Capitolo 9

Un regalo del Papa ai giovani degli Oratorii - La festa delle Corone - Articolo di un giornale cattolico - Lettera del Cardinale Antonelli - Indulgenze.

Capitolo 9

da Memorie Biografiche

del 23 novembre 2006

Se in Valdocco regnava l'affetto per il sacerdote, altrove incancreniva l'astio contro la Chiesa. Benedetto XIV aveva concesso al Piemonte, in Vicariato perpetuo, alcuni feudi ecclesiastici coll'obbligo di pagare ogni anno in Roma, ai 28 di giugno, un calice di 2000 scudi: questo patto era stato confermato con solenne convenzione ai 5 gennaio del 1740, e sempre erasi mantenuto.

Nel 1850 però non si volle più pagare il calice, perchè lo Stato proclamava sè  padrone di tutto e la Chiesa un'associazione senza diritti. Ma l'angelico Pio IX, benchè in tante maniere offeso, amava i Piemontesi e porgeva al figli di Don Bosco novella occasione di grande esultanza. I lettori ricorderanno che quando il Papa ricevette in esilio il loro piccolo obolo di lire 33, lo mise in disparte per farne a suo tempo, come ci disse, un uso particolare. Durante il suo soggiorno in Gaeta, il Santo Padre aveva parlato più volte di detta offerta, e con alta compiacenza l'aveva mostrata ad alcuni viaggiatori, che si erano recati ad ossequiarlo. Or bene, un dì egli chiamò a sè  l'Eminentissimo Cardinale Antonelli, prese quella piccola somma, vi aggiunse quanto occorreva e gli disse: “Mandate a comperare con questo denaro altrettante corone”. Fu tosto eseguito l'ordine, e se ne comperarono ben 60 dozzine, riposte in due grossi pacchi. Avutele a sè , Pio IX le benedisse, e di propria mano le consegnò alla prelodata Eminenza, dicendo: “Queste corone si mandino agli artigianelli del prete Bosco, e sia questo un segno dell'amor di padre verso i suoi figli”. Ricevuto l'augusto comando, l'Eminentissimo Antonelli spediva quel regalo al Nunzio Apostolico in Torino, accompagnandolo colla lettera seguente:

 

Ill.mo e Rev.mo Signore,

 

Memore di quanto partecipava a V. S. Ill.ma e Rev.ma col mio dispaccio del 14 maggio dell'anno scorso, le rimetto per mezzo del Console generale pontificio in Genova due pacchi di corone benedette da Sua Santità, da distribuirsi ai buoni artigianelli del sacerdote Bosco.

Avrei voluto prima d'ora dar effetto a questa dimostrazione del Santo Padre, se la moltiplicità e la gravezza degli affari me ne avesse dato agio.

Ella si compiaccia di far gradire il dono per l'alta sua provenienza, e con sensi della pi√π distinta stima mi confermo Di V. S. Ill.ma e Rev.ma

Portici, 2 aprile 1850.

 

G. Card. ANTONELLI.

 

 

Chi rifletta che il Papa è la persona più grande e più veneranda che esista sulla terra, chi osservi agli affari sterminati e di gravissimo momento che Pio IX aveva in quei giorni tra mano, non tarderà a riconoscere che questa sua sollecitudine per poveri fanciulli era di un valore impareggiabile. Per la qual cosa quando Don Bosco loro annunziò che l'amabilissimo Pontefice, prima di lasciare il suo esiglio, non solamente erasi ricordato della loro pochezza, ma aveva mandato un regalo, il loro cuore giovanile trasalì di gioia e loro tardava mille anni di esserne a parte. Ben ponderata la singolarità della cosa, D. Bosco, ritornato dagli Esercizii di S. Ignazio, ove il Curato di S. Dalmazzo in Torino avea predicato le istruzioni e il Vicario Generale di Fossano le meditazioni, giudicò di distribuire quelle corone, in modo solenne, celebrando in quella occasione una festa particolare a perpetua ricordanza del fatto. Questo venne ancora ricordato colla pubblicazione, di un libretto, scritto da D. Bosco, col titolo: Breve ragguaglio della festa fattasi nel distribuire regalo di Pio IX ai giovani degli Oratorii di Torino. Torino, 1850, Tipografia Eredi Botta.

