, non solo sedeva interi giorni al tribunale di penitenza, ma predicava il triduo di preparazione alla Pasqua. In una di queste prediche trattò della sincerità in confessione e descrisse con sì vivi colori l'angoscia di Carlo (quel giovanetto morto dopo essersi mal confessato, nel 1849) e la sua ventura di essere stato risuscitato e di aver palesata la sua colpa ad un sacerdote prima di riaddormentarsi nel sonno della morte, che finito il racconto non potè più aggiungere una sola parola. Vinto dall'emozione si mise a piangere e a singhiozzare in modo che fu obbligato a interrompere il discorso e a scendere dal pulpito. Tutti i giovani rimasero come fuori di sè e stettero assai lungo tempo prima che si potessero intonare le litanie della Beata Vergine. Don Carlo Ghivarello e Giuseppe Bologna, essendo presenti, attestarono il fatto.
Mentre i giovani interni ed esterni adempivano all'obbligo della Comunione Pasquale, il Servo di Dio poneva fine alle pratiche iniziate per l'ordinamento della lotteria. Non dubitava punto del suo felice successo. Il Teologo Leonardo Murialdo, Rettore degli Artigianelli in Torino, anni dopo, vedendo le lotterie che D. Bosco faceva con esito felicissimo, mentre le sue approdavano a poco, lo interrogò del sistema che praticava per riuscir così bene. Il Servo di Dio gli rispose:
- Ecco come pratico io. Decisa la lotteria scelgo i più buoni e pii giovani dell'Oratorio e li conduco innanzi all'immagine di Maria SS. per ottenerne la benedizione. Fatto ciò, ci aiutiamo di mani e di piedi, per poter attendere alla sua buona riuscita.
Il Teologo stesso scrisse questa testimonianza.
In questo mese Don Bosco aveva  cercato di procurare alla nuova lotteria l'appoggio e la speciale protezione di varii principi di casa Savoia, che fu generosamente accordata; e riusciva a formare l'elenco dei personaggi che avevano accettato di far parte della Commissione. Eccone i nomi:
“ Membri della Commissione: Luserna di Rora' March. Emanuele, Sindaco della città di Torino, Presidente onorario. - Scarampi di Pruney March. Lodovico, Presidente. - Fassati March. Domenico, Vice-Presidente. - Moris cav. Giuseppe, Consigliere Municipale, Vice-Presidente. - Gribaudi sig. Giovanni Dott. in Med. e Chir., Segretario. -Oreglia di S. Stefano cav. Federico, Segretario. - Cotta Comm. Giuseppe, Senatore del Regno, Cassiere. - Anzino Teol. Can.
Valerio, Capp. di S. M., Direttore dell'esposizione. - Bertone di Sambuy Conte Ernesto, Direttore dell'esposizione. - Boggio Barone Giuseppe, Direttore dell'esposizione. - Bosco di Ruffino cav. Aleramo. - Bona Comm. Dirett. gen. dell'ammin. delle ferrovie merid. - Bosco sac. Giovanni, Direttore degli Oratori. - Cays di Giletta Conte Carlo, Direttore dell'esposizione - Duprà cav. Gio. Batt. Ragioniere alla Camera dei Conti. - Duprè cav. Giuseppe, Consigliere Municipale. Fenoglio Comm. Pietro, Economo generale. - Ferrari di Castelnuovo March. Evasio. - Giriodi cav. Carlo, Direttore dell'esposizione. - Minella sac. Vincenzo, Direttore dell'esposizione. - Pernati di Momo cav. comm. Min. di Stato Sen. del Regno. - Pateri cav. Ilario, Professore e Consigliere Municipale. - Provana di Collegno Conte ed Avvocato Alessandro. - Radicati conte Costantino ff. di Prefetto. - Rebaudengo comm. Gio. segr. gen. del Min. della Casa Reale. - Scarampi di Villanova cav. Clemente, Direttore dell'esposizione. - Solaro della Margherita conte Alberto. - Sperino Comm. Casimiro Dott. in Med. e Chirurgia. -Uccelletti sig. Carlo, Direttore dell'esposizione. - Vogliotti cav. Alessandro Can. Teol. Provicario Generale. - Villa di Monpascale conte Giuseppe, Direttore dell'esposizione. - Viretti sig. avv. Maurizio, Direttore dell'esposizione.
Sorsero nuove difficoltà per far accettare gli uffici che richiedevano maggiore responsabilità e lavoro; e varie furono le assemblee tenute dai più volenterosi di questi signori in una sala del palazzo Municipale. Ma il 16 aprile, giorno di Pasqua, e il 25 e il 26 dello stesso mese, presi gli opportuni concerti, fu approvato il programma e distribuite le incombenze.
Durante questo tempo tutto era stato apparecchiato per la posa della pietra angolare e il Servo di Dio aveva diramato ai fedeli il seguente invito:
 
