Che tipo di cristiano sei?

Nessuno di noi oggi metterebbe in croce Gesù (non sia mai!). Lo inviteremmo a cena per sentirlo parlare, con la fievole attenzione di chi già dice a se stesso: “E' il Suo mestiere, non potrebbe parlare diversamente!!!”. E poi, al termine di una sontuosa cena, lo costringeremmo ad ascoltare noi e le nostre idee di cristianesimo.

Che tipo di cristiano sei?

Nel 1968 - quando era ancora cardinale - Joseph Ratzinger scrisse un libro, dal titolo "Introduzione al cristianesimo", divenuto in brevissimo tempo un punto di riferimento teologico a proposito della fede cristiana. In questo testo (giunto oggi alla dodicesima ristampa) Ratzinger introduce il primo capitolo dal titolo: "È ancora possibile credere nel mondo attuale?" raccontando un celebre apologo di S. Kierkegaard che vale la pena di rileggere.

"La storiella è interessante. Narra come un circo viaggiante in Danimarca fosse un giorno caduto in preda ad un incendio. Ancora mentre da esso si levavano le fiamme, il direttore mando il clown già abbigliato per la recita a chiamare aiuto nel villaggio vicino, oltretutto anche perché c'era pericolo che il fuoco, propagandosi attraverso i campi da poco mietuti e quindi aridi, s'appiccasse anche al villaggio. Il clown corse affannato al villaggio, supplicando i paesani ad accorrere al circo in fiamme, per dare una mano a spegnere l'incendio. Ma essi presero le grida del pagliaccio unicamente per un astutissimo trucco del mestiere, tendente ad attrarre la più gran quantità possibile di gente alla rappresentazione; per cui lo applaudivano, ridendo sino alle lacrime. Il povero clown aveva più voglia di piangere che di ridere; e tentava inutilmente di scongiurare gli uomini ad andare, spiegando loro che non si trattava affatto d'una finzione, d'un trucco, bensì d'una amara realtà, giacché il circo stava bruciando per davvero. Il suo pianto non faceva altro che intensificare le risate: si trovava che egli recitava la sua parte in maniera stupenda... La commedia continuò così, finche il fuoco s'appiccò realmente al villaggio, ed ogni aiuto giunse troppo tardi: sicché villaggio e circo andarono entrambi distrutti dalle fiamme".

Il significato di questo racconto e l'immagine che esso riproduce è ancora oggi di grandissima attualità. Tutti coloro, infatti, che oggi (nei diversi stati di vita: sacerdotale, coniugale, laicale), in quanto battezzati, sono chiamati ad annunciare il Vangelo di Cristo vengono inesorabilmente etichettati dal mondo moderno (dal vicino di casa ai colleghi di lavoro ecc.) e allontanati perché considerati "del mestiere"! Così diventa difficile intraprendere un sereno confronto, fatto di reciproco ascolto e rispetto per le diverse posizioni. C'è sempre una sorta di pregiudizio che, da una parte e dall'altra, impedisce ogni ulteriore approfondimento.

Il problema forse è un altro! Leggo questa interessante citazione: «Se Cristo oggi arrivasse tra noi, la gente non lo metterebbe più in croce. Forse lo inviterebbe a cena, lo ascolterebbe parlare. E poi? Poi si burlerebbe di lui!» (Thomas Carlyle). È davvero una bella provocazione! Molti, probabilmente, anche per un solo istante si saranno posti il problema. Una eventualità - quella relativa al ritorno di Cristo, che nella fede comunque riteniamo fondata (Parusia) - che ci troverebbe assolutamente impreparati e incapaci di rispondere, visto il groviglio di contraddizioni in cui spesso navighiamo, indisturbati, senza una vera meta, e sempre pronti a salpare per nuove (talvolta pericolose) avventure!

La riflessione di T. Carlyle è assolutamente condivisibile; probabilmente nessuno di noi oggi metterebbe in croce Gesù (non sia mai!). Lo inviteremmo a cena per sentirlo parlare, con la fievole attenzione di chi già dice a se stesso: "È il Suo mestiere, non potrebbe parlare diversamente!!!". E poi, al termine di una sontuosa cena, lo costringeremmo ad ascoltare noi e le nostre idee di cristianesimo. Sarebbe quella l'occasione provvidenziale per cercare di "correggere" alcuni principi (a nostro avviso appesantiti dal tempo) della fede e della morale cristiana. Il buon Gesù dovrebbe solo avere l'accortezza di prendere qualche piccolo appunto!!!

La verità è che il nostro grado di superficialità supera ogni limite e non abbiamo nemmeno l'onestà di riconoscerlo! Siamo disposti a cambiare la ratio della legge di Dio (pur conoscendola molto poco) piuttosto che cercare di comprenderla, come insegnavano S. Agostino e i Padri della Chiesa: "Credo ut intelligam" (credo, per capire) e "Intelligo, ut credam" (Capisco, per credere). Uno sforzo in termini di ricerca e di lavoro su se stessi che difficilmente siamo disposti ad operare!

L'aspetto più triste di questa vicenda lo ritroviamo al termine della citazione di T. Carlyle: la gente inviterebbe Gesù a cena, lo ascolterebbe parlare. "E poi? Poi si burlerebbe di lui!". Il commento a questa inquietante ipotesi lo lascio al famoso biblista Gianfranco Ravasi:

"Sì, Cristo lo si lascerebbe parlare, come ormai si concede il diritto di interloquire a tutti, a chi ha qualcosa da dire e al chiacchierone vaniloquo. Solo che alla fine, di fronte a un messaggio che è come una spada di luce, si preferirebbe ricorrere all'irrisione e allo scherno. Non lo si farebbe tacere chiudendogli la bocca e la vita su una croce; lo si emarginerebbe perché non abbia a disturbare la festa e il proprio benessere immediato" (Gianfranco Ravasi).

Michelangelo Nasca

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