Chi mi conosce più di te

Tutti i capelli del mio capo sono contati, ogni stella è chiamata per nome. “Tu mi scruti e mi conosci”, vuoi il mio bene, ma vuoi che lo raggiunga con consapevolezza e sacrificio, premurandomi di scegliere il bene in vista di un'eredità che non marcisce.

Chi mi conosce pi√π di te

da Teologo Borèl

del 13 marzo 2010

La speranza è entrata nel mondo con l’incarnazione di Gesù, quella speranza “che non delude”, che fa del peccato più grande un’occasione di pentimento e di riscatto, che ci dona nell’Eucaristia e nella Confessione una quotidiana e costante opportunità di salvezza, che rinnova ogni anno nella Quaresima il desiderio di partecipare “nuovi” della Resurrezione per far festa nella casa del Padre. Riconoscersi peccatori è un atto di grande umiltà, è il primo passo verso la conversione, è il primo gradino della salvezza; così il “figliol prodigo” ha capito il suo errore ed è ritornato alla casa paterna pronto ad essere l’ultimo dei suoi servi, ma quale meraviglia nel vedersi incontrato, abbracciato, festeggiato dal Padre misericordioso. Egli sa chi siamo veramente e noi, amati liberamente, possiamo dire: Chi mi conosce più di te, Signore? Tutti i capelli del mio capo sono contati, ogni stella è chiamata per nome. “Tu mi scruti e mi conosci”, vuoi il mio bene, ma vuoi che lo raggiunga con consapevolezza e sacrificio, premurandomi di scegliere il bene in vista di un’eredità che non marcisce.

Dunque lottiamo contro il peccato e facciamolo con forza in virtù di un alleato certo che è Cristo Gesù. Il peccato si vince con l’amore che è l’essenza della croce, con la carità verso il prossimo, che è il cuore del messaggio evangelico, con le lacrime sincere senza però piangersi addosso, con la Confessione come sacramento dell’amore di Dio. Non c’è momento della passione di Gesù che non sia legato dall’unico filo rosso della suo immenso amore per noi! Gesti e parole sono lampanti, diretti, incisivi, sconvolgenti, e tutto per la nostra salvezza. Chi aveva tutto è rimasto senza niente, ci ha dato tutto in cambio del nostro niente. Infatti ciò che siamo è frutto dell’amore di Dio che ha mandato nel mondo il suo unico Figlio per noi. Egli, morto e risorto per la salvezza di tutti, ci ha fatto un grande dono che dai bracci della croce si estende verso tutti i confini. Ciò che saremo, guardando alla croce, dipende da noi, se vorremo vivere da uomini liberi o da schiavi del peccato. Del resto il ferro di tempra col fuoco, il vaso si irrobustisce nel forno, il bimbo impara a camminare dopo tante cadute, una gara si affronta al meglio dopo estenuanti esercizi fisici.

Così è della fede che è un dono che può crescere nel campo della speranza e dell’abbandono, del sacrificio e dell’offerta di sé, tra gioie e dolori, nel far memoria e nella testimonianza.

 

Marco Pappalardo

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