Chiunque ha letto le cose che abbiamo scritto intorno al giovanetto Savio Dome¬≠nico, non si maraviglierà che Dio siasi de¬≠gnato di favorirlo di doni speciali, facendo risplendere le virtù di lui in molte guise.
del 05 maggio 2009
Emulazione per la virtù del Savio. – Molti si raccomandano a lui per ottenere celesti favori, e ne sono esauditi. – Un ricordo per tutti.
Chiunque ha letto le cose che abbiamo scritto intorno al giovanetto Savio Dome­nico, non si maraviglierà che Dio siasi de­gnato di favorirlo di doni speciali, facendo risplendere le virtù di lui in molte guise. Mentre egli ancor viveva, molti si davano sollecitudine per seguirne i consigli, gli e­sempi ed imitarne le virtù; molti anche mossi dalla specchiata condotta, dalla san­tità della vita, dall’innocenza de’ suoi co­stumi, si raccomandavano alle sue preghiere. E si raccontano non poche grazie ottenete per le preghiere fatte a Dio dal giovane Savio mentre egli era ancora nella vita mortale. Ma dopo morte crebbe assai verso di lui la confidenza e la venerazione.
Appena giunse tra noi la notizia di sua morte, parecchi suoi compagni lo andavano proclamando per santo. Si radunarono essi per recitare le Litanie per un defunto; ma invece di rispondere ora pro eo, cioè Santa Maria, pregate pel riposo dell’anima di lui, non pochi rispondevano: ora pro nobis: Santa Maria, pregate per noi. Perché, dice­vano, a quest’ora Savio gode già la gloria del Paradiso e non ha più bisogno delle nostre preghiere.
Altri poi soggiungevano: Se non è andato direttamente al Paradiso Domenico Savio, che tenne una vita così pura e così santa, chi potrà, mai dirsi che ci possa andare? Laonde fin d’allora diversi amici e com­pagni, che ammirarono le sue virtù in vita, studiavano di farselo modello nel bene o­perare e cominciavano a raccomandarsi a lui come a celeste protettore.
Quasi ogni giorno si raccontavano grazie ricevute ora pel corpo ora per l’anima. Io ho veduto un giovane che pativa mal di dente che lo faceva smaniare. Raccoman­datosi al suo compagno Savio con breve pre­ghiera, ebbe calma sull’istante, e finora non andò più soggetto a questo desolante ma­lore. Molti si raccomandarono per essere liberati dalle febbri e ne furono esauditi. Io fui testimonio di uno che istantaneamente ottenne la grazia di essere liberato da ga­gliarda febbre ([1]). Ho sott’occhio molte re­lazioni di persone che espongono celesti fa­vori da Dio ottenuti per intercessione del Savio. Ma sebbene il carattere e l’autorità delle persone che depongono questi fatti siano per ogni lato degne di fede, tuttavia essendo esse ancor viventi, stimo meglio di ommetterli per ora e contentarmi di riferire qui soltanto una grazia speciale ottenuta da uno studente di filosofia, compagno di scuola di Domenico. L’anno 1858 questo giovane incontrò gravi incomodi di salute. La sua sanità fu così alterata che dovette interrompere il corso di filosofia, assoggettarsi a molte cure e in fine dell’anno non gli fu possibile di subire l’esame. Stavagli molto a cuore di potersi almeno preparare per l’esame di Tutti i Santi, perciocché in tale guisa avrebbe impedito la perdita di un anno di studio. Ma, aumentandosi i suoi incomodi, le sue speranze andavano ognor scemando. Si recò a passare il tempo autunnale ora coi parenti in patria, ora con amici in campagna, e già parevagli di avere alquanto migliorato nella sanità. Ma giunto a Torino e postosi per poco tempo a studiare, egli ricadde peggio di prima. «Io era vicino agli esami, egli de­pone, e la mia salute trovavasi in deplo­revole stato. I malori di stomaco e di capo mi toglievano ogni speranza di poter subire il desiderato esame, che per me era cosa della massima importanza. Animato da quanto udiva raccontare del mio amato com­pagno Domenico, volli anch’io a lui rac­comandarmi facendo a Dio una novena in onore di questo mio collega. Fra le pre­ghiere che mi era prefisso di fare era questa: Caro compagno, tu che a somma mia con­solazione e fortuna mi fosti condiscepolo più di un anno, tu che santamente meco gareggiavi per primeggiare nella nostra classe, tu sai quanto io abbia bisogno di subire il mio esame. Impetrami adunque, ti prego, dal Signore un po’ di salute, af­finché io mi possa preparare.
