Perché la Chiesa ha a cuore i lavoratori, il diritto al lavoro e il bene comune? Scopriamolo con questo capitolo della Dottrina Sociale della Chiesa.
Perché la Chiesa ha a cuore i lavoratori, il diritto al lavoro e il bene comune? Scopriamolo con questo capitolo della Dottrina Sociale della Chiesa.
263. Il lavoro rappresenta una dimensione fondamentale dell'esistenza umana come partecipazione non solo all'opera della creazione, ma anche della redenzione. Chi sopporta la penosa fatica del lavoro in unione con Gesù, in un certo senso, coopera con il Figlio di Dio alla Sua opera redentrice e si mostra discepolo di Cristo portando la Croce, ogni giorno, nell'attività che è chiamato a compiere. In questa prospettiva, il lavoro può essere considerato come un mezzo di santificazione e un'animazione delle realtà terrene nello Spirito di Cristo.576 Così raffigurato il lavoro è espressione della piena umanità dell'uomo, nella sua condizione storica e nella sua orientazione escatologica: la sua azione libera e responsabile ne svela l'intima relazione con il Creatore ed il suo potenziale creativo, mentre ogni giorno combatte lo sfiguramento del peccato, anche guadagnandosi il pane con il sudore della fronte.
264. La consapevolezza della transitorietà della «scena di questo mondo» (cfr. 1 Cor 7,31) non esonera da alcun impegno storico, tanto meno dal lavoro (cfr. 2 Ts 3,7-15), che è parte integrante della condizione umana, pur non essendo l'unica ragione di vita. Nessun cristiano, per il fatto di appartenere ad una comunità solidale e fraterna, deve sentirsi in diritto di non lavorare e di vivere a spese degli altri (cfr. 2 Ts 3,6-12); tutti, piuttosto, sono esortati dall'Apostolo Paolo a farsi «un punto di onore» nel lavorare con le proprie mani così da «non aver bisogno di nessuno» (1 Ts 4,11-12) e a praticare una solidarietà anche materiale, condividendo i frutti del lavoro con «chi si trova in necessità» (Ef 4,28). San Giacomo difende i diritti conculcati dei lavoratori: «Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti» (Gc 5,4). I credenti devono vivere il lavoro con lo stile di Cristo e renderlo occasione di testimonianza cristiana «di fronte agli estranei» (1 Ts 4,12).
265. I Padri della Chiesa non considerano mai il lavoro come «opus servile» — tale era ritenuto, invece, nella cultura loro contemporanea -, ma sempre come «opus humanum», e tendono ad onorarne tutte le espressioni. Mediante il lavoro, l'uomo governa con Dio il mondo, insieme a Lui ne è signore, e compie cose buone per sé e per gli altri. L'ozio nuoce all'essere dell'uomo, mentre l'attività giova al suo corpo e al suo spirito.Il cristiano è chiamato a lavorare non solo per procurarsi il pane, ma anche per sollecitudine verso il prossimo più povero, al quale il Signore comanda di dare da mangiare, da bere, da vestire, accoglienza, cura e compagnia (cfr. Mt 25,35-36). Ciascun lavoratore, afferma sant'Ambrogio, è la mano di Cristo che continua a creare e a fare del bene.
266. Con il suo lavoro e la sua laboriosità, l'uomo, partecipe dell'arte e della saggezza divina, rende più bello il creato, il cosmo già ordinato dal Padre; suscita quelle energie sociali e comunitarie che alimentano il bene comune, a vantaggio soprattutto dei più bisognosi. Il lavoro umano, finalizzato alla carità, diventa occasione di contemplazione, si trasforma in devota preghiera, in vigile ascesi e in trepida speranza del giorno senza tramonto: «In questa visione superiore, il lavoro, pena ed insieme premio dell'attività umana, comporta un altro rapporto, quello cioè essenzialmente religioso, che è stato felicemente espresso nella formula benedettina: “Ora et labora”! Il fatto religioso conferisce al lavoro umano una spiritualità animatrice e redentrice. Tale parentela tra lavoro e religione riflette l'alleanza misteriosa, ma reale, che intercede tra l'agire umano e quello provvidenziale di Dio».
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