 
Torino, 24 aprile 1865.
 
Benemerito Signore,
 
Con grande piacere partecipo a V. S. Benemerita che nel giorno 27 del corrente mese avrà luogo la benedizione della pietra angolare della Chiesa dedicata a MARIA Ausiliatrice.
Sua Altezza Reale il Principe Amedeo metterà la prima calce:
Sua Eccellenza il Vescovo di Casale farà la funzione religiosa.
Spero che fra gli insigni nostri benefattori, che in quel giorno ci onoreranno della loro presenza, avremo anche il piacere di poter annoverare la S. V. Benemerita.
Godo molto di questa bella occasione per offrirle gli omaggi della pi√π sentita mia gratitudine e di augurarle ogni bene dal Cielo, mentre ho l'onore di professarmi
D V. S. Benemerita
Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco Giovanni.
 
ORDINE DELLA FUNZIONE.
 
1° Il luogo della funzione è tra la Chiesa attuale di S. Francesco di Sales e la via Cottolengo.
2 ° La funzione sacra comincierà ad un'ora pomeridiana e si avrà adito dalla mentovata via Cottolengo.
3° Dopo si darà un piccolo trattenimento, in cui avranno luogo brevi rappresentazioni, concerti musicali: D. Procopio, L'Orfanello, Gianduja al pais d'la Cucagna, Dialogo: Coro nelle Prigioni di Edimburgo.
4° Visita della casa; canto del Te Deum colla benedizione del Venerabile.
 
A questo invito rispondeva l'ing. Spezia con una sua lettera, monumento di generosità.
 
Torino, aprile 186.5.
 
M. R. Sig. D. Bosco,
 
Ho ricevuto con piacere la notizia che S. A. il Principe Amedeo con altri alti personaggi verrà a mettere la prima calce sulla pietra angolare della nostra Chiesa.
Non mancherò sicuramente di far in modo di potermi trovare anch'io per dare coi disegni alla mano tutte quelle indicazioni e schiarimenti che taluno potesse desiderare per farsi un giusto concetto del risultato dell'Opera.
Intanto le trasmetterò il desiderato conto dei lavori fin d'ora eseguiti, ond'Ella ne possa conoscere la posizione finanziaria.
Quanto alla mia parcella d'onorarii, sì pel progetto ed assistenza alla costruzione della Chiesa, che per gli altri miei personali servigi prestati a cotesta casa di ricovero, non occorre occuparsene, dovendola Ella, come già le dissi, tenere per saldata senz'altra obbligazione di sorta; anzi ringrazio io lei stessa di pormi con ciò nel caso di potere prestare anch'io la mia opera a favore di una istituzione di tanta utilità e filantropia sotto tutti i rapporti sì religiosi che sociali.
Aggradisca, ecc.
Ing. Antonio Spezia.
 
