Capitolo 9

Trasferimento del noviziato a Foglizzo.

Capitolo 9

da Memorie Biografiche

del 11 dicembre 2006

Non soltanto il crescente numero dei chierici consigliava di separare gli ascritti dai professi, ma tale separazione era imposta anche dalle esigenze canoniche. Al Capitolo Generale nella seduta pomeridiana del 2 settembre Don Bosco aveva ricordato come, allorchè fra Pio IX e il Segretario dei Vescovi e Regolari si trattava dell'approvazione delle Regole, si fosse parlato della necessità di dividere i novizi dagli studenti e gli studenti dai soci. Avere egli in tale circostanza fatto semplicemente osservare che c'era ancora bisogno di case, di persone, di novizi, di tutto; al che esserglisi risposto dal Papa. - Andate e fate come potete. Quindi il Santo proseguì conchiudendo: - Ora a misura che si può, si venga a queste divisioni, che sono indicate come utili e necessarie.

     Egli avrebbe potuto dire di più, che cioè in vista di tale separazione si stava già allestendo un edifizio apposito. Infatti a Foglizzo, cospicuo comune rurale distante sei chilometri da S. Benigno, aveva acquistato dai conti Ceresa di Bonvillaret un palazzo con le sue adiacenze, che mediante adattamenti poteva contenere, certo senza troppe comodità, anzi con non pochi nè piccoli disagi, un centinaio di persone; ma non credette bene in quel momento parlarne, probabilmente perchè non aveva ancora deciso se mandarvi i chierici professi ovvero i novizi. Argomentiamo così da quanto aveva detto in agosto a chi, nell'urgenza di conoscere la destinazione della nuova casa per aver agio di provvedere con risparmio i materiali occorrenti alle modificazioni da introdurvi, aveva risposto: - Lasciamo stare per ora; aspettiamo la festa della Presentazione di Maria Vergine al tempio. Allora il Signore e la Madonna ci ispireranno il da farsi. - Quella festa cade al 21 novembre. Forse era sua abitudine aspettare nelle feste della Madonna lumi speciali dal Cielo. Non indugiò tuttavia fino a quella data per risolvere; poichè Don Barberis accompagnò gli ascritti nella nuova sede il 14 ottobre. Per lo studentato filosofico la Provvidenza destinava, come vedremo, il collegio di Valsalice.

     Quando i novizi ne presero possesso, la casa non aveva ancora ricevuto la sua denominazione e il suo santo protettore. Solo ai 20 di ottobre il Capitolo Superiore, su proposta di Don Barberis, deliberò d'intitolarla a S. Michele Arcangelo. I verbali non aggiungono altro; ma quella deliberazione dovette essere ispirata dal desiderio di onorare così il Vicario di Don Bosco, dedicando al suo Santo la prima casa, e casa sì importante, aperta in Italia dopo la sua designazione all'alto ufficio.

     La cerimonia della solenne inaugurazione, fissata al 4 novembre, fu rallegrata dalla presenza di Don Bosco. Egli partì dall'Oratorio in compagnia di Don Rua e di Don Viglietti. Viaggiò in treno fino a Montanaro, la cui stazione dista circa cinque chilometri da Foglizzo. Là gli era venuta incontro in massa tutta la popolazione, preceduta dal clero locale e viciniore. Uno sciame di ragazzi gli si affollò intorno ed egli scherzava con loro, invitandoli tutti all'oratorio. Quando montò in carrozza e il cavallo si mise al trotto, quei fanciulli, con i loro zoccoli in mano o sotto il braccio, si diedero a correre dietro, e corsero finchè non vennero loro meno le forze.

