Omelia del Vangelo di ieri. "Dammi da bere" dice Gesù alla donna samaritana. Che importa se quell'Uomo è di passaggio: lei è avvezza a sentirsi dire "donna, fammi bere". Per fortuna che era esperta di uomini. Li conosceva tutti a menadito. Tutti, eccetto Uno: quell'Uno che l'ha fatta ricredere sull'arte d'amore dell'umano.
del 28 marzo 2011
 
 
          Vivace, furba e intraprendente: perchè una donna normale sei uomini non li sottomette a sè nemmeno nei sogni. Oggi però ha la gola riarsa; è seduta vicino al pozzo che contiene l'acqua ma, ironia della sorte, è così profondo da non riuscire ad attingere. Così la sete cresce ogni qual volta pensa d'essere seduta su un pozzo d'acqua senza poterne bere.
          'Dammi da bere'. Che importa se quell'Uomo è di passaggio: lei è avvezza a sentirsi dire 'donna, fammi bere'. Magari la metafora è invereconda, forse gli uomini le chiedevano l'acqua per chiederle altro. Finora – il mezzogiorno di una giornata sul Pozzo di Sicar - è stata lei ad essere bevanda dissetante per tanti. Forse per troppi. Certamente per uomini diversi da Quello che adesso campeggia in fronte a lei. Quello che le chiede di fare un fischio per invitare anche suo marito a bere assieme a loro due.
          Mannaggia: quale marito? 'Hai detto bene: hai avuto cinque mariti e quello che hai adesso non è tuo marito'. Svestita – stavolta senza minimamente toccarla – e diagnosticata la causa di così tanta arsura: la dissolutezza di un'esistenza spenta da un pizzico d'ironia misericordiosa.
          Chissà cosa gliene poteva importare a lei della vita eterna. Più consono pensare ad una giovinezza eterna per non chiudere bottega anzitempo. Lei ha sete, lo vuoi capire Signore? Identica sorte dall'altra parte: chissà cosa gliene poteva importare a Lui di quella sete che non disseta, di quell'acqua che fa venire ancora più sete: 'chi berrà dell'acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno'. Questa donna guasta muore di sete se Quello non butta un secchio laggiù nel pozzo e le procura dell'acqua. Ma stavolta non ci sono doppi sensi, doppi giochi, doppie ambiguità: Quello non chiede la sua carne e le mani le userà per additare la sorgente vera: 'nè su questo monte, nè in Gerusalemme adorerete il Padre'. Però lei lo sa che un giorno arriverà il Messia, uno 'che ci farà conoscere tutte le cose'.
          Quel parlare per metafore condite di Cielo è a lei indigesto ma non s'arrende. E' storia antica che le donne, al pari degli indovini, avvolgano tutto ciò che incontrano nel loro pensiero. Le donne non guardano, decifrano. Per loro ogni cosa custodisce un significato. Per loro non esiste un'imperfezione, mai qualcosa è privo di significato. E' l'uomo che al massimo non lo coglie.
          'Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice 'dammi da bere'. Per fortuna che era esperta di uomini. Li sapeva riconoscere dall'andamento dei passi, dalle movenze delle mani, dal sospirare della carne eccitata. Li conosceva tutti a menadito. Tutti, eccetto Uno: quell'Uno che l'ha fatta ricredere sull'arte d'amore dell'umano. 'Credimi, donna, sono io che ti parlo'. La faccia incredula, la gola dissetata, la carne non toccata: davvero, non c'è più sete dà dentro. Che strano! Non c'è più sete nella gola di quella procace ragazza che fino a poc'anzi amava sfidare spavaldamente l'Uomo conosciuto al pozzo di Giacobbe.
Nel vangelo i personaggi guasti sono parecchi. Se fosse un romanzo, i critici timorati farebbero le loro riserve, ma poichè è il Libro di Gesù, gli si levano contro i farisei d'ogni tempo. Uditeli: 'Il vostro maestro va co' peccatori, mangia con loro: è amico dei pubblicani'. Ai discepoli Gesù dichiara: 'La gente sana non ha bisogno del medico': ai farisei, in tono un po' diverso: 'I pubblicani e le donne della strada vi precederanno nel regno dei cieli'. Lo scandalo del bene non è facilmente sopportabile. (...) Purtroppo, non tutti i grandi peccatori diventano grandi santi, dato che il peccato non è la condizione per divenir santi: ma se uno, che ha molto ardore nel male, si lascia prendere dalla grazia, porta nel bene eguale passione.(P. Mazzolari, La Samaritana, EDB, Bologna 1986)          Chissà mai se un giorno, nel calendario di qualche sperduta cascina d'oltre-Palestina, questa donna acquaiola sarà elevata al rango di santa. O perlomeno di venerabile o tutt'al più di serva di Dio. Non che gliel'abbia chiesto lei di persona – sugli accadimenti svoltisi negli interstizi di quelle parole il Vangelo rispetta la privacy – ma sarebbe una storia di speranza per tutti i samaritani/rifiutati della storia. In fin dei conti il Vangelo è trasparente: Cristo attese l'attimo d'occupazione dei suoi discepoli (erano andati a fare le compere, ndr) per avvicinarsi solitario alla donna assetata. Non che tenesse chissà quali ambizioni: semplicemente voleva farle una confidenza a quattr'occhi.
Per darle ragione di quella sete particolare che l'infastidiva.   <!--var jcomments=new JComments(1111, 'com_content','/index.php?option=com_jcomments&tmpl=component');jcomments.setList('comments-list');//-->
 
don Marco Pozza
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