Giunse pertanto la domenica 21 luglio; la chiesa era apparata a festa. Alla sera tutti i giovani degli Oratorii si radunarono in quello di S. Francesco di Sales, siccome primario. Sebbene un buon numero rimanesse fuori della Cappella, tuttavia questa n'era gremita. Brosio Giuseppe, il bersagliere, colla sua grande armata faceva ala per il buon ordine. Il chiarissimo Padre Barrera della Dottrina Cristiana, oratore di alto grido, recitava un bellissimo discorso di opportunità. Il modo chiaro e dignitoso, le tenere espressioni con cui egli parlò del supremo Pastore della Chiesa, trassero l'attenzione dei giovani uditori e li commossero profondamente. Tra le altre cose egli diceva: “Sapete, giovani, perchè Pio IX vi mandò questo regalo? Vel dirò io: Pio IX è tutto tenerezza per la gioventù, ed ancor prima che fosse Papa, si occupava in più guise per istruirla, educarla, avviarla alla virtù. Egli vi mandò una corona, perchè , ancor semplice secolare, era grandemente divoto di Maria Santissima. Io, io stesso lo vidi più volte in pubblico ed in privato a dar segni non ordinari di divozione verso la Gran Madre di Dio”.

Finita la predica e impartita la benedizione col Venerabile, i giovani l'uno dietro all'altro passarono in fila dinanzi all'altare, e ciascuno riceveva una corona dalle mani del canonico Giuseppe Ortalda, che ne faceva la distribuzione, assistito dal teologo Simonino e dal suddetto Padre Barrera. I grani delle corone erano rossi, incatenati con un filo di metallo bianco, Coi giovanetti, tra i quali erano Rua Michele e Savio Ascanio, trovavansi eziandio parecchi sacerdoti ed altri addetti all'Oratorio; ed era spettacolo edificante il vederli accostarsi tutti con venerazione e stimarsi fortunati di possedere un oggetto regalato dal Vicario di Ges√π Cristo. Stante l'immenso numero degli accorsi, non furono sufficienti le corone venute dal Papa. Quindi se ne dovettero provvedere parecchie centinaia in Torino e distribuirle colle altre per non lasciare alcuno malcontento.

Fatta la distribuzione ed usciti di chiesa, un giovane si presentò dinanzi ai sacri Ministri, circondati da parecchi distinti personaggi, e a nome de' suoi compagni prese a dire

 

Illustrissimi Signori,

 

“Se fosse un principe, un re, un imperatore, che volgendo uno sguardo benigno sopra alcuno de' suoi sudditi, si degnasse di fargli un dono, sarebbe favore grande da rendere compiutamente pago e glorioso il suddito fortunato.

”Che poi il Successore del Principe degli Apostoli, il Capo della Cattolica Religione, il Vicario di Gesù Cristo, dal mezzo delle molteplici cure, cui deve attendere nel reggere e governare l'universo mondo cattolico, rivolga un pensiero verso di noi poveri artigianelli, questa, ah sì questa è degnazione sì grande, che ci rende altamente confusi, e nella nostra umiliazione siamo solo capaci di parlare cogli affetti della gratitudine.

”Ma se mai nella pochezza nostra potessimo far giungere le nostre parole all'orecchio di sì buon Padre, coraggiosi vorremmo dare uno sfogo al nostro cuore con dire: Beatissimo Padre, noi comprendiamo l'alta provenienza e la grandezza del dono che ci avete fatto, e conosciamo in pari tempo il dovere di gratitudine che ci stringe. Ma come mai possiamo adempirlo? Coi mezzi di fortuna? No, questo noi non possiamo, e nemmeno voi tali cose ambite. Forse con elegante discorso? Noi non siamo da tanto. Ah! sappiamo ben noi, o Beatissimo Padre, ciò che voi volete.

”E’ l'amor di padre che vi spinse a ricordarvi di noi, e noi come figli affezionati conserveremo tutto il nostro amore per Voi e per quel Dio, di cui in terra siete rappresentante. Nè  giammai il nostro labbro si schiuda a profferire parola, che possa tornare discara a tale benefattore, nè  giammai il cuor nostro concepisca un pensiero indegno della bontà di un sì tenero Padre.

