26 gennaio 1854. A Torino fa un freddo polare. Ma nella cameretta di don Bosco c'è un tepore proprio come va. Don Bosco parla, e quattro giovanotti galoppano con la fantasia fiduciosa dietro le sue parole:
- Voi vedete che don Bosco fa quello che può, ma è da solo. Se voi mi darete una mano, invece, insieme faremo miracoli di bene. Migliaia di fanciulli poveri ci aspettano. Vi prometto che la Madonna ci manderà oratori vasti e spaziosi, chiese, case, scuole, laboratori, e tanti preti pronti a darci una mano. E questo in Italia, in Europa e anche in America. Io tra voi già vedo una mitria vescovile.
I quattro giovanotti si guardano in faccia sbalorditi. Sembra di sognare. Eppure don Bosco non scherza, è serio e sembra leggere nel futuro:
- La Madonna vuole che noi iniziamo una società. Ho pensato a lungo che nome darle. Ho deciso che ci chiameremo Salesiani.
Tra quei quattro giovanotti ci sono le pietre fondamentali della Congregazione Salesiana. Sul suo taccuino, quella sera, Michele Rua annota diligentemente: “Ci siamo radunati nella stanza di don Bosco, Rocchietti, Artiglia, Cagliero e Rua. Ci è stato proposto di fare, con l'aiuto del Signore e di san Francesco di Sales, una prova di esercizio pratico di carità verso il prossimo. In seguito faremo una promessa, e poi, se sarà possibile, faremo un voto al Signore. A coloro che fanno questa prova e che la faranno in seguito è stato dato il nome di Salesiani”.
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