Sorgeva sereno e tale mantenevasi fino a sera, il 27 aprile che doveva essere apportatore a D. Bosco di un'altra consolazione. Pio IX con un rescritto (rinnovato poi il 18 luglio 1877) concedeva a tutti quelli che dedicherebbero un intero mese con qualche pia pratica quotidiana di preghiere e di virtù ad onore di S. Giuseppe (in preparazione alla sua festa del 19 marzo) 300 giorni d'indulgenza in ciascun dì, e plenaria in un giorno, ad arbitrio, dello stesso mese, in cui veramente pentiti, confessati e comunicati, pregherebbero secondo l'intenzione del Sommo Pontefice; senza obbligo di visita ad alcuna chiesa. D. Bosco conosceva e predicava il valore inestimabile delle indulgenze e S. Giuseppe, dopo la Madonna, era stato proclamato protettore degli studenti e degli artigiani dell'Oratorio.
Pel dì suddetto adunque, che era un giovedì, gli apparati per la festa erano compiuti, e, quanto più si potè, in modo splendido. Tutto il piano della futura chiesa era coperto da un ampio tavolato di assi, a cui erano state sovrapposte tele larghe e coperte da letto per rimediare all'ineguaglianza delle tavole. Un piccolo altare di legno fu collocato allo stesso sito, ove il giorno innanzi secondo la rubrica si era innalzata una gran croce e dove poi doveva sorgere l'altar maggiore. Sull'altare vedevasi dominar la croce, fiancheggiata da cerei accesi e da vasi di fiori. L'altare era coperto di tele ornate da frange indorate e sopra di esso s'innalzava un maestoso padiglione, chiuso da tre lati ed aperto di fronte: la parte di dietro era formata da una bandiera nazionale recante in mezzo lo stemma sabaudo. Copriva il pavimento un prezioso tappeto. A destra era il coperchio della pietra fondamentale, la cazzuola, il martello d'argento, e l'astuccio per l'atto notarile. Sul centro della futura chiesa si stendeva un larghissimo tendone, ornato di frange e sorretto da quattro altissime antenne dipinte a fascie bianche e rosse. Nello spazio del cappellone in cornu Evangelii si innalzava un gran palco per i cantori, innanzi al quale stava la banda musicale. In cornu Epistolae, nello spazio dell'altro cappellone, un seggio con inginocchiatoio coperto di damaschi per il Principe Reale. All'entrata della chiesa ergevasi un arco trionfale con un'iscrizione e per una gradinata di legno salivasi allo spianato su cui doveva compiersi la cerimonia.
Ma il Vescovo di Casale Mons. di Calabiana, che doveva eseguire la sacra funzione, impedito da urgenti affari, si era scusato per telegramma, e D. Celestino Durando, mandato da D. Bosco a Susa, era tornato in quello stesso giorno con Mons. Giovanni Antonio Odone, che premurosamente aveva accettato l'invito.
Tutto era pronto, quando verso un'ora pomeridiana si levò un vento così impetuoso che pareva volesse stracciare e portar via tutto l'apparato. Ma dopo mezz'ora cessò. Sembrava che Satana avesse sfogata la sua ira, tentando d'impedire il sacro rito.
Una moltitudine di gente, la prima Nobiltà torinese ed anche non torinese, il Prefetto della città, il Sindaco con parecchi membri del Municipio, i signori della Commissione per la lotteria, schiere numerose di giovani accorsi da varie parti, la banda musicale con un centinaio di voci argentine erano in ordine per ricevere Sua Altezza Reale il Principe Amedeo di Savoia, duca d'Aosta. Superando molte e gravi difficoltà si era potuto ottenere presso la Direzione delle ferrovie che i giovanetti appartenenti alla Casa di Mirabello venissero in quest'occasione a formare una specie d'esercito coi loro compagni di Torino.
