Ecco il messaggio preparato dalla Commissione episcopale della Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, in preparazione alla 63ª Giornata nazionale del Ringraziamento in programma il prossimo 10 novembre.
Carissimi giovani, ci rivolgiamo direttamente a voi quest’anno, in occasione della Giornata nazionale del Ringraziamento per i frutti della terra, come Vescovi incaricati della pastorale sociale e del lavoro. Lo facciamo avendo davanti a noi in primo luogo l’icona di Martino, giovane ufficiale romano, che, di fronte alle necessità di un povero infreddolito, taglia il suo mantello in due e lo condivide, donando un raggio di sole e di calore che resterà sempre impresso nella memoria di tutti noi. San Martino ci insegna a vivere la vita come un dono, facendo sgorgare la speranza laddove la speranza sembra non esserci.
Ci colleghiamo così alle costanti esortazioni di Papa Francesco: «Prima di tutto, vorrei dire una cosa, a tutti voi giovani: non lasciatevi rubare la speranza! Per favore, non lasciatevela rubare! E chi ti ruba la speranza? Lo spirito del mondo, le ricchezze, lo spirito della vanità, la superbia, lo spirito del benessere, che alla fine ti porta a diventare un niente nella vita» (Discorso agli studenti delle scuole gestite dai gesuiti in Italia e in Albania, 7 giugno 2013). Questo appello è stato rilanciato ai giovani di tutto il mondo, in occasione della veglia di preghiera a Copacabana: «Cari amici, non dimenticate: siete il campo della fede! Siete gli atleti di Cristo! Siete i costruttori di una Chiesa più bella e di un mondo migliore!» (Veglia di preghiera con i giovani, Rio de Janeiro, 27 luglio 2013).
Atleta era Martino, atleti siete voi, carissimi giovani, che avete scelto di restare nella vostra terra per lavorare i campi, con dignità e qualità, per fare della vostra campagna un vero giardino. Vi siamo grati e sentiamo che questa vostra vocazione rinnova l’intera società, perché il ritorno alla terra cambia radicalmente un Paese e produce benessere per tutti, ravviva la luce negli occhi degli anziani, che non vedono morire i loro sforzi, interpella i responsabili delle istituzioni. Abbiate consapevolezza di essere persone che vanno controcorrente, come vi ha esortato il Papa: «Voi giovani, siate i primi: andate controcorrente e abbiate questa fierezza di andare proprio controcorrente. Avanti, siate coraggiosi e andate controcorrente! E siate fieri di farlo!» (Angelus, 23 giugno 2013).
Certo, tra voi c’è anche chi lavora in campagna rassegnato, perché non ha trovato altro e forse vorrebbe una realtà di lavoro diversa, magari più gratificante. Ci permettiamo di esortarvi: non rassegnatevi, ma siate protagonisti, trasformando la necessità in scelta, immettendo in essa una crescente motivazione che si farà qualità di vita per voi, per le vostre famiglie, per i vostri paesi. Pensiamo anche ai giovani immigrati, che lavorano nei campi, negli allevamenti, nella raccolta della frutta. Anche a voi suggeriamo di fare di tutto per esprimere una qualità e una professionalità crescente, in particolare attraverso lo studio e la conoscenza delle lingue, per farvi apprezzare ed entrare così a fronte alta nel mercato del lavoro rurale, che vi riconosce ormai indispensabili.
Agli imprenditori agricoli italiani chiediamo di valorizzare la passione lavorativa di chi arriva nelle nostre terre, creando le condizioni per un’inclusione e un’integrazione graduale, consapevoli che solo così tutti ne avranno vantaggio. Non ci sia sfruttamento, ma rispetto, valorizzazione e dignità. Alla luce dell’ascolto quotidiano che, come vescovi, compiamo nelle visite pastorali, all’interno della realtà rurale delle nostre diocesi, ci sembra poi opportuno indicare una serie di limiti e di freni che incontrano oggi i giovani che desiderano ritornare alla terra e suggerire alcune attenzioni necessarie.
1 - Non sempre, nelle famiglie e nelle scuole, c’è stima adeguata per chi sceglie di fare l’imprenditore agricolo. Per questo è importante alimentare l’apprezzamento, da parte di tutta la società, per il lavoro della terra, affinché sia considerato come ogni altra vocazione e tutti i lavoratori vedano riconosciuta la stessa dignità, anche in termini economici.
2 - La burocrazia è spesso lenta e impacciata nell’attuazione di miglioramenti fondiari; le risorse finanziarie sono difficilmente reperibili; il credito non viene concesso agevolmente dalle banche. Tutto questo chiede che le nostre comunità cristiane accompagnino i giovani impegnati nel lavoro dei campi. Ci permettiamo anche un appello, rispettoso ma convinto, a chi va in pensione, affinché metta gratuitamente a disposizione dei giovani la propria esperienza imprenditoriale o amministrativa, aiutando così quel volontariato intellettuale da parte degli adulti che è il più bel contributo per la crescita del bene comune.
3 - Perché si freni lo spopolamento dei nostri paesi di montagna, è urgente investire sulle comunicazioni, sia nelle strade che nella rete telematica: diversamente, i nostri giovani saranno invogliati a cercare altrove possibilità di lavoro. Solo la permanenza dei giovani nei paesi, con la formazione di nuove famiglie, rallenterà lo spopolamento dei nostri centri.
4 - Chiediamo che le associazioni e i movimenti cattolici accompagnino i giovani imprenditori agricoli, creando per loro gruppi di sostegno sparsi nel territorio, utilizzando anche le nuove tecnologie telematiche. Nessuno da solo può pensare di restare sulla terra come imprenditore agricolo: troppe sono le fatiche e gli ostacoli. I giovani vanno spronati a fare alleanza fra le generazioni, come ci insegnano gli Orientamenti pastorali per questo decennio (cfr nn. 29 - 32).
5 - Fondamentale resta per ogni giovane il gesto di Martino: condividere quello che abbiamo, spartirlo fraternamente, poiché la fraternità è il fondamento e la via per la pace. Solo da questo stile di condivisione nascerà la fiducia nelle cooperative e nei consorzi, nei quali è possibile realmente diffondere il prodotto tipico di una terra, trasformandolo da marginale a identitario.
In questa Giornata ci sentiamo particolarmente vicini, nelle nostre Chiese locali, a tutti gli agricoltori d’Italia. Ci uniamo a loro anzitutto nella preghiera, richiamata emblematicamente nel momento dell’Angelus, come ritratto ad esempio nella famosa tela del pittore Jean-François Millet. Agli agricoltori desideriamo esprimere poi la nostra gratitudine per la loro fatica. Il nostro grazie si unisce al Magnificat di Maria di Nazareth, giovane come voi, carissimi! Pronta allo stupore e sollecita verso la cugina Elisabetta, Maria ci rassicura con il suo canto di lode, perché anche i piccoli e i poveri possono vincere nella battaglia della vita. Vi indichiamo anche la figura di San Giuseppe, definito dal Papa «custode, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda e sa prendere le decisioni più sagge» (Omelia nella Santa Messa per l’inizio del ministero petrino del Vescovo di Roma, 19 marzo 2013).
Vi benediciamo con affetto.
La Commissione episcopale per i problemi
sociali e il lavoro, la giustizia e la pace
CEI
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