     A mezzo cammino ecco i ragazzi di Foglizzo che lo attendevano agglomerati ai due margini dello stradone; anch'essi a piedi nudi accompagnarono, di gran corsa la vettura fino all'ingresso del paese, senza curarsi dei sassi franti che formavano uno strato scaglioso sotto le loro tenere piante. Gli abitanti del paese stavano ammassati qua e là da dove cominciavano le case fino alla chiesa parrocchiale. Alle prime case la vettura si fermò. Tosto si fece innanzi il Sindaco circondato dalla Giunta municipale e lesse a capo scoperto un suo discorsetto, nel quale si compiaceva della fortuna di poter accogliere un sì grand'uomo nel suo tanto piccolo paese. Udita la lettura, Doti Bosco lo invitò a sedergli allato; si procedette così a lento passo, dietro la banda musicale, per la via grande fra gli applausi di tutta la popolazione. Il festoso tintinnio delle campane e lo scoppio fragoroso di mortaretti aggiungevano quel che di stravolgente che nelle grandi occasioni manda in delirio i buoni terrazzani. “ È poi impossibile, riferiva l'Eporediese del 10, descrivere la gioia entusiastica, che la vista di Don Bosco destò negli ottanta giovanetti già raccolti in questa casa e nei degni lor superiori. Chi scrive queste linee vide egli stesso personaggi ragguardevoli, già attempati, piangere a tale spettacolo per viva commozione e farsi anch'essi un onore ed una premura di baciar le mani all'Uomo di Dio. Era infatti una tenerezza il veder Don Bosco sorretto e quasi portato di peso dai suoi Salesiani, mentre dal suo stabilimento recavasi alla casa parrocchiale, e rispondente ad ogni istante a chiunque gli volesse parlare, fosse un ragazzo od un adulto, un povero od un signore, almeno con uno sguardo o un sorriso. Il buon Prete non si regge più sulle sue gambe; epperò naturalmente si mostra un po' stanco: ma in tutto il resto è sempre giovane: faccia ridente, fronte serena, occhi vivaci e scintillanti, mente chiara, memoria tenace, conversazione amena; è amabilissimo. Appena i capelli cominciano a inargentarsi un poco ”.

Il prevosto Don Ottino offerse il pranzo nella canonica, invitando oltre alle autorità municipali anche i parroci dei dintorni. Rispondendo ai brindisi dei commensali Don Bosco

dichiarò fra l'altro che, venendo a fondare una sua casa a Foglizzo, era animato dalle più sincere intenzioni di fare per i giovanetti del luogo il maggior belle possibile. Questo disse con speciale riferimento alle parole di un sacerdote che aveva ricordato d'averlo visto tanti anni avanti attorniato da poche dozzine di ragazzi e con nessun altro aiutante all'infuori di sua madre, la quale faceva da cuoca, da cameriera, da custode, insomma un po' di tutto, mentre allora quei ragazzi eran divenuti legione e i suoi coadiutori si moltiplicavano ogni anno più nel vecchio e nel nuovo continente.

     Nel pomeriggio Doli Bosco passò un paio d'ore fra i suoi ascritti. Prima benedisse la loro cappella: cappella decente, ma povera; basti dire che era l'antica rimessa. Poi vestì dell'abito chiericale un centinaio di giovani, in mezzo ai quali spiccava nell'abituale suo umile atteggiamento il Servo di Dio Andrea Beltrami. Al termine della funzione si assistette ad una curiosa scena. Tutti i novelli chierici, uscendo dal sacro luogo, sfilavano attraverso al cortile, recando ognuno la sua sedia. Fu una sorpresa anche per Don Bosco, il quale domandò al direttore Don Bianchi la spiegazione del fatto. Questi gli rispose non esservi che una sola sedia per ciascuno in tutta la casa e doversela quindi i chierici portare seco in cappella, in istudio, in refettorio, in camera. Il Santo disse sorridendo: - Oh così mi piace! Questa casa incomincia bene.