”Il desiderio che noi tendiamo alla virtù vi spinse a ricordarvi di noi; e noi vi accertiamo che strettamente uniti a quella divina Religione, di cui siete Capo supremo, noi sapremo sostenerla, offerendoci pronti a perdere qualsiasi cosa, fosse anche la vita, anzichè rimanerne per un solo momento separati.

”Del resto, lasciando alla sublime sapienza di Vostra Santità a supplire all'insufficienza nostra, diciamo unanimi che, riconoscendo in Voi il Successore del Principe degli Apostoli, il Capo della Chiesa Cattolica ed unica vera Religione, a cui chi ricusa di essere unito perisce eternamente, supplichiamo la Santità Vostra, che si voglia degnare di aggiungere un nuovo beneficio coll'impartire a noi, vostri umili figli, l'apostolica benedizione,

”In simile guisa noi, sempre memori di questo avventuroso giorno, in tutto il viver nostro serberemo caro un sì bel dono, e nell'ultimo respiro ci sarà dolce il dire: Il Vicario di Gesù Cristo, il grande Pio IX, usando un tratto dell'immensa sua bontà, mi ha regalato una corona con appeso un crocifisso, quale per l'ultima volta divotamente baciando, spiro l'anima mia in pace.

”Voi intanto, illustrissimi Signori, se in qualche modo poteste far giungere questi nostri sentimenti al supremo nostro Gerarca, vi saremmo sempre mai riconoscenti dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini, rendendovi grazie le più cordiali e perenni”.

 

Proferite queste parole, alcuni giovanetti offerivano un mazzetto di fiori, ed altri festosamente cantavano:

 

Degnatevi d'accogliere

Questo d'amor tributo,

A onor nostro indicibile,

Signori, a voi dovuto.

Sulla prima alba, al sonito

Del bronzo mattutino,

Nel povero giardino,

Colto l'abbiam per voi.

Per voi, che in dì festevole,

Sacro al buon cuor di Pio,

A noi degnaste porgere

Quant'Ei ne fece invio.

Pel che serbiam durevole

Di lui memoria, e il cuore

Rispondagli in amore,

Gli serbi pura fè ,

 

Finito il canto, da tutte le parti risonarono prolungati e festevoli EVVIVA PIO IX, EVVIVA IL VICARIO DI GESÙ CRISTO! Nè  sarebbero così presto finiti gli applausi, se il bersagliere non avesse sonata la tromba, chiamando i compagni al divertimenti della manovra militare. Per rendere più varia la festa si diede una finta battaglia, cioè la difesa e l'assalto di una specie di fortezza, cinta da piccoli tumoli che ne rappresentavano i bastioni. I difensori e gli assalitori spiegarono tanta energia, vivacità e obbedienza agli ordini dei comandanti, che i signori invitati se ne mostrarono molto contenti ed un generale d'armata che era nel cortile, esclamò: - I giovani di D. Bosco sarebbero capaci di difendere la patria.

La festa delle corone levò in Torino non lieve rumore. Dappertutto se ne parlava, portando a cielo la bontà di Pio IX, e prendendosi in viemmaggiore stima gli Oratorii festivi, siccome da lui favoriti e benedetti. Anche i giornali se ne occuparono, ed uno dei più accreditati ne pubblicava un articolo così ben concepito, che mancheremmo al dovere di storici se qui non lo riportassimo. Eccolo pertanto:

“Un nuovo tratto, così l'Armonia del 26 luglio 1850, un nuovo tratto di generosità venne a rivelare al mondo, essere tuttavia costante quel cuore già tanto acclamato del Vicario di Gesù Cristo. Fu questo il dono che faceva distribuire ai giovanetti dei tre Oratorii di questa capitale. Vogliamo sperare che alcuni cenni a questo riguardo non riusciranno discari al leggitori.

E oggimai noto a tutti come alcuni zelanti sacerdoti vanno rinnovando tra noi gli esempi dei Vincenzi de' Paoli e dei Geronimi Emiliani. Si pigliano a levare dai pericoli delle strade e delle piazze tutti quei giovanetti che, abbandonati a se stessi, consumerebbero inutilmente, per non dire malamente, il dì festivo: li radunano in luogo riparato per istruirli nelle verità religiose, nelle cose più necessarie al vivere socievole ed intrattenerli quel dì in onesti divertimenti. Questa opera caritatevole, che moveva da tenuissimi principii, fu così benedetta dal Signore che ora grandeggia. Non conta ancora due lustri di vita, e già novera più d'un migliaio di giovanetti che assiduamente vi accorrono. Un luogo solo non bastando più a dare ricetto a tutti, tre vennero aperti nei punti principali della città. Il Senato del Regno, dietro unanime deliberazione, instava presso il Governo del Re, affinchè sostenesse un'istituzione così benemerita della religione e della società. Il Municipio delegava un'apposita Commissione per riconoscere il bene che si operava e coadiuvarlo.

