Sarà beatificata il 25 settembre 2010Una ragazza bella, estroversa ed esuberante, innamorata di Dio. Ma lo splendido disegno sulla sua vita si svela con l'ultima ripida salita nei due anni di malattia. 18 anni di un'esistenza, modello non solo per i giovani
del 02 settembre 2010
 
 
 
Chiara Badano nasce a Sassello (diocesi di Acqui, provincia di Savona), il 29 ottobre del 1971, dopo 11 anni di attesa dei suoi genitori. Vive un’infanzia e un’adolescenza serena, in una famiglia molto unita da cui riceve una solida educazione cristiana.
 
Chiara ha un carattere generoso, estroverso, esuberante: a soli 4 anni sceglie con cura i giocattoli da donare ai bambini poveri (“Non posso mica dare i giocattoli rotti ai bambini che non ne hanno”). In prima elementare segue con mille attenzioni la compagna di banco, orfana di mamma; a Natale su proposta materna la invita a pranzo, chiedendo che la tavola venga apparecchiata con la tovaglia più bella, perché “oggi ci sarà con noi Gesù!”. Ascolta con attenzione le parabole del Vangelo e si prepara con particolare impegno a ricevere Gesù nell’Eucaristia. Colpirà, in seguito, per la sua compostezza e attenzione nel leggere la Parola di Dio e nel seguire la Messa. Rende visita alle “nonnine” della casa di riposo e, crescendo, si offrirà per rimanere di notte accanto ai nonni materni, bisognosi di assistenza. La sua vita è costellata da semplici fioretti. Una sera annota: “Una compagna ha la scarlattina, e tutti hanno paura di visitarla. D’accordo con i miei genitori penso di portarle i compiti, perché non si senta sola. Credo che più del timore, sia importante amare”.
 
A 9 anni scopre il Movimento dei Focolari, e vi aderisce come gen (Generazione Nuova, la seconda generazione dei Focolari) all’ideale dell’unità. La sua sarà una salita in cordata, con i suoi genitori, con Chiara Lubich, con i giovani con cui condivide la stessa scelta di vita. Oltre all’impegno nel Movimento Gen, è attiva anche nella vita della parrocchia e della diocesi. Nell’81, con papà e mamma, partecipa a Roma al Family Fest,  manifestazione mondiale dei Focolari. E’ l’inizio, per tutti e tre, di una nuova vita. Si impegna con passione nel Movimento, tra le gen. Nel suo piccolo paese Chiara si lancia ad amare le compagne di scuola, chiunque le passa accanto, decisa a vivere con radicalità il Vangelo che l’ha affascinata.
 
Intesse con Chiara Lubich una corrispondenza che si farà sempre più fitta. A lei confida scoperte e prove, sino all’ultimo. Nel giugno del 1983, a 12 anni, partecipa al suo primo congresso gen  internazionale a Rocca di Papa. Scrive a Chiara: “Ho riscoperto Gesù Abbandonato in modo speciale”. E in  novembre: “Ho scoperto che Gesù Abbandonato è la chiave dell’unità con Dio e voglio sceglierlo come mio sposo e prepararmi per quando viene. Preferirlo! Ho capito che posso trovarlo nei lontani, negli atei e che devo amarli in modo specialissimo, senza interessi”. Una scelta che non metterà più in discussione.
 
Dalle sue letterine e dalle testimonianze traspare la gioia e lo stupore nello scoprire la vita: una visione positiva e solare. Chiara è una ragazza come tutte: allegra e vivace, ama la musica (ha una bellissima voce), il nuoto e il tennis, le passeggiate in montagna. Ha molti amici. A chi le chiede se a loro parla di Dio, risponde: “Io non devo dire Gesù, ma dare Gesù col mio comportamento”.
 
Il suo non è un percorso solitario. E’ un camminare insieme alle altre gen: non perdono occasione per “cementare la loro unità” – come dicono loro – negli incontri in cui si raccontano reciprocamente esperienze di vangelo vissuto, ma anche con telefonate, visite, bigliettini, feste, gite, regali. Tra loro la comunione dei beni è una realtà: Chiara conserva fino alla morte nella sua stanza una lista delle sue cose, per metterle a disposizione di chi più ne ha bisogno.
 
Ha 17 anni quando un forte dolore alla spalla accusato durante una partita a tennis insospettisce i medici.  Cominciano gli esami clinici. Ben presto la diagnosi: tumore osseo. Nel febbraio ‘89 Chiara affronta il primo intervento: le speranze sono molto scarse. Nell’ospedale si alternano i gen e altri amici del Movimento per sostenere lei e la sua famiglia.  I ricoveri all’ospedale di Torino diventano sempre più frequenti e così le cure, molto dolorose che Chiara affronta con grande coraggio. Ad ogni nuova, dolorosa “sorpresa” la sua offerta è decisa: “Per te Gesù, se lo vuoi tu, lo voglio anch’io!”.
 
Presto Chiara perde l’uso delle gambe. Un nuovo doloroso intervento si rivela inutile, ma a sostenerla nei momenti più duri è l’unione con “Gesù Abbandonato”, che sulla croce non avverte la presenza consolante del Padre. E afferma: “Se adesso mi chiedessero se voglio camminare, direi di no, perché così sono più vicina a Gesù”.
 
