Quando meno me l'aspettavo, mi è stato proposto di fare un grest nella scuola salesiana di Nazaret. Non ci credevo... Dopo qualche giorno dal nostro arrivo è iniziato il grest, ovvero la Mukhiam in arabo. Di nuovo mi sembrava di essere in un sogno: l'accoglienza dei bambini e degli animatori, la loro gioia, disponibilità, la loro curiosità, mi riempivano ogni giorno...
del 30 agosto 2008
Come don Bosco, il mio viaggio in Terra Santa è partito da un sogno: poter fare un’esperienza di animazione all’estero. Perché proprio all’estero? Il fatto di poter conoscere culture nuove, realtà diverse mi incuriosiva, mi affascinava. Non sapevo però come fare, dove cercare… so che ci sono tantissime associazioni di volontariato all’estero e forse proprio per questo motivo non riuscivo ad orientarmi in questo mare così vasto… Finché, quando meno me l’aspettavo, mi è stato proposto di fare un grest nella scuola salesiana di Nazaret. Non ci credevo. Un grest? A Nazaret? Era fantastico, incredibile! Era davvero un sogno! Il mio sogno!
Questa possibilità mi riempiva ogni giorno di felicità, di entusiasmo! A momenti pensavo di esplodere dall’allegria! Insieme alla gioia cresceva però anche un po’ la paura, l’insicurezza, i dubbi di come sarebbe andata: chi avrei trovato? Cosa avrei fatto? Sarò capace? E con la lingua? E gli animatori? E i bambini? E il gruppo con cui andrò? Riuscirò a stare così tanto tempo lontano da casa? La risposta che mi davo ogni volta era: mettiti in gioco e fidati…
Così, il 29 giugno siamo partiti, io, Chiara, Mauro, Caterina, Alessandro e abuna (don) Alberto per questa nostra “santa” avventura. L’accoglienza è stata una sorpresa unica: una rosa a ciascuno con la scritta “welcome”. Il mezzo di trasporto ci faceva sentire a casa: un furgone tipo Ducato, bianco, quasi come tutti quelli delle case salesiane! Il viaggio tra l’aeroporto e Nazaret sembrava poi una scena da film: fuori dai finestrini c’era l’alba… una luce bellissima, che ci diceva: “Benvenuti nella terra di Gesù”.
Le prime sensazioni erano di meraviglia, di curiosità, di essere dentro un sogno. Ogni giorno c’era qualcosa di nuovo da scoprire, da conoscere, da meravigliarsi. Sentirsi dire con così tanta semplicità: “Quella è la Basilica dell’Annunciazione, quello il monte Tabor, un po’ più in là c’è il lago di Tiberiade”, “Domani andremo a Gerusalemme”, oppure “Questo pomeriggio andiamo a Betlemme nella Basilica della Natività”, mi sembrava impossibile, incredibile, inimmaginabile. Eppure… eravamo proprio lì, ero lì… ogni tanto mi capitava di pensare: “Magari Gesù è passato per di qua!”, oppure “Cosa avrà pensato mentre guardava questo paesaggio?”, “Come era Gesù quando era piccolo? Con chi stava? Chi erano i suoi amici?”. Domande queste, come tante altre successive, che, penso, non mi sarei posta prima di allora…
Dopo qualche giorno dal nostro arrivo è iniziato il grest, ovvero la Mukhiam in arabo. Di nuovo mi sembrava di essere in un sogno: l’accoglienza dei bambini e degli animatori, la loro gioia, disponibilità, la loro curiosità, mi riempivano ogni giorno. La lingua? È stato uno dei primi punti di unione e di incontro tra noi, gli animatori e i bambini. Loro erano i primi a divertirsi ad insegnarci l’arabo! Ammetto comunque che alcune volte era stancante, con il caldo che faceva, giocare, ballare e cercare di comunicarsi… però ogni volta che mi capitava di aver voglia di starmene in un angolo un attimo, arrivava sempre un bambino o un animatore a chiamarmi, a sorridermi… e bastava questo perché la giornata passasse in un batter d’occhio!
Le cose da raccontare di quest’esperienza sarebbero tantissime… perché ogni giorno era nuovo ed unico… Sintetizzo in tre punti gli aspetti più intensi e speciali per me di questo viaggio.
Il primo è l’esperienza di animazione: sono sicura di aver ricevuto più di quanto ho dato. I loro volti, la loro allegria, i loro canti, il loro modo di fare, di scherzare, la loro semplicità mi hanno riempito di gioia e anche di nostalgia. Penso di aver capito almeno un po’ quello che sentiva Don Bosco quando diceva ai suoi giovani: “Vicino o lontano, penso sempre a voi. Un solo è il mio desiderio: vedervi felici nel tempo e nell’eternità”.
Il secondo: l’esperienza di comunità. In verità, non avevo neanche considerato questo punto prima di partire per la Terra Santa. Questo, invece, si è rivelato uno degli aspetti per me più importanti e significativi. Vivere con una comunità salesiana, mangiare insieme e soprattutto pregare insieme, mi ha fatto capire che siamo realmente parte di un’unica famiglia, che vicini o lontani, siamo comunque figli di un grande sognatore.
L’ultimo punto, non per ordine di importanza, è quello della visita ai luoghi santi: i sentimenti vissuti, le emozioni e le riflessioni sono davvero indescrivibili… essere nella terra di Gesù è già di per sé un’esperienza “santa”, ma lo è ancora di più poter conoscere i luoghi dove egli è stato e poter sentirlo così vicino, così “umano” e in mezzo a noi… Stando a Nazaret, inoltre, ho avuto l’opportunità di conoscere meglio la figura di Maria, che ha dato il tocco di santità necessario per rendere quest’esperienza unica…
Insomma… direi che il sogno di fare una esperienza di animazione all’estero si sia davvero realizzato, e anzi è stato molto più di quanto mi potessi aspettare… Posso dire veramente di sentirmi figlia di un sognatore, e oltremodo affermare con tutto il cuore che mi sento davvero preziosa agli occhi di Qualcuno lassù…
Sara Favrin
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