Finalmente lo stesso Sommo Gerarca Pio IX, dall'alto del suo trono pontificale, rivolgendo l'occhio paterno alle piccole non meno che alle grandi opere di beneficenza cristiana, si compiaceva di benedirla e promuoverla nella maniera seguente.

Quando questo glorioso Successore di S. Pietro esulava in Gaeta, i buoni fedeli, ad imitazione di quanto operavano i primitivi cristiani verso del Principe degli Apostoli, andavano a gara non solo nell'innalzare fervide preci all'Altissimo, affinchè gli alleviasse le fatiche, addolcisse le pene dell'esilio e presto lo ridonasse alla sua Sede, ma inoltre vedevano, secondo le loro forze, di concorrere a fornirgli quel mezzi materiali, che erano indispensabili per condurre vita meno dura in terra non sua. Tra questi non furono degli ultimi i giovani dei tre Oratori di Torino. Deponendo il loro obolo nelle mani del Sacerdote Don Giovanni Bosco (tale è il nome dello zelante ecclesiastico che dirige quest'Opera), ne lo pregavano lo facesse umiliare al Santo Padre per mezzo di S. E. il Nunzio Apostolico.

Nella tenue ma generosa offerta Pio IX, ad imitazione di Lui che rappresenta in terra, vide i due denari della vedova evangelica, e disse: Questo dono è troppo prezioso perchè si abbia a consumare come gli altri; vuol essere tenuto quale una cara memoria; ed in ciò dire vi scriveva sopra il nome dei donatori e lo poneva in serbo. Ritornato sott'occhio il dono in epoca meno trista, mandava ordine si acquistassero due grossi pacchi di corone portanti appesa una crocetta, e queste, benedette di sua mano, inviava al prelodato sacerdote, affinchè fossero distribuite ai giovanetti degli Oratorii.

Veniva tale funzione fissata la domenica testè  passata 21 luglio, e nell'Oratorio centrale situato nella regione di Valdocco.

Come tutti furono radunati, il benemerito Padre Barrera, con quel suo chiaro e fervido dire che illumina le menti e rapisce i cuori, li intratteneva intorno al prezioso dono. Pigliava le mosse accennando al fatto biblico del giovane Daniello e compagni, i quali a fronte di tutte le arti di seduzione, adoperate con loro alla corte del re babilonese, vollero rimanersi fedeli alla religione e alle leggi dei padri loro, e n'ebbero perciò da Dio un premio temporale come saggio ed arra dell'eterno. - Così voi, proseguiva, coll'esservi serbati fedeli alla religione di Gesù Cristo, devoti al suo Vicario, non solo nella prospera, ma ancora nell'avversa sorte, chiudendo l'orecchio ai detti di quei sedotti e seduttori, che intendevano a consigliarvi diversamente, vi meritaste questa dolcissima caparra, che vi manda il Redentore per mezzo del suo Vicegerente. - Entrava poi a ragionare del dono, toccando di volo come gli antichi Romani usavano incoronare di quercia quei che con qualche azione eroica si erano segnalati nel porgere aiuto o scampo ai concittadini, e mostrava come Pio IX, regalandoli di quella corona, mirava ad incoronare la fortezza da loro spiegata: vedessero di tenerla in sommo pregio, di valersene onde pigliare animo in ogni sorta di combattimenti, che loro toccasse di sostenere per la causa di Dio; rimirando la crocetta che portava appesa ricordassero come solamente il patire con Cristo apre la via alla gloria da lui meritataci.

La brevità di un articolo non ci permette di tener dietro alle moltissime cose da lui discorse, segnatamente allora quando entrava a trattare del tema suo prediletto, la divozione alla divina Madre, e, per invogliarli ad amarla viemmeglio, loro ricordava l'esempio dell'adorato Pontefice, il quale fin dagli anni più teneri le era vissuto divotissimo.