Alle 2 il Vescovo di Susa in mezzo a due file di chierici assumeva gli abiti pontificali, e giungeva Sua Altezza il Duca col suo nobile corteggio, salutato dalla marcia reale. Il Venerabile, in mantellina, lo ricevette al suo arrivo e lo accompagnò al posto per lui preparato e là si fermò ritto in piedi alla sua destra e tenendo aperto il rituale, dandogli a quando a quando qualche spiegazione.
Mons. Vescovo, dopo le preci e i salmi prescritti, asperse con acqua lustrale le fondamenta, e quindi seguito dal Principe, da D. Bosco e da altri illustri personaggi si recò presso la base del pilastro della cupola dal lato del Vangelo, che sorgeva già alquanto dal livello del pavimento. Qui il notaio, redatto un verbale di quanto si faceva, lo lesse ad alta voce.
“ L’anno del Signore mille ottocento sessantacinque, il ventisette aprile, ore due di sera; l'anno decimonono del Pontificato di Pio IX, de' Conti Mastai Ferretti, felicemente regnante; l'anno decimosettimo di Vittorio Emanuele II; essendo vacante la sede arcivescovile di Torino per la morte di Monsignor Luigi dei Marchesi Fransoni, Vicario Capitolare il Teologo Collegiato Giuseppe Zappata; curato della Parrocchia di Borgo Dora il Teologo Gattino Cav. Agostino; direttore dell'Oratorio di S. Francesco il sacerdote Bosco Giovanni; alla presenza di S. A. R. il Principe Amedeo di Savoia, Duca d'Aosta; del conte Costantino Radicati Prefetto di Torino; della Giunta Municipale rappresentata dal Sindaco di questa città Luserna di Rorà marchese Emanuele, e dalla Commissione promotrice di questa chiesa da dedicarsi a Dio Ottimo Massimo ed a Maria Ausiliatrice, Monsignor Odone G. Antonio Vescovo di Susa, avuta l'opportuna facoltà dall'Ordinario di questa Archidiocesi, ha proceduto alla benedizione delle fondamenta di questa chiesa e collocazione della pietra angolare della medesima nel pilastro grande della cupola nel lato del Vangelo dell'altare maggiore. In questa pietra sono state chiuse alcune monete di metallo e di valore diverso, alcune medaglie portanti l'effigie del Sommo Pontefice Pio IX e del nostro Sovrano, una iscrizione in latino che ricorda l'oggetto di questa sacra funzione. Il benemerito ingegnere architetto cav. Spezia Antonio ne concepì il disegno e con ispirito cristiano prestò e presta tuttora l'opera sua nella direzione dei lavori.
” La forma della chiesa è di croce latina, della superficie di mille duecento metri; motivo di questa costruzione è la mancanza di chiese fra i fedeli di Valdocco, e per dare un pubblico attestato di gratitudine alla gran Madre di Dio pei grandi benefizi ricevuti, per quelli che in maggior copia si attendono da questa celeste Benefattrice. L'opera fu cominciata, e si spera che sarà condotta a felice termine colla carità dei divoti.
” Gli abitanti di questo Borgo di Valdocco, i Torinesi ed altri fedeli da Maria beneficati, riuniti ora in questo benedetto recinto, mandano unanimi al Signore Iddio, alla Vergine Maria, aiuto dei cristiani, una fervida preghiera per ottenere dal Cielo copiose benedizioni sopra i Torinesi, sopra i cristiani di tutto il mondo, e in modo particolare sopra il Capo Supremo della Chiesa Cattolica, promotore ed insigne benefattore di questo sacro edifizio, sopra tutte le autorità ecclesiastiche, sopra l'augusto nostro Sovrano, e sopra tutta la reale Famiglia, e specialmente sopra S. A. R. il Principe Amedeo, che accettando l'umile invito diede un segno di venerazione alla gran Madre di Dio. L'Augusta Regina del Cielo assicuri un posto nella eterna beatitudine a tutti quelli che hanno dato o daranno opera a condurre a termine questo sacro edifizio, o in qualche altro modo contribuiranno ad accrescere il culto e la gloria di Lei sopra la terra ”.
 
