La vita ha un senso solo se si ama. Nulla ha senso fuori dell'amore. Ho sperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo e dunque nella mia carne, la cattiveria dell'uomo, la sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con la convinzione incrollabile che ciò che conta è solo amare!
del 01 dicembre 2008
Partii decisa a 'gridare il vangelo con la mia vita' sulla scia di Charles de Foucauld, che aveva infiammato la mia esistenza. Trentatre anni dopo, grido il vangelo con la sola vita e brucio dal desiderio di farlo fino alla fine. Questa la mia motivazione di fondo, insieme a una passione da sempre invincibile per l'uomo ferito e diminuito senza averlo meritato, al di là della razza, della cultura e della fede.
Sono praticamente sempre vissuta con i somali, in un mondo radicalmente musulmano. In Kenya prima e ora qui a Borama non c'è nessun cristiano con cui possa condividere...
All'inizio tutto mi era contro. Ero giovane, dunque non degna né di ascolto né di rispetto. Ero bianca, dunque disprezzata da quella razza che si considera superiore a tutte. Ero cristiana, dunque oltraggiata, rifiutata, temuta. E poi non ero sposata: un assurdo in quel mondo in cui il celibato non esiste e non è un valore, anzi è un disvalore. Solo chi mi conosce bene dice e ripete che io sono somala come loro e sono madre autentica di tutti quelli che ho salvato.
Quella dell' Ut unum sint è stata ed è l'agonia amorosa della mia vita, lo struggimento del mio essere. E' una vita che combatto e mi struggo, io povera cosa, per essere buona, veritiera, non violenta nei pensieri, nella parola, nell'azione. Ogni giorno al Tb Centre noi ci adoperiamo per la pace, per la comprensione reciproca, per imparare insieme a perdonare. Oh, il perdono, com'è difficile il perdono. I miei musulmani fanno tanto fatica ad apprezzarlo, a volerlo per la loro vita.
Eppure la vita ha un senso solo se si ama. Nulla ha senso fuori dell'amore. La mia vita ha conosciuto tanti pericoli, ho rischiato la morte tante volte. Ho sperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo e dunque nella mia carne, la cattiveria dell'uomo, la sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con la convinzione incrollabile che ciò che conta è solo amare!
 
 
 
Annalena Tonelli (Forlì, 2 aprile 1943 – Borama, 5 ottobre 2003) è stata una missionaria italiana, insignita dall'ONU del prestigioso premio Nansen, a Ginevra, il 25 giugno 2003.
Nata a Forlì nel 1943, dopo il liceo classico e la laurea in legge, si sposta in Africa nel 1969, dopo aver fondato il Comitato per la lotta contro la fame del mondo di Forlì. Il Comitato ancora oggi ne prosegue l'opera.
Si abilita all'insegnamento della lingua inglese nelle scuole superiori in Kenya. L'incontro con l'Africa, e in particolare con le popolazioni somale, la spinge a fare studi di medicina. Consegue certificati e diplomi di controllo della tubercolosi in Kenya, di Medicina tropicale e comunitaria in Inghilterra, di leprologia in Spagna.
Nel 1984 l'operato delle autorità del Kenya avrebbe portato allo sterminio di una tribù del deserto. Le sue denunce pubbliche impediscono il genocidio. Arrestata e portata davanti alla corte marziale, si sente dire che l'essere scampata a due imboscate non era garanzia di sopravvivere anche alla seguente.
Viene uccisa a Borama, in Somalia, in un ospedale da lei stessa fondato.
 
Annalena Tonelli
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