     Il Servo di Dio, come abbiamo riferito altrove, aveva detto un giorno: - Don Barberis ha compreso bene Don Bosco. Per questo motivo Don Barberis fu da lui preposto ai novizi nell'Oratorio e a S. Benigno, sicchè divenne il Maestro ideale dei novizi salesiani. Affinchè dunque nel nuovo noviziato l'educazione religiosa fosse continuata a dovere, Don Bosco volle che Don Barberis ne tenesse l'alta direzione. La casa venne affidata a Don Bianchi, che per parecchi anni era stato a S. Benigno coadiutore fedele del Maestro e meritava tutta la fiducia; ma per conservarvi integro lo spirito voluto dal Fondatore, Don Barberis vi si recava il più sovente possibile, non mancandovi mai soprattutto nei mensili esercizi della buona morte.

     Il Santo ripigliò la via del ritorno nel pomeriggio del 5 fra le dimostrazioni più cordiali dei Foglizzesi e dei Montanaresi, ai quali ultimi, convenuti sulla piazza, dovette dare la sua benedizione. Della vestizione fatta rese conto, appena rientrato nell’Oratorio, alla signora Teodolinda Pilati di Bologna, come le aveva promesso prima di partire .

 

                                            Ill.ma Signora,

 

Sono di ritorno dalla funzione di Foglizzo. Ho benedetto l'abito a cento dieci leviti, che si aggiunsero alla schiera di altri circa 500 che tutti si preparano a fine di recarsi a lavorare fra i selvaggi. Li raccomando tutti alla carità sua e a quella della Sig. sua sorella affinchè crescano nella scienza e santità e così possano guadagnare molte anime al cielo.

     Non solo fo di tutto buon grado la novena che piamente desidera, ma è mia ferma intenzione di fare ogni mattino un memento speciale nella Santa Messa a sua intenzione e per tutte quelle cose che formano oggetto della sua carità e che sono tutte dirette ai vari bisogni di Santa Chiesa.

       Dio benedica Lei, i suoi parenti ed amici, e compatisca questo povero vecchio e semicieco che le sarà sempre in Gesù e Maria

 

[Manca la data].

Ob.mo Servitore

Sac. GIOV. BOSCO.

 

 

Il Cielo sembrò voler mostrare cori i fatti che la casa di Foglizzo era oggetto di una speciale provvidenza. Il 6 dicembre Don Bosco medesimo a Don Marenco e a Don Viglietti, che lo accompagnavano nella solita passeggiata pomeridiana, raccontò un tratto singolare della divina Bontà verso quel noviziato. Il Direttore, avendo assoluta necessità di una certa somma, venne a picchiare alla porta di Don Durando.

     Apriamo qui una parentesi. Perchè di Don Durando e non di Don Belmonte? Fallito l'esperimento della doppia direzione non tanto per difetto del sistema, quanto perchè Don Francesia si mostrò impari al bisogno , urgeva riordinare le cose dell'Oratorio sii altra base . Si tornò dunque alla direzione unica, la quale venne affidata all'autorità di Don Belmonte. Ma questo importava tale peso di responsabilità, che il nuovo Prefetto Generale avrebbe avuto bisogno della bilocazione per attendere contemporaneamente alle due mansioni; perciò Don Bosco volle che Don Durando continuasse di fatto a reggere la prefettura generale; il che permise a Don Belmonte di dedicare per due anni all'Oratorio la maggior parte della sua attività .

     Don Bianchi pertanto, presentatosi a Doli Durando, gli disse che gli mancavano 1960 lire per far fronte a liti impegno di somma urgenza. - Che vuole? gli fu risposto. Vengo adesso da Doli Bosco, il quale che ha dato tutto il danaro che era in casa. Non c'è altro. - Allora Doli Bianchi, messo tra l'incudine e il martello, infilò la porta di Doli Bosco, che, udito il caso, rispose: - Mali! non so proprio come fare a contentarti. Ho dato tutto or ora a Doli Durando. Però dev'essere giunta qualche cosa dopochè. egli è stato qui. Tuttavia non vi sarà, credo, tanto che basti. - Accostatosi al tavolino, tirò a sè il cassetto e ne trasse del danaro. Lo contarono; erano esattamente lire 1960!

