CAPO XII

Il pensiero di guadagnare anime a Dio lo accompagnava ovunque. In tempo libero era l'animo della ricreazione; ma quanto diceva o faceva tendeva sempre al bene morale o di sé o di altri. Aveva ognor presente que' bei principii di educazione, di non interrompere gli altri quando parlano.

CAPO XII

da Spiritualità Salesiana

del 05 maggio 2009

Episodii e belle maniere di conversare coi compagni.

Il pensiero di guadagnare anime a Dio lo accompagnava ovunque. In tempo libero era l’animo della ricreazione; ma quanto diceva o faceva tendeva sempre al bene morale o di sé o di altri. Aveva ognor presente que’ bei principii di educazione, di non interrompere gli altri quando parlano. Se per altro i com­pagni facevano silenzio, egli tosto met­teva fuori questioni di scuola, di storia, di aritmetica, ed aveva sempre alla mano mille storielle, che rendevano amabile la sua compagnia. Se mai taluno avesse rivolto il discorso intorno a cose che fossero mormora­zioni o simili, egli lo interrompeva e met­teva fuori qualche facezia od anche una fa­vola o altra cosa per far ridere, e intanto distoglieva il discorso dalla mormorazione ed impediva l’offesa di Dio tra’ suoi compagni.

La sua aria allegra, l’indole vivace lo rendevano caro anche ai compagni meno amanti della pietà, per modo che ognuno godeva di potersi trattenere con lui, e pren­devano in buona parte quegli avvisi che di quando in quando suggeriva.

Un giorno un suo compagno desiderava andarsi a mascherare, ed egli non voleva. Saresti contento, gli diceva, di divenir real­mente quale vuoi vestirti, con due corna sulla fronte, con un naso lungo un palmo, con un abito da ciarlatano? Mai no, rispose l’altro. Dunque, soggiunse Domenico, se non desideri avere questo sembiante, perché vuoi comparir tale e deturpare le belle fattezze che Dio ti ha donato?

Una volta in tempo di ricreazione accadde che un uomo si avanzò in mezzo ai giovani che si divertivano; e voltosi ad uno di loro si mise a discorrere, ma con voce alta che tutti i circostanti potevano udire. L’astuto, onde trarli vicino a sé, da principio si diede a raccontare cose strane per far ri­dere. I giovani tratti dalla curiosità in breve gli furono attorno affollati, e attenti pendeva­no dal suo labbro nell'udire quelle stranezze. Appena si vide così circondato, fece cadere il discorso su cose di religione, e, come suol fare tal sorta di gente, gettava giù degli strafalcioni da far inorridire, mettendo in burla le cose più sante e screditando tutte quante le per­sone ecclesiastiche. Alcuni degli astanti, non potendo soffrire tali empietà e non o­sando opporsegli, si contentarono di ritirar­si. Un buon numero incautamente continuava ad ascoltarlo. Intanto per caso sopraggiunse il Savio. Appena poté conoscere di che ge­nere fosse quel, discorso, rotto ogni rispetto umano, subito si rivolse ai compagni: An­diamocene, disse, lasciamo solo quest’infe­lice; egli ci vuol rubare l’anima. I giovani ubbidienti alla voce di un sì amabile e virtuoso compagno, tutti quanti si allonta­narono prontamente da quell’inviato del demonio. Questi, vedutosi così da tutti ab­bandonato, se ne partì senza più lasciarsi vedere.

Altra volta alcuni volevano andarsi a ba­gnare, la qual cosa, se è altrove pericolosa, lo è assai più nel circondario di Torino, ove, senza parlare dei pericoli d’immora­lità, trovansi acque sì profonde ed impe­tuose, che spesso i giovani restano vittima infelice del nuoto. Se ne accorse Domenico, e cercava di trattenersi con loro raccontando or questa, or quell’altra novità. Ma quando li vide decisi di volersene assolutamente andare, allora si pose a parlare risoluto: No, disse, io non voglio che andiate.

- Noi non facciamo alcun male.

- Voi disubbidite ai vostri superiori, voi vi esponete al pericolo di dare o rice­vere scandalo, o di rimaner morti nell’ac­qua, e questo non è male?

- Ma, noi abbiamo un caldo che non ne possiamo pi√π.

