A sei anni dalla morte di Chiara Corbella gli amici che le sono stati vicini chiedono l’apertura della causa di beatificazione. «La sua vocazione era aiutare il prossimo, ora lo sta facendo in un altro modo»...
del 20 giugno 2018
A sei anni dalla morte di Chiara Corbella gli amici che le sono stati vicini chiedono l’apertura della causa di beatificazione. «La sua vocazione era aiutare il prossimo, ora lo sta facendo in un altro modo»...
Un carcinoma scoperto al quinto mese di gravidanza e la scelta di rinviare le cure che avrebbero compromesso la vita del bambino. Finalmente Chiara avrebbe dato alla luce un figlio sano. Era la sua terza maternità. Maria Letizia e Davide Giovanni erano sopravvissuti appena mezz’ora dopo la nascita a causa di gravi malformazioni. «La felicità dell’arrivo di un figlio non è stata affievolita dalla notizia del tumore», racconta Daniela Salernitano, ginecologa e amica di Chiara Corbella. «Sicuramente alla felicità si è aggiunta anche la preoccupazione, ma fino alla fine Chiara e suo marito Enrico sono stati contenti e grati a Dio del dono ricevuto».
Il suo sorriso aperto e solare, la sua granitica fede in un Dio buono, che neanche la perdita di due figli e la malattia hanno mai scalfito, continuano a conquistare migliaia di fedeli che si rivolgono a lei come un’amica, certi che saranno ascoltati. «Chiara viene spesso invocata dalle persone, dalle suore, dai giovani, dalle mamme in attesa e uno dei motivi per cui il suo messaggio arriva a tanti è che tutti possono immedesimarsi in lei», continua la dottoressa Salernitano. «Era una persona normale che non ha fatto niente di particolarmente eroico che non sia possibile agli altri, ha semplicemente detto tanti piccoli sì al Signore senza mai dubitare e si è sempre sentita amata, anche nella malattia».
Un sì detto a piccoli passi, giorno per giorno, senza pensare al passato né al futuro, vivendo il presente come una grazia. Piccoli passi possibili (La Porziuncola) è anche il titolo di un libro che raccoglie le testimonianze di chi l’ha conosciuta: suo marito Enrico, i genitori, la sorella Elisa, fra Vito D’Amato, padre spirituale dei coniugi Petrillo, Daniela Salernitano e tanti altri. In tutte le immagini che la ritraggono Chiara è sempre sorridente, mai triste.
La sua forza e la sua straordinaria resilienza stanno nell’aver accettato la malattia sorridendo alla vita, pur sapendo che non sarebbe mai guarita.
«Lo scopo della nostra vita è amare ed essere sempre pronti a imparare ad amare gli altri come solo Dio può insegnarti. Se starai amando veramente, te ne accorgerai dal fatto che nulla ti appartiene veramente perché tutto è un dono. Come dice san Francesco: il contrario dell’amore è il possesso! Sappiamo che sei speciale e che hai una missione grande, il Signore ti ha voluto da sempre e ti mostrerà la strada da seguire se gli aprirai il cuore. Fidati, ne vale la pena!».
Era il 30 maggio 2012, il giorno del primo compleanno di Francesco. Con queste parole Chiara Corbella ed Enrico Petrillo regalavano a loro figlio una testimonianza di fede e amore, qualcosa di molto simile a un’eredità spirituale. Un mese dopo Chiara moriva a soli 28 anni. A distanza di sei anni la sua storia, raccolta nel libro Siamo nati e non moriremo mai più (La Porziuncola) ha fatto il giro del mondo con traduzioni in dieci lingue e oltre 100 mila copie vendute.
«Chiara era una ragazza vivace che faceva battute su tutto, anche negli ultimi tempi. È sempre stata positiva, guardava avanti e sapeva ascoltare. La sua vocazione era aiutare il prossimo, probabilmente ora lo sta facendo in un altro modo», commenta Roberto Corbella, padre di Chiara.
Il 13 giugno 2017, a cinque anni dalla scomparsa, è nata l’Associazione Chiara Corbella Petrillo con lo scopo di favorire e supportare la sua causa di beatificazione. Cinque anni sono il tempo necessario che la Chiesa richiede per verificare se la partecipazione che ha accompagnato i funerali e il modo in cui ha vissuto la sua breve e intensa vita celino un seme di santità che possa germogliare nella vita dei fedeli. «Un tratto della santità di Chiara consisteva nella sua docilità. Caratterialmente era determinata per non dire testarda, tuttavia aveva imparato a essere docile sia ai fatti che le capitavano sia alle indicazioni che le venivano date, anche quando potevano contraddire il suo modo di vedere e leggere le cose. Inoltre aveva un rapporto speciale e costante con la Vergine Maria», commenta fra D’Amato.
I membri dell’Associazione sono gli stessi del Rosary Group, ragazzi e famiglie che si sono stretti intorno ai Petrillo nei momenti più difficili. «Quando abbiamo capito che la malattia di Chiara si stava aggravando, andavamo a trovarla una volta a settimana per recitare il rosario», conclude Massimiliano Modesti, marito di Daniela Salernitano e presidente dell’associazione.
«Così è nato il Rosary Group, un insieme di circa 12 famiglie che poi sono gli amici che hanno accompagnato Chiara ed Enrico in questi anni», riprende Modesti. «Ora siamo nel periodo in cui il diritto canonico ci dice che è possibile chiedere l’apertura di una causa di beatificazione. Vedendo la risonanza che la storia di Chiara ha avuto, noi amici ci siamo molto meravigliati. Ci sembra una storia davvero molto bella e desideriamo testimoniarla, chiedendo alla Chiesa se veramente è una storia di santità e ci sono le condizioni per la sua beatificazione».
Patrizia Ruscio
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