Tenero spettacolo era mirar tanti giovani pendere attentissimi dal labbro del facondo dicitore e bevere avidamente ogni parola; sensibilissima era la commozione che un tal dire destava in quei vergini cuori, massime allorchè toccando l'oratore del modo, col quale essi dovevano rispondere a tanta premura del Santo Padre, lor diceva: - Amor si paga con amore; pensate ora all'amore che vi portò Pio IX, mentre fra tanti figliuoli, che novera di dove nasce fin dove tramonta il sole, fra tante occupazioni che assediano continuamente quel cuore, pensò a voi, operò per voi; vedete perciò di amarlo, ma amarlo tanto! chè chi è con lui è con Cristo; promettete perciò, giurategli fedeltà, amore sino alla morte. - Se a tali detti rimaneva muto il labbro di quei giovanetti, parlava però eloquentemente il loro volto infiammato, lo sguardo, le lagrime, che a non pochi cadevan dagli occhi, talchè ognuno poteva accertarsi essere il Sommo Pio ardentemente riamato da quei cuori. Appena finito il sermone, in riconoscenza si facevano pregare ad alta voce Gesù Sacramentato pel Sommo, Pontefice, poi pel Sovrano e Reale Famiglia e per tutti i sudditi loro. Impartitasi la benedizione del Venerabile, ricevevano a' piè dell'altare la corona regalata da Pio IX. Bello era il veder come, avutala, non finivano mai di baciarla e stringerla al cuore.

Usciti dal tempio, un drappello di milizia cittadina, allevata nello stesso Oratorio, la quale aveva presieduto al buon ordine della funzione, eseguiva alcune evoluzioni militari; un coro di giovani scioglieva col canto un inno di grazie all'immortale Pontefice, mentre il resto faceva echeggiar l'acre di lieti evviva, e portava alle stelle il nome venerato del Vicario di Ges√π Cristo.

Così chiudevasi una lietissima festa di famiglia promossa dal Padre dei credenti. Le molte persone ecclesiastiche e secolari accorse ad essere spettatrici, vedendo la religione sì profondamente radicata in quei teneri cuori, bene auguravano di lei, ed a noi, che eravamo tra quelle, pareva veder avverato il verso dei salmo: Ex ore infantium et lactentium perfecisti laudem propter inimicos tuos, ut destruas inimicum et ultorem.” Fin qui l'egregio periodico.

Qualche tempo dopo la lesta delle corone, D. Bosco, per mezzo del cardinale Antonelli, mandava i suoi e i figliali ringraziamenti de' giovani al Santo Padre per l'inviato regalo e vi univa la relazione di detta festa. Sua Eminenza, informatone Pio IX, ne comunicava ben tosto l'alta soddisfazione a D. Bosco medesimo, e gliene rendeva pur grazie con questa benevolissima lettera:

 

Illustrissimo Signore,

 

Rassegnai al Santo Padre il contenuto del foglio di V. Signoria Ill.ma del 29 del p. p. mese, col quale esprimeva i sensi di arato animo da Lei concepiti e dai suoi alunni per l'invio delle corone benedette. La Santità Sua ne provò una vera soddisfazione, e si augura che i giovanetti alle sue cure affidati proseguano nel sentiero della virtù.

Accolse poi benignamente l'istanza che Ella mi compiegava, e la medesima è già in corso.

Ho ricevuto gli esemplari inviatimi del libretto pubblicatosi in occasione dell'invio medesimo, e La ringrazio di tal pensiero. Speriamo che il Signore, mosso ancora dalle orazioni che incessantemente si porgono negli Oratorii da Lei diretti, si degni concedere alla Chiesa giorni pi√π felici.

Con questa fiducia ho il piacere di confermarle la mia distinta stima.

Di V. S. Ill.ma

Roma, 13 settembre 1850.

Aff.mo per servirla

GIACOMO CARD. ANTONELLI.

 

 

 

Sono questi ben chiari argomenti della smisurata bontà del Romano Pontefice verso D. Bosco e verso i suoi giovanetti.

Così la Chiesa fin d'allora esternava il proprio gradimento ad un'opera, che mostrava di riuscire altamente vantaggiosa alla società civile ed alla Religione cattolica.

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