Approvato questo verbale, fu sottoscritto da tutti quelli che furono sopra nominati e dai pi√π illustri personaggi che trovavansi presenti. Di poi fu piegato e fasciato col disegno della chiesa; e con una copia di un'iscrizione latina di D. Francesia, fu riposto in un vaso di vetro, appositamente preparato.
L'iscrizione era di questo tenore:
 
D. O. M. - UT VOLUNTATIS ET PIETATIS NOSTRAE - SOLEMNE TESTIMONIUM POSTERIS EXTARET - IN MARIAM AUGUSTAM GENITRICEM - CHRISTIANI NOMINIS POTENTEM - TEMPLUM HOC AB INCHOATO EXTRUERE - DIVINA PROVIDENTIA UNICE FRETIS - IN ANIMO FUIT - QUINTO TANDEM CAL. MAI. AN. MDCCCLXV - DUM
NOMEN CHRISTIANUM REGERET - SAPIENTIA AC FORTITUDINE PIUS PAPA IX PONTIFEX MAXIMUS -- ANGULAREM AEDIS LAPIDEM IOAN. ANT. ODO EPISCOPUS SEGUSINORUM - DEUM PRECATUS AQUA LUSTRALI RITE EXPIAVIT - ET AMADEUS ALLORROGICUS V. EMM. Il FILIUS EAM PRIMUM IN LOCO SUO CONDIDIT - MAGNO APPARATU AC FREQUENTI CIVIUM CONCURSU. -SALVE O VIRGO PARENS - VOLENS PROPITIA TUOS CLIENTES - MAIESTATI TUAE DEVOTOS - E SUPERIS PRAESENTI SOSPITES AUXILIO.
J. B. Francesia scripsit.
 
Chiuso ermeticamente, il vetro contenente il verbale venne collocato nel cavo fatto in mezzo alla pietra angolare, insieme con varie medaglie di Maria Ausiliatrice e monete d'oro, d'argento e di rame, coniate in quell'anno e immagini sacre e ritratti del Papa. Il venerando Prelato benedisse coll'aspersorio ogni cosa.
Vicino a lui attiravano gli sguardi di tutti i due fratelli Francesco e Michele Paglia che erano i più piccoli dei chierici, eguali per statura meno che media, e similissimi di fisionomia essendo gemelli. L'uno teneva in mano in un elegante vassoio d'argento una cazzuola e un martello, l'altro in eguale vassoio una piccola lastra. Il principe Amedeo incastrò questa sull'orlo del cavo praticato nella pietra angolare e vi pose sopra la prima calce. Quindi i muratori continuarono in quel punto il loro lavoro di costruzione fino all'altezza di oltre un metro.
Compiuti i riti religiosi, i prelodati personaggi entrarono nell'Oratorio. Nel cortile erano schierati in due file gli alunni.
Il Principe volle passarli in rivista: per due volte egli passò lentamente in mezzo a quelle schiere plaudenti, e si fermò innanzi alla banda musicale, compiacendosi nel vedere fra i suonatori alcuni giovani usciti dall'Oratorio, colla divisa del suo stesso reggimento.
Accompagnato da D. Bosco visitò quindi l'Ospizio dando spesso segno di gradimento alle frequenti ovazioni che i giovanetti gli facevano quando passava ad essi vicino; e poi cogli invitati si recò nella gran sala dello studio, ove D. Francesia salutò il Vescovo, il Principe, e gli altri signori con nobile poesia nella quale, fra le altre cose gentili, diceva a Sua Altezza:
 
Caro e diletto Principe,
Schiatta di santi eroi,
Quale pensier benefico
Ti mena qui fra noi?
Uso alle aurate reggie,
Del mondo allo splendore,
Del miser lo squallore
Degnasti visitar?
 