- Se non potete più tollerare il caldo dì questo mondo, potrete poi tollerare il caldo terribile dell’inferno, che voi vi andate a meritare?

Mossi da queste parole cangiarono divisamento e si posero seco lui a fare ricreazione, e all’ora dovuta andarono in chiesa per as­sistere alle sacre funzioni.

Alcuni altri giovani dell’Oratorio amanti del bene de’ loro compagni si unirono in una specie di società per darsi alla conversione dei discoli. Savio vi apparteneva ed era dei più zelanti. Se avesse avuto un confetto, un frutto, una croce, una medaglia, un’im­magine o simili, le riserbava per questo scopo. Chi lo vuole, chi lo vuole, andava dicendo. Io, io, da tutti si gridava correndo verso di lui. Adagio, egli diceva, voglio darlo a chi meglio mi risponderà ad una domanda di catechismo. Intanto egli inter­rogava solo i più discoli, ed appena essi davano risposta alquanto soddisfacente fa­ceva loro quel piccolo regalo.

Altri poi erano guadagnati in altre ma­niere: li prendeva, li invitava a passeggiare con lui, li faceva discorrere, se occorreva, giuocava con loro. Fu talvolta veduto con un grosso bastone sulle spalle che sembrava Ercole colla clava, giuocare alla rana, vol­garmente cirimella, e mostrarsi perdutamente affezionato a quel giuoco. Ma ad un tratto so­spendeva la partita e diceva al compagno

Vuoi che sabato ci andiamo a confessare? L’al­tro per la distanza del tempo e per ripigliare presto la partita e anche per compiacerlo rispondeva di sì. Domenico ne aveva ab­bastanza e continuava il giuoco. Ma nol perdeva più di vista: ogni giorno o per un motivo o per l’altro gli richiamava sempre quel si alla memoria, e gli andava insinuando il modo di confessarsi bene. Venuto il sabato, qual cacciatore che ha colto buona preda, l'accompagnava in chiesa, lo precedeva nel confessarsi, per lo più ne preveniva il con­fessore, si tratteneva seco dopo a fare il ringraziamento. Questi fatti, che pur e­rano frequenti, tornavano a lui della più grande consolazione e di grande vantaggio ai compagni; perciocché spesso avveniva che taluno non riportasse alcun frutto da una predica udita in chiesa, mentre arren­devasi alle pie insinuazioni di Domenico.

Avveniva qualche volta che taluno il lu­singava tutta la settimana e poi al sabato non lasciavasi più vedere per l’ora di confessarsi. Come poi lo vedeva di nuovo, quasi scherzando gli diceva; eh! biricchino! me 1' hai fatta. Ma vedi, dicea l’altro, non era disposto, non mi sentiva... Poverino, sog­giungeva Domenico, hai ceduto al demonio che era assai ben disposto a riceverti; ma ora ancor più sei indisposto, anzi ti vedo tutto di mal umore. Orsù fa la prova di an­darti a confessare, fa uno sforzo e procura di confessarti bene e vedrai di quanta gioia sarà ripieno il tuo cuore. Per lo più dopo che quel tale erasi confessato andava tosto da Domenico col cuore pieno di contentezza: È vero, diceva, sono veramente contento; per l’avvenire voglio andarmi a confessare più sovente.

Nelle comunità di giovani sogliono esser­vene alcuni che o per essere alquanto rozzi, ignoranti, meno educati o cruciati da qualche dispiacere, sono per lo più lasciati da parte dai loro compagni. Costoro soffrono il peso dell’abbandono, quando avrebbero maggior bisogno del conforto di un amico.

Questi erano gli amici di Domenico. Loro si avvicinava, li ricreava con qualche buon discorso, loro dava buoni consigli; quindi spesso è avvenuto che giovani, decisi di darsi in preda al disordine, animati dalle caritatevoli parole del Savio ritornavano a buoni sentimenti.

Per questo motivo tutti quelli che ave­vano qualche incomodo di salute dimanda­vano Domenico per infermiere, e quelli che avevano delle pene provavano conforto esponendole a lui. In questa guisa egli aveva la strada aperta ad esercitare continuamente la carità verso il prossimo ed accrescersi merito davanti a Dio.

 

san Giovanni Bosco

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