Celibato e verginità

Celibato e verginità nella Chiesa sono un segno luminoso dell'amore per Dio e per i fratelli, che parte da un rapporto sempre più intimo con Cristo nella preghiera e si esprime nel dono totale di se stessi. Il celibato è una testimonianza di fede: la fede in Dio diventa concreta nella forma di vita che solo a partire da Dio, dall'innalzare continuamente mente e cuore a Lui cioè nella preghiera continua, ha un senso.

Celibato e verginità

«Ci siamo raccolti in preghiera, rispondendo all’invito dell’Inno ambrosiano dell’Ora Terza: “È l’ora terza. Gesù Signore sale ingiuriato la croce”. È una chiaro riferimento all’amorosa obbedienza di Gesù alla volontà del Padre. Il mistero pasquale ha dato principio a un tempo nuovo: la morte e risurrezione di Cristo ricrea l’innocenza nell’umanità e vi fa scaturire la gioia… In questo momento viviamo il mistero della Chiesa nella sua espressione più alta, quella della preghiera liturgica. Le nostre labbra, i nostri cuori e le nostre menti, nella preghiera ecclesiale, si fanno interpreti delle necessità e degli aneliti dell’intera umanità. Con le parole del salmo 118 abbiamo supplicato il Signore a nome di tutti gli uomini: “Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti… Venga a me, Signore, la tua grazia”. La preghiera quotidiana della Liturgia delle Ore costituisce un compito essenziale del ministero ordinato nella Chiesa. Anche attraverso l’Ufficio divino, che prolunga nella giornata il mistero centrale dell’Eucaristia, i presbiteri sono in modo particolare uniti al Signore Gesù, vivo e operante nel tempo. Il Sacerdozio: quale dono prezioso! Voi cari seminaristi che vi preparate a riceverlo imparate a gustarlo fin da ora e vivete con impegno il tempo prezioso nel Seminario!...

Se Cristo per edificare la sua Chiesa, si consegna nelle mani del sacerdote, questi a sua volta si deve affidare a Lui senza riserva: l’amore per il Signore Gesù è l’anima e la ragione del ministero sacerdotale, come fu premessa perché Egli assegnasse a Pietro la missione di pascere il proprio gregge: “Simone…mi ami più di costoro?...Pasci i miei agnelli (Gv 21,15)”. Il Concilio Vaticano II ha ricordato che Cristo “rimane sempre il principio e la fonte dell’unità di vita dei presbiteri. Per raggiungerla, essi dovranno perciò unirsi a Lui nella scoperta della volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge loro affidato. Così rappresentando il Buon pastore, nell’esercizio stesso della carità pastorale troveranno il vincolo della perfezione sacerdotale che realizzerà l’unità nella loro vita e attività” (PO, 14). Proprio su questa questione si è espresso: Nelle occupazioni diverse, da ora ad ora, come trovare l’unità della vita, l’unità dell’essere sacerdote proprio da questa fonte dell’amicizia profonda con Gesù, dell’interiore essere insieme con Lui. Non c’è opposizione tra il bene della persona del sacerdote e la sua missione; anzi la carità pastorale è l’elemento unificante di vita che parte da un rapporto sempre più intimo con Cristo nella preghiera per vivere il dono totale di se stessi per il gregge, in modo che il Popolo di Dio cresca nella comunione con Dio e sia manifestazione della Santissima Trinità. Ogni nostra azione, infatti, ha come scopo condurre i fedeli all’unione con il Signore e a fare così crescere la comunione ecclesiale per la salvezza del mondo. Le tre cose: unione personale con Dio, bene della Chiesa, bene dell’umanità nella sua totalità, non sono cose distinte od opposte, ma una sinfonia della fede vissuta.