Bella speranza al popolo
In mezzo a cui tu vieni,
Possa tuoi giorni vivere
Calmi, dolci e sereni:
Mai sul tuo capo giovane,
Sull'alma tua secura,
Non strida la sventura,
Non surga amaro dì.
 
Cantato quest'inno, di cui si distribuirono fra i convenuti 1000 copie, si lessero varie altre poesie di attualità, si eseguirono diversi pezzi di musica vocale e istrumentale e si recitò un dialogo scritto da D. Bosco, nel quale si dava un resoconto sulla solennità del giorno.
Terminato il piacevole trattenimento, chiudeva la giornata una predica del Can.Lorenzo Gastaldi e una divota azione di grazie al Signore colla benedizione del SS. Sacramento nella chiesa di S. Francesco. S. A. R. e il suo corteggio avevano lasciato l'Oratorio alle cinque e mezzo, mostrandosi ognuno pienamente soddisfatto.
In quella sera l'augusto Principe aveva invitato a pranzo alcune notabilità, alle quali, dopo aver narrata la bella funzione a cui aveva assistito, diceva:
- È una vera meraviglia il bene che fa questo povero prete; facciano altrettanto, se sono capaci, molti altri che pur vantano grandi opere!
E fra gli altri segni di gradimento, commosso per le cordiali accoglienze ricevute dagli alunni dell'Oratorio, volle offrire dalla sua cassetta particolare una graziosa somma per concorrere anch'egli all'innalzamento del sacro edifizio, facendo così nella sua giovanile età omaggio della sua divozione alla gran Madre di Dio.
Nello stesso tempo avendo conosciuto come gli alunni di D. Bosco si esercitassero con piacere in giuochi di ginnastica, dispose che fosse loro recata in dono parte degli attrezzi della propria palestra.
Il generale Rossi annunziava a D. Bosco le generose disposizioni dei Principe:
 
CASA. DEI REALI PRINCIPI.
Torino, 4 maggio 1865.
 
S. A. R. il Principe Amedeo rammentando le accoglienze avute in cotesta Pia Casa, dove recossi a posare la prima pietra della nuova Chiesa, e volendo contribuire anch'Egli allo incremento di essa, ha determinato di mandare un'oblazione di lire 500 sul tenue suo particolare peculio.
La prego, Rev. Signore, di volerne spedir ricevuta al Contabile Sig. C. L. Doria.
Il Governatore dei Reali Principi
Rossi.
 
 
 
CASA DEI REALI PRINCIPI.
Torino, 4 maggio 1865.
 
S. A. R. il Duca d'Aosta, cessando il suo soggiorno a Moncalieri, avrebbe determinato di destinare a codesto benemerito Istituto diretto dalla S. V. Ill.ma una parte degli attrezzi di ginnastica che già servirono agli esercizii dell'A. S. R. e che potranno tornare utili agli allievi della S. V. Ill.ma.
Avrò cura di farle conoscere, in un coll'elenco di tali oggetti, il giorno e l'ora in cui le verranno consegnati, affinchè Ella possa delegare persona a riceverli e prendere gli opportuni concerti col Sig. Cav. Obermann sul modo di collocarli a sito.
Il Governatore dei Reali Principi
Rossi.
Il Servo di Dio lo contraccambiò di cuore con un dono singolare. Vicino al luogo della nuova chiesa, in un angolo del cortile, era cresciuto un alberello di pomi, che aveva messo varii bottoni. Don Bosco come lo seppe, meravigliato del caso, avvertì i giovani che non toccassero quell'albero e lasciassero maturare quelle mele, poichè aveva fatto disegno di mandarle in dono al Principe Amedeo.
Ed i giovani correvano, saltavano, e nessuno toccò quell'albero, sicchè le poma vennero a perfetta maturità e di una grossezza mirabile. Don Bosco più non pensava a quella proposta, quando un giorno uno di quei pomi cadde per maturità a terra. Un giovane prese una foglia, vi mise sopra il frutto, ed accompagnato da tutti gli altri, lo portò a Don Bosco in refettorio. Don Bosco fece allora raccogliere gli altri cinque e li mandò al principe, narrandogli il fatto. Il giovane Duca ringraziò D. Bosco dei regalo che gli aveva voluto fare inviandogli un'altra offerta, perchè comperasse a' suoi giovani un po' d'altra frutta, come diceva, in compenso delle saporitissime mele che essi gli avevano mandato.
Il Duca Amedeo serbò sempre grato ricordo del 27 aprile 1865. Nel 1884, recatosi al Santuario d'Oropa, tenne una sera un lungo discorso con Mons. Pietro Tarino, ragionando sul nuovo Santuario che in quel luogo si pensava di erigere, e sulle difficoltà che distornavano dall'incominciarlo. Il Principe avea preso a caldeggiare con forza il cominciamento di tale opera monumentale, esclamando fra l'altro:
- I tempi sono propizii per opere di questa fatta. Osservate D. Bosco! Con nulla in mano ha speso parecchi milioni e trova sempre persone benefiche che lo aiutano nelle grandi e coraggiose imprese alle quali si accinge.
D. Bosco intanto, subito dopo la festa solenne sopra descritta, a memoria dell'avvenimento ed anche perchè maggiormente si commovesse la pubblica carità, faceva stampare e divulgare il suo dialogo recitato al cospetto del Principe, intitolandolo Rimembranza, con un po' di storia della chiesa che si edificava e un breve cenno sulla posa della pietra angolare. Contemporaneamente i tipografi dell'Armonia pubblicavano un fascicolo intitolato: Divozione di Maria Ausiliatrice in Torino. È un compendio storico di due secoli, che finisce con un cenno della nuova chiesa in Valdocco.
I lavori per l'innalzamento del sacro edificio proseguivano colla massima celerità; ma non poteva bastare la lotteria a tutte le spese, e D. Bosco dava prove luminosissime di sua gran fede e divozione verso la SS. Vergine. L'impresa doveva costargli fatiche e cure indicibili per trovare i mezzi occorrenti, ed egli vi si sottopose quotidianamente di grande animo. Mancandogli moltissime volte il danaro per pagare gli operai, o per provvedere materiali, portavasi in persona, o scriveva ad ammalati e ad altri che sapeva essere in gravi angustie, esortandoli a ricorrere  con fiducia alla Beata Vergine con la promessa di qualche offerta per la fabbrica della sua chiesa. Così porgeva loro il mezzo di ottenere la grazia, provvedeva all'opera sua il necessario soccorso ed accresceva in pari tempo nei fedeli la gratitudine e la devozione verso la celeste benefattrice.
Per tal modo nel corso del 1865 l’edifizio fu condotto fino al tetto e coperto; e ne fu compiuta anche la volta, ad eccezione del tratto che doveva essere occupato dalla periferia della cupola.
Mentre si andavano compiendo tali costruzioni accadde un fatto, che fece meravigliare gli operai. Un povero rivenditore di frutta era venuto ne' primi giorni d'estate per far negozio delle sue merci nelle parti di Valdocco. Avendo saputo che la chiesa di Maria Ausiliatrice si stava costruendo col privato concorso dei fedeli, volle anch'egli prendervi parte. Con generoso sacrifizio per un povero uomo chiamò il direttore dei lavori e gli consegnò tutta la sua frutta, perchè la dividesse fra i muratori. Volendo poi compiere, secondo la sua espressione, l'opera incominciata, si fece aiutare a mettere sulle spalle una grossa pietra e s'incamminò su pei ponti. Tremava tutto il buon vecchio sotto il grave peso, ma gli pareva leggero pel fine religioso da cui sentivasi animato. Giunto alla cima depose il sasso, e tutto allegro esclamò:
- Ora muoio contento, poichè spero di potere, in qualche modo, partecipare a tutto il bene che si farà in questa chiesa!
 
 
 
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