     Di ben altro genere, Ma ancor più sorprendente è un secondo fatto, accaduto un Mese dopo. Nella vestizione del 4 novembre aveva ricevuto l'abito da Don Bosco anche il giovane marsigliese Lodovico Olive, che noi già conosciamo . Orbene in dicembre egli ammalò gravemente di tifo. Poichè il male destava serie inquietudini, ne f u avvertito Don Albera, che venne subito da Marsiglia e per agevolarne la cura lo fece trasportare all'Oratorio. La vigilia di Natale Don Bosco andò verso sera a visitare l'infermo e alla presenza del salesiano Don Roussin gli disse. -  Ti assicuro che la Madonna ti guarirà. - Eppure i medici davano beli poche speranze di vita.

     Il 28 arrivò il padre, che edificò quanti lo avvicinarono, con la sua rassegnazione al volere di Dio e piena confidenza in Lui Della Bontà divina egli aveva avuto di recente una prova in famiglia. Una sua figliuola sembrava non dover più vivere. Il 9 dicembre la giovinetta, sentendosi oltremodo sfinita, domandò che le si ponesse sul capo una berretta di Don Bosco, conservata in casa. Presa la berretta e piegatala, gliela posarono sulla testa. Pochi minuti dopo disse alla mamma che stava meglio e che le togliesse pure la berretta. Infatti s'addormentò, riposando alcune ore; del qual benefizio non aveva più potuto godere dacchè teneva il letto. Il giorno 18 suo padre telegrafava a Don Bosco per ringraziarlo delle preghiere fatte, aggiungendo: “ Clara da alcuni giorni va molto meglio. Domandiamo preghiere per buona convalescenza ”. Quand'egli partì per Torino, la convalescenza faceva il suo corso normale. Quivi poi, pranzando con Don Bosco, gli fece alla fine un complimento, al quale il Santo rispose: - Faremo un brindisi in Marsiglia, quando in capo alla tavola ci sarà Lodovico bell'e guarito.

     Non è a dire quanto conforto recassero queste parole al cuore del padre. Tuttavia i dottori Vignolo, Gallenga, Fissore, Albertotti e un altro dichiararono suo figlio spedito. Ma quello che non potevano i medici, lo poteva bene Colei che è salus infirmorum. Nella notte dal 1, al 4 gennaio Don Bosco fece un sogno, descritto da lui medesimo nella forma seguente.

 

     Non so se fossi sveglio o nel sonno, nemmeno potei accorgermi in quale camera od abitazione mi trovassi, quando una luce ordinaria cominciò a rischiarare quel luogo.

       Dopo una specie di rumore prolungato apparve una persona intorniata da molte e da molte altre che si andavano avvicinando. Le persone, i loro ornamenti, erano così luminosi, che ogni altra luce restò come tenebre, a segno che non si poteva più tenere il guardo fisso sopra nessuno degli astanti.

     Allora la persona che pareva alle altre di guida si avanzò alquanto e incominciò in latino a parlare così: Ego sum humilis ancilla quam Dominus misit ad sanandum Ludovicum tuum infirmum. Ad requiem ille iam erat vocatus; nunc vero ut gloria Dei manifestetur in eo, ipse animae suae et suorum curam adhuc habebit. Ego sum ancilla cui fecit magna qui potens est et sanctum nomen eius. Hoc diligenter perpende et quod futurum est intelliges. Amen .

     Dette queste parole l'abitazione ritornò nella prima oscurità ed io rimasi tutta la notte tra veglia e sonno, ma senza forza e come privo di cognizione. Al mattino mi sono dato premura di avere novella del giovane Ludovico Olive e mi venne assicurato che dopo una buona notte egli era entrato in reale miglioramento. Amen.

 

Torino, 4 - 1887.

 

La notte appresso rivide la medesima apparizione, che in lingua latina gli diede per il bene della Congregazione e dei giovani, parecchi avvertimenti da lui così riferiti.