Segno luminoso di questa carità pastorale e di un cuore indiviso sono il celibato sacerdotale e la verginità consacrata. Abbiamo cantato nell’Inno di sant’Ambrogio: “Se in te nasce il Figlio di Dio, conservi la vita incolpevole”. “Accogliere Cristo. Christum suscipere” è un motivo che torna spesso nella predicazione del Santo Vescovo di Milano; cito un passo del suo Commento a san Luca: “Chi accoglie Cristo nell’intimo della sua casa viene saziato delle gioie più grandi” (Expos. Evangelii sec. Lucam, V, 16). Il Signore Gesù è stato la sua grande attrattiva, l’argomento principale della sua riflessione e predicazione, e soprattutto il termine di un amore vivo e confidente. Senza dubbio, l’amore per Gesù vale per tutti i cristiani, ma acquista un significato singolare per il sacerdote celibe e per chi ha risposto alla vocazione alla vita consacrata: solo e sempre in Cristo si trova la sorgente e il modello per ripetere quotidianamente il “sì” alla volontà di Dio. “Con quali legami Cristo è trattenuto?” si chiedeva sant’Ambrogio, che con intensità sorprendente predicò e coltivò la verginità nella Chiesa, promuovendo anche la dignità della donna. Al quesito citato rispondeva: “Non con i nodi di corde, ma con i vincoli dell’amore e con l’affetto dell’anima” (De virginitate, 13, 77). E proprio in un celebre sermone alle vergini egli disse: “Cristo è tutto per noi: se desideri risanare le tue ferite, egli è medico; se sei angustiato dall’arsura della febbre, egli è fonte; se ti trovi oppresso dalla colpa, egli è giustizia; se hai bisogno di aiuto, egli è potenza; se hai paura della morte, egli è vita; se desideri il paradiso, egli è la via; se rifuggi le tenebre, egli è luce; se sei in cerca di cibo, egli è nutrimento” (Ibid. , 16,99).

Cari Fratelli e Sorelle consacrati, vi ringrazio per la vostra testimonianza e vi incoraggio: guardate al futuro con fiducia, contando sulla fedeltà di Dio, che non mancherà mai, e la potenza della sua grazia, capace di operare sempre nuove meraviglie, anche in noi e con noi. Le antifone della salmodia di questo sabato ci hanno condotto a contemplare il mistero della Vergine Maria. In essa possiamo, infatti, riconoscere il “genere di vita verginale e povera che Cristo Signore si scelse per sé e che la Vergine Madre sua abbracciò” (Lumen gentiun, 46), una vita in piena obbedienza alla volontà di Dio.

Ancora l’Inno ci ha richiamato le parole di Gesù sulla croce: “Dalla gloria del suo patibolo, Gesù parla alla Vergine: “Ecco tuo figlio, donna”; “Giovanni, ecco tua madre””. Maria, Madre di Cristo, estende e prolunga anche in noi la sua divina maternità, affinché il ministero della Parola e dei Sacramenti, la vita di contemplazione e l’attività apostolica nelle molteplici forme perseverino, senza stanchezza e con coraggio a servizio e a edificazione della sua Chiesa» [Benedetto XVI, Celebrazione dell’Ora Media nel Duomo di Milano, 2 giugno 2012]. Il celibato è una testimonianza di fede: la fede in Dio diventa concreta nella forma di vita che solo a partire da Dio, dall’innalzare continuamente mente e cuore a Lui cioè nella preghiera continua, ha un senso. Poggiare la vita su di Lui, rinunciando al matrimonio ed alla famiglia, significa che io accolgo e sperimento Dio come realtà al di sopra del sesso, del possesso, del successo e perciò posso portarlo agli uomini. Certo questo è un dono grande in un mondo positivistico, in cui Dio entra in gioco tutt’al più come ipotesi, ma non come realtà concreta, quotidiana. Ma proprio questo mondo ha bisogno di chi vive poggiando su Dio nel modo più concreto e radicale. Ha bisogno della testimonianza per Dio che sta nella decisione di accoglierlo come terra su cui si fonda la propria esistenza.

Per questo il celibato è così importante oggi, nel nostro mondo attuale, anche se il suo adempimento in questa nostra epoca è continuamente minacciato e messo in questione.

Occorre una preparazione accurata durante il cammino verso questo obiettivo; un accompagnamento persistente da parte del Vescovo, di amici sacerdoti che spesso fraternamente stanno insieme, e di laici, che sostengano insieme questa testimonianza sacerdotale.

Occorre la preghiera che invoca senza tregua Dio come il Dio vivente, sempre vicino, e si appoggia a Lui nelle ore di confusione come nelle ore di gioia.

In questo modo, contrariamente al “trend” culturale che cerca di convincerci che non siamo capaci di prendere decisioni – afferma Benedetto XVI –, questa testimonianza può essere vissuta e così, nel nostro mondo secolarizzato, può rimettere in gioco Dio come realtà.

Don Gino Oliosi

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