Integrare connessione e stare insieme. Attraversare tutte le culture: come abili surfisti sulla tavola della Parola di Dio, dobbiamo cavalcare le onde digitali tenendo fissa la rotta sulla Sola Meta in grado di renderci più umani.
del 28 aprile 2010
 
          Testimoni digitali ci ha regalato su tutto un’acquisizione di cui far tesoro per il futuro. La questione del web non è se usarlo bene o male ma, standovi dentro fino al collo ormai tutti, iniziare ad integrare l’essere connessi con lo stare insieme in carne e ossa.
 
          L’approccio con i nuovi linguaggi è una sfida inevitabile che siamo chiamati ad affrontare con la “leggerezza della fantasia”. Dal discorso del Papa e dal lavoro di questi giorni è emersa chiaramente l’idea che la Rete sia infatti una frontiera irreversibile della missione della Chiesa.
          Un luogo di prossimità in cui far emergere la domanda su Dio e immettere il seme del Vangelo. Un novello “cortile dei gentili”, come lo ha definito il Santo Padre, immagine che proprio sabato mattina padre Lombardi ha voluto allargare alla “Rete dei gentili”, dove i testimoni digitali sono chiamati a navigare: un cantiere per “costruire ponti di comprensione e di comunione”, come ha aggiunto salutando il Papa il cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco.
          Io penso che il bilancio di questo convegno nazionale non possa che essere ampiamente positivo, sia per la partecipazione, sia per i contenuti. Mi riferisco in particolare al mandato del Papa a far sì che la comunicazione non sia più un ambito accanto agli altri, ma una dimensione con cui l’intera pastorale deve fare i conti. Credo che come gli anni ’70-’80 hanno visto un investimento sulla catechesi e quelli successivi un analogo impegno sulla carità, sia giunto il momento di investