Dobbiamo educare i nostri ragazzi a vivere l'amicizia che è uno dei sentimenti più preziosi, che rendono bella la loro età e, se vissuta con il Signore, li apre a una delle espressioni più elevate dell'amore.
del 14 gennaio 2011
Mezzi per conservare la virtù della purezza              Conoscendo le grandi difficoltà che hanno gli adolescenti per conservare la virtù della purezza, Don Bosco, nel loro libro di preghiera elenca i mezzi con i quali affrontare i pericoli che incontreranno nella vita. Chiede di fuggire l’ozio, i compagni cattivi, i discorsi non buoni, gli scandali, le letture e gli spettacoli negativi.              Ecco come introduce questi consigli: «Siccome mi sta molto a cuore che conserviate tutti questa bella virtù, vi accenno ancora alcuni altri mezzi per preservarla da quel veleno che la potrebbe contaminare. Prima di tutto fuggite la compagnia di persone non buone, altrimenti questa bella virtù si trova in gran pericolo» (da Il Giovane Provveduto).             Desideriamo fermarci a considerare i mezzi che Don Bosco indica per vivere bene la loro vocazione ad amare. Cominciando a parlare delle amicizie e della forte influenza che hanno nell’animo dei nostri adolescenti.     La fuga dei compagni non buoni              Ecco cosa scrive Don Bosco in proposito: «Vi sono tre sorta di compagni: i buoni, i cattivi, e quelli che non sono del tutto cattivi, ma nemmeno buoni. Coi primi potete trattenervi e ne avrete vantaggio; con gli ultimi trattate quando lo richiede il bisogno, senza contrarre familiarità. I cattivi poi si devono assolutamente fuggire. Ma quali sono questi compagni cattivi? State attenti, e conoscerete quali siano.            Tutti quei giovani, i quali in vostra presenza non arrossiscono di fare discorsi osceni, di proferire parole equivoche o scandalose, mormorazioni, bugie, spergiuri, imprecazioni, bestemmie, oppure cercano d’allontanarvi dalle cose di chiesa, vi consigliano a rubare, a disubbidire ai vostri genitori o a trasgredire qualche vostro dovere, tutti costoro sono compagni cattivi.   Ah, miei cari, con le lacrime agli occhi io vi supplico di fuggire e aborrire simili compagnie!» (da Il Giovane Provveduto).            Quando Don Bosco scrive questi consigli, parla per esperienza personale. Infatti ricorda nelle sue Memorie, ritornando alla sua infanzia, quando aveva appena dieci anni: «Ero piccolo, ma cercavo di capire le inclinazioni dei miei compagni. Fissavo qualcuno in faccia e riuscivo a leggere i progetti che aveva nella mente.              Per questa caratteristica, i ragazzi della mia età mi volevano molto bene, e nello stesso tempo mi temevano. Ognuno mi voleva come suo amico o come giudice nelle contese. Facevo del bene a chi potevo, del male a nessuno…» (dalle Memorie scritte da Don Bosco). A 15 anni, quando inizia a frequentare la scuola a Castelnuovo, sembra quasi descrivere ciò che può capitare anche ai ragazzi di oggi, soprattutto quando non possono essere seguiti dai familiari.   «In quel primo anno dovetti fare i conti con alcuni compagni cattivi.            Tentarono di portarmi a giocare in tempo di scuola. Trovai la scusa che non avevo soldi. Mi suggerirono come procurarmeli: rubare al mio padrone e a mia madre. Uno, per convincermi, mi disse sfacciato: – È tempo che ti svegli. Impara a vivere in questo mondo. Se continui a tenere gli occhi bendati, rimarrai sempre un bambino.            Se vuoi una vita spensierata devi procurarti denaro in una maniera o nell’altra. Ricordo che gli diedi questa risposta: – Non capisco le vostre parole.   Sembra che mi vogliate convincere a diventare ladro. Ma il settimo comandamento di Dio dice: Non rubare. Chi diventa ladro fa cattiva fine… Se i vostri amici rubano, sono delinquenti. Se non rubano, ma consigliano gli altri a rubare, sono dei mascalzoni. Questa mia risposta decisa passò di bocca in bocca, e nessuno ebbe più il coraggio di farmi proposte simili…           In breve tempo tornò a formarsi attorno a me un bel gruppo di amici, che mi volevano bene e mi obbedivano come i ragazzi di Morialdo» (dalle Memorie scritte da Don Bosco).   È doveroso mettere in guardia i nostri ragazzi e i giovani dalle cattive compagnie, soprattutto ai nostri giorni, nei quali la famiglia si sgretola e gli adolescenti, sentendosi soli trovano nelle bande giovanili occasione di aggregazione, diventando succubi dei peggiori.            Aldilà delle nuove espressioni delle intemperanze giovanili, i comportamenti dei compagni cattivi sono fondamentalmente quelli che Giovanni Bosco, sedicenne, descrive nel suo inserimento a Chieri: «Nelle prime quattro classi dovetti imparare a mie spese a trattare con i compagni. Li avevo divisi mentalmente in tre categorie: buoni, indifferenti e cattivi. I cattivi, appena conosciuti, li evitavo assolutamente e sempre. Gli indifferenti li avvicinavo se ce n’era bisogno e li trattavo con cortesia. I buoni cercavo di farmeli amici, li trattavo con familiarità. All’inizio, in città non conoscevo nessuno.            Tenevo quindi una certa distanza con tutti. Dovetti tuttavia lottare per non diventare lo schiavetto di nessuno. Qualcuno voleva portarmi in un teatro, un altro a giocare con i soldi, un terzo a nuotare nei torrenti. Un tizio voleva arruolarmi in una banda che faceva man bassa di frutta negli orti e nella campagna. Un tale fu così sfacciato da invitarmi a rubare un oggetto prezioso alla mia padrona. Mi sono liberato da tutti questi squallidi compagni, evitando rigorosamente la loro compagnia man mano che scoprivo di che pasta erano fatti» (dalle Memorie scritte da Don Bosco).   L’amicizia: uno dei sentimenti più belli            Dobbiamo educare i nostri ragazzi a vivere l’amicizia che è uno dei sentimenti più preziosi, che rendono bella la loro età e, se vissuta con il Signore, li apre a una delle espressioni più elevate dell’amore. Così prosegue Don Bosco sempre nel loro libro di preghiere: «Dirà taluno: – Sono tanti i cattivi compagni, che si dovrebbe andar via da questo mondo per fuggirli tutti.            Lo so che sono molti i cattivi compagni, e appunto per questo vi raccomando caldamente di fuggirli. Che se per non trattar con loro foste costretti a starvene soli, beati voi, poiché avreste in vostra compagnia Gesù Cristo, la Beata Vergine, il vostro Angelo Custode. Potranno trovarsi compagni migliori di questi? Nondimeno si possono anche avere buoni compagni, e saranno quelli che frequentano i Sacramenti della Confessione e Comunione, che vanno in chiesa, che con le parole e con l’esempio vi animano all’adempimento dei vostri doveri, e vi allontanano dall’offendere il Signore. Questi frequentateli pure, e ne trarrete grande profitto…» (dalle Memorie scritte da Don Bosco).           Scrivendo questo Don Bosco ha certamente in mente gli amici più cari incontrati a Chieri come Paolo Braje di cui cercò di imitare la bontà, la rassegnazione alla sofferenza, la fede viva. Fu particolarmente attirato dalla mitezza e dalla trasparenza di Luigi Comollo, il nipote quindicenne del parroco di Cinzano, già considerato un ragazzo santo. Lo difese un giorno, nel quale, alcuni compagni volevano umiliarlo e picchiarlo insieme ad Antonio Candelo, un altro bravo ragazzo.            Di Luigi Comollo Don Bosco scriverà la vita, ma intanto ricorda: «Da quel momento l’ho sempre avuto come intimo amico. Posso dire che da lui ho imparato a vivere da vero cristiano. Ci siamo capiti e stimati immediatamente. Avevamo bisogno l’uno dell’altro: io di aiuto spirituale, lui di aiuto materiale. Il fatto è che Luigi, timidissimo, non osava nemmeno tentare di difendersi contro gli insulti e le malvagità. Io invece, per il coraggio e la forza gagliarda, ero rispettato da tutti, anche da chi aveva più anni e più forza di me» (dalle Memorie scritte da Don Bosco).            Con Luigi, Giovanni Bosco vivrà le sue amicizie più belle, e con gli amici migliori fonderà la Società dell’Allegria. Ecco gli interessi di questi splendidi giovani. «Alternavamo giochi allegri. Conversazioni su argomenti cristiani, lettura di buoni libri, preghiere. Ci davamo a vicenda buoni consigli, ci aiutavamo a correggere i difetti personali. Senza saperlo mettevamo in pratica quelle grandi parole di Pitagora: “Se non hai un amico che ti corregga, paga un nemico che ti renda questo servizio”» (dalle Memorie scritte da Don Bosco).            Quanto sono preziosi i gruppi parrocchiali, oratoriani e dei vari movimenti giovanili, che favoriscono le aggregazioni già tra gli adolescenti, promuovendo momenti di formazione e di servizio ai piccoli, ai poveri, agli anziani e ai malati e li preparano al volontariato civile o ecclesiale, fino all’impegno politico. È all’interno di questi gruppi che nascono delle belle amicizie e maturano serie vocazioni alla vita familiare e consacrata.            Concludiamo ancora con le espressioni di Don Bosco: «Sentite quel che dice il Signore: “Chi cammina col virtuoso sarà anch’egli virtuoso. L’amico degli stolti diventerà simile a loro. Insomma se camminerete coi buoni io vi assicuro che andrete con loro in Paradiso. Al contrario, frequentando compagni perversi, vi pervertirete ancora voi, con pericolo di perdere irreparabilmente l’anima vostra» (da Il Giovane Provveduto).don Gianni sdb
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