Non era ancor compito il quinto giorno della novena, quando la mia salute comin­ciò a fare così notabile e rapido migliora­mento, che tosto potei mettermi a studiare, e con insolita facilità, imparare le materie prescritte e prendere benissimo l’esame. La grazia poi non fu di un momento, imper­ciocché attualmente io mi trovo in uno stato di regolare salute, che da oltre un anno non ho più goduto. Riconosco questa grazia ottenuta da Dio per intercessione di questo mio compagno, mio famigliare in vita, mio aiuto e conforto ora che gode la gloria del cielo. Sono oltre due mesi che tale grazia fu ottenuta, e la mia sanità continua ad es­sere la medesima con grande mia consola­zione e vantaggio.»
Con questo fatto io pongo termine alla vita del giovine Savio, riservandomi a stam­pare più sotto alcuni altri fatti in forma d’appendice, nel modo che sembrano tornare a maggior gloria di Dio e vantaggio delle anime. Ora, o amico lettore, giacché fosti benevolo di leggere quanto fu scritto di questo virtuoso giovanetto, vorrei che ve­nissi meco ad una conclusione che possa apportar vera utilità a me, a te e a tutti quelli cui accadrà di leggere questo libretto; vorrei cioè che ci adoperassimo con animo risoluto ad imitare il giovane Savio in quelle virtù che sono compatibili col nostro stato. Nella povera sua condizione egli visse una vita la più lieta, virtuosa ed innocente, che fu coronata da una santa morte. Imitiamolo nel modo di vivere ed avremo una doppia caparra di essergli simili nella preziosa morte.
Ma non manchiamo d’imitare il Savio nella frequenza del Sacramento della con­fessione, che fu il suo sostegno nella pra­tica costante della virtù, e fu guida sicura che lo condusse ad un termine di vita co­tanto glorioso. Accostiamoci con frequenza, e con le dovute disposizioni a questo bagno di salute nel corso della vita; ma tutte le volte che ci accosteremo al medesimo non manchiamo di volgere un pensiero sulle con­fessioni passate per assicurarci che siano state ben fatte, e se ne scorgiam il bisogno rimediamo ai difetti che per avventura fos­sero occorsi. A me sembra che questo sia il mezzo più sicuro per vivere giorni felici in mezzo alle afflizioni della vita, in fine della quale vedremo anche noi con calma avvicinarsi il momento della morte. E al­lora colla ilarità sul volto, colla pace nel cuore andremo incontro al nostro Signore Gesù Cristo, che benigno ci accoglierà per giudicarci secondo la sua grande misericor­dia e condurci, siccome spero per me e per te, o lettore, dalle tribolazioni della vita alla beata eternità, per lodarlo e benedirlo per tutti i secoli. Così sia.
 
[1] Tale venerazione e confidenza nel giovine Savio crebbe grandemente da che fu ivi fatto un curioso rac­conto dal genitore di Domenico, che è pronto a con­fermare la sua asserzione in qualunque luogo e in presenza di qualunque persona. Egli espose la cosa così:
«La perdita di quel mio figliuolo, egli dice, mi fu causa di profondissima afflizione, che si andava fomen­tando dal desiderio di sapere che si fosse avvenuto di lui nell’altra vita. Dio mi ha voluto consolare. Circa un mese dopo la sua morte, una notte, dopo essere stato lungo tempo senza poter prender sonno, mi parve di vedere spalancarsi il soffitto della carnera in cui dormiva, ed ecco in mezzo ad una grande luce com­parirmi Domenico con volto ridente e giulivo, ma con aspetto maestoso ed imponente. A quel sorprendente spettacolo io sono rimasto fuori di me. O Domenico! mi posi ad esclamare: Domenico mio! come va? Dove sei? sei già in paradiso? Sì, padre, rispose, io sono veramente in paradiso. Deh! io replicai, se Iddio ti ha fatto tanto favore di poter andar a godere le fe­licità del cielo, prega pei tuoi fratelli e sorelle, affinché possano un giorno venir con te. Sì, sì, padre, ri­spose, pregherò Dio per loro affinché possano un giorno venire con me a godere l’immensa felicità del cielo. Prega anche per me, replicai, prega per tua madre, affinché possiamo tutti salvarci e trovarci un giorno insieme in Paradiso. Sì, sì, pregherò. Ciò detto di­sparve, e la camera tornò nell’oscurità come prima.»
Il padre assicura, che depone semplicemente la ve­rità e dice che né prima ne dopo, né vegliando né dormendo, ebbe ad essere consolato da somigliante apparizione.
san Giovanni Bosco
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