 

Continuatio verborum illius, quae se dixerat anciliam Domini: - Ego in altissimis habito ut ditem filios diligentes me et thesauros eorum repleam. Thesauri adolescentiae sunt castimoniae sermonum et actionum. Ideo vos ministri Dei clamate nec unquam cessate clamare: Fugite partes adversas, sive malas conversationes. Corrumpunt bonos mores colloquia prava. Stolta et lubrica dicentes difficillime corriguntur. Si vultis mihi rem pergratam facere custodite bonos sermones inter vos et praebete ad invicem exemplum bonorum operum. Multi ex vobis p mittunt flores et porrigunt spinas mihi et Filio meo.

Cur saepissime confitemini peccata vostra et cor vestrum semper longe est a me? Dicite et operamini iustitiam et non iniquitatem. Ego sum mater quae diligo filios meos et eorum iniquitates detestor. Iterum veniam ad vos ut nonnullos ad veram requiem mecum deducam. Curam eorum geram uti gallina custodit pollos suos.

Vos autem, opifices, escote operarii bonorum operum et non iniqui­tatis. Colloquia prava sunt pestis quae serpit inter vos. Vos qui in sortem Domini votati estis, clamate, ne cessetis clamare, donec veniat qui vocabit

vos ad reddendam rationem villicationis vestrae. Deli Delictae meae esse cum filiis hominum, sed osane tempos breve est: agite ergo viriliter dum tempos habetis etc..

Die 5 Ianuarii 1887.

 

Quella mattina del 5, fatto chiamare Don Lemoyne, gli manifestò ogni cosa, dando luogo a un dialogo, di cui il suo interlocutore ci lasciò memoria. Com'ebbe esposto quanto aveva veduto e udito, proseguì: - E ora ti ho chiamato, perchè tu mi dia consiglio. Debbo far sapere alla famiglia Olive quello che ho sognato?

      - Lo sa meglio di me, rispose Don Lemoyne, che la Madonna è sempre stata tanto buona con lei.

 - Oh sì, è vero.

      - E che tanti di questi suoi sogni si sono avverati a puntino.

      - È vero.

      - E quindi, se mi permette, e per darne gloria a Dio, li chiamo visioni, perchè tali sono.

 - Hai ragione.

      - Dunque noi abbiamo ogni ragione di credere che anche questo sogno sia cosa soprannaturale che si avvererà e che Olive, benchè disperato dai medici, guarirà.

 - E quale sarebbe dunque il tuo consiglio?

      - Per usare, se lei crede, un po' di prudenza umana, io direi di cominciare a far correre la voce che Don Bosco ha sognato di Olive e che nel sogno gli parve di aver concepito liete speranze.

 - Ebbene, si faccia così.

      - Ma lei, Don Bosco, faccia il piacere, scriva questo sogno. So che stenta molto a scrivere, ma si tratta della Madonna. Se il fatto si avvera, ecco un documento della materna bontà di Maria.

 - Ebbene scriverò. - E scrisse così come qui sopra abbiamo riferito.

     Crediamo di non dover tacere un'altra circostanza. In una di quelle notti il chierico Olive, quando stava malissimo, aveva sognato che Don Bosco era entrato nella sua camera a visitarlo, dicendogli: - Sta' tranquillo, fra dieci giorni verrai tu a trovarmi in mia camera. - La vivezza del sogno lasciò nell'infermo la persuasione che Don Bosco in persona fosse stato da lui e rifiutava di prestar fede a chi gli asseriva il contrario. Il 10 gennaio le cose andavano tanto bene, che il padre ripartì per la Francia. Il 12 Lodovico si alzò; il 24 comparve nel refettorio del Capitolo durante il pranzo, accolto dai Superiori con grandi manifestazioni di gioia. Ristabilitosi completamente in salute, non fece più ritorno a Foglizzo, ma andò per volere di Don Bosco a continuare il suo noviziato in patria . La sua salute si mantenne così buona che gli permise di prendere parte nel 1906 alla prima spedizione di Missionari salesiani per la Cina, dove fino al 1921, anno della sua santa morte, esercitò un fecondo apostolato.

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