Che pane cerchi?

Per la nostra vita superficiale e distratta spesso non riusciamo a capire che tutto quanto serve per la nostra felicità e serenità lo abbiamo sotto gli occhi, lo abbiamo tra mano e invece andiamo a cercare affannati altrove.

Che pane cerchi?

da Teologo Borèl

del 06 marzo 2009

Ma i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo. Allora egli li ammoniva dicendo: “Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!”. E quelli dicevano fra loro: “Non abbiamo pane”. Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: “Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite ? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?”. Gli dissero: “Dodici”. “E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via? ”. Gli dissero: “Sette”. E disse loro: “Non capite ancora?”.

(Marco 8, 14-21)

 

 

Per la nostra vita superficiale e distratta spesso non riusciamo a capire che tutto quanto serve per la nostra felicità e serenità lo abbiamo sotto gli occhi, lo abbiamo tra mano e invece andiamo a cercare affannati altrove. Abbiamo una famiglia e cerchiamo l’amore nelle avventure, abbiamo dei sogni veri e li sostituiamo con le telenovele, abbiamo delle prospettive concrete per il nostro futuro e ci lasciamo incantare da facili successi, che poi si ritorcono contro di noi. Abbiamo un centro che orienta tutta la nostra vita, ci dà un programma, ci offre una meta e preferiamo fare i randagi.

Gli apostoli sono in questa situazione quel giorno che Gesù li invita a salire sulla barca per i soliti spostamenti lungo le rive del lago. È un episodio altamente simbolico. Questa volta non c’è tempesta di vento e di pioggia sul lago, tutto è calmo, tutto è liscio, ma è il cuore di Gesù che è in tumulto. Ha con sé i discepoli, quelli che sta curando con tanto amore e dedizione, ma non riesce a far loro capire dove sta il cuore di tutta la loro avventura. Credono che dipenda tutto da mezzi, da miracoli, da organizzazione.

Erano partiti senza pensare al pane, distratti proprio come la gente che inseguiva dovunque Gesù e non pensava minimamente al nutrimento. Forse non ne avevano perché vivevano di rimedi, lavoravano a giornata, compreso un tozzo di pane, forse era talmente coinvolgente Gesù, dava tale speranza che il cibo diventava secondario. Sta di fatto che i discepoli, gli intimi, gli uomini dell’organizzazione stavolta non hanno pensato a come sfamarsi e lo notano. Nel linguaggio altamente simbolico, dicono che in barca hanno un pane solo, ma non hanno pane. Quel pane che hanno è la immagine di Gesù, per la prima comunità cristiana diventerà l’immagine dell’Eucaristia. E loro dicono candidamente: non abbiamo pane e Gesù comincia a raffica a fare domande.

Che è questo dire che non avete pane? E io chi sono? Che cosa sono stato per voi finora? Quando state con me a che cosa pensate? La nostra è una allegra brigata che tenta di sbarcare il lunario in queste continue tournée senza mete o abbiamo fisso nel cuore il grande disegno del Padre di ridare all’uomo la vera vita? So che dubitate sempre di me, che non volete trovarvi una ennesima volta nell’imbarazzo di dover far fronte a domande esigenti e impossibili della gente. Voi però avete me. Io sono il pane della vita, io sono il senso che cercate, il vostro nutrimento vero, la vostra speranza e la vostra attesa, io sono il pane vivo disceso dal cielo.

Perché continuate a riportarvi al lievito dei farisei, al loro modo di impostare i rapporti con Dio, alla loro autosufficienza intellettuale? Perché siete sempre legati al lievito di Erode, al desiderio di risolvere tutto con la potenza? Non vi ho dimostrato di avervi saziato finora? Vi ho saziato solo la fame di cibo? Non vi siete accorti che avete ricevuto col pane che vi ha sfamati, la serenità, la gioia della vita, il segno di una promessa che si sta compiendo, la strada vera della felicità? Questo pane che abbiamo in barca è il segno della mia presenza. Voi vi accontentate ancora di rimedi: la manna, i pesci, le spighe di grano raccattate tra i campi.

Anche noi siamo l’immagine di questa superficialità: ci preoccupano di più le nottate tra amici, qualche sballo, le avventure, i racconti farneticanti per nascondere le nostre paure. Occorre alzare lo sguardo, guardare a questa barca, alla barca della vita che naviga tra tempeste e bufere in cui sta seduto Gesù. Ci sono io, non temete; non vi abbandonerò. Sarete voi a lasciarmi, non certo io. Non vi lascerò mai orfani.

 

mons. Domenico Sigalini

http://www.dimensioni.org

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