Il suo medico curante, non credente e critico nei confronti della Chiesa, dirà: “Da quando ho conosciuto Chiara qualcosa è cambiato dentro di me. Qui c’è coerenza, qui del cristianesimo tutto mi quadra”.
 
Pur ridotta ormai all’immobilità Chiara è attivissima: tramite telefono segue il nascente gruppo dei Giovani per un mondo unito di Savona, si fa presente a Congressi e attività varie con messaggi, cartoline, cartelloni, per far conoscere amici e compagni di scuola ai gen e alle gen … Ne invita tanti al Genfest ‘90 (manifestazione internazionale dei Giovani per un mondo unito, svoltasi a Roma nel maggio del ‘90), che ha la gioia di seguire in diretta grazie all’antenna parabolica montata sul tetto della sua casa.
 
Persevera nell’offerta del suo dolore: “A me interessa solo la volontà di Dio, fare bene quella, nell’attimo presente: stare al gioco di Dio”. E ancora: “Ora non ho più niente (di sano), però ho ancora il cuore e con quello posso sempre amare”. La sostiene la certezza di essere “immensamente amata da Dio”. Per questo è irremovibile nella sua fiducia. Alla mamma trepidante nel pensiero di come farà senza di lei risponde: “Fidati di Dio, poi hai fatto tutto!”.
 
Il suo rapporto con Chiara Lubich si fa sempre più serrato: la tiene continuamente aggiornata. Il 19 luglio del ‘90 le scrive: “La medicina ha deposto le sue armi. Interrompendo le cure, i dolori alla schiena sono aumentati e non riesco quasi più a girarmi sui fianchi. Mi sento così piccola e la strada da compiere è così ardua…, spesso mi sento sopraffatta dal dolore. Ma è lo Sposo che viene a trovarmi, vero? Sì, anch’io ripeto con te ‘Se lo vuoi tu, lo voglio anch’io’… Sono con te certa che insieme a Lui vinceremo il mondo!”
 
La risposta arriva a giro di posta: “Non temere Chiara di dirGli il tuo sì momento per momento. Te ne darà la forza, siine certa! Anch’io prego per questo e sono sempre lì con te. Dio ti ama immensamente e vuole penetrare nell’intimo della tua anima e farti sperimentare gocce di cielo. “Chiara Luce” è il nome che ho pensato per te; ti piace? È la luce dell’Ideale che vince il mondo. Te lo mando con tutto il mio affetto…”         Con l’aggravarsi della malattia occorrerebbe intensificare la somministrazione di morfina, ma Chiara Luce la rifiuta: “Mi toglie la lucidità ed io posso offrire a Gesù solo il dolore”.
 
In un momento di particolare sofferenza fisica confida alla mamma che nel suo cuore sta cantando: “Eccomi Gesù anche oggi davanti a Te…”.  Ormai ha chiaro che presto potrà incontrarLo e si prepara. Una mattina, dopo una notte difficile, le viene spontaneo ripetere a brevi intervalli: “Vieni Signore Gesù”. Sono le 11 quando inaspettatamente arriva a trovarla un sacerdote del Movimento. Chiara Luce è felicissima: da quando si era svegliata infatti desiderava ricevere Gesù Eucarestia.  Diventa il suo viatico.
 
Chiara Luce parte per il Cielo il 7 ottobre 1990. Aveva pensato a tutto: ai canti per il suo funerale, ai fiori, alla pettinatura, al vestito, che aveva desiderato bianco, da sposa… Con una raccomandazione: ‘Mamma, mentre mi prepari dovrai sempre ripetere: ora Chiara Luce vede Gesù”. Al papà che le aveva chiesto se era sempre disponibile a donare le cornee: aveva risposto con un sorriso luminosissimo. Poi un ultimo saluto alla mamma: “Ciao, sii felice perché io lo sono” e un sorriso al papà. Al funerale, celebrato dal Vescovo diocesano centinaia e centinaia di giovani e tanti sacerdoti.  I componenti del Gen Rosso e del Gen Verde eseguono i canti da lei scelti. Un grande mazzo di fiori e un telegramma giungono ai genitori da parte di Chiara Lubich: “Ringraziamo Dio per questo suo luminoso capolavoro”.
 
La sua fama di santità si diffonde. Il vescovo della diocesi di Acqui, mons. Livio Maritano, che le aveva conferito la Cresima e incontrata più volte durante la malattia, l’11 giugno 1999 avvia la fase diocesana del processo di beatificazione: “Mi è parso che la sua testimonianza fosse significativa in particolare per i giovani”. Afferma in un’intervista a Michele Zanzucchi, autore di una sua biografia. “C’è bisogno di santità anche oggi. C’è bisogno di aiutare i giovani a trovare un orientamento, uno scopo, a superare insicurezze e solitudine, i loro enigmi di fronte agli insuccessi, al dolore, alla morte, a tutte le loro inquietudini”. Il 3 luglio 2008 Chiara viene dichiarata Venerabile e il 19 dicembre 2009 il S. Padre riconosce il miracolo ottenuto per sua intercessione: un atto che prelude alla prossima Beatificazione.      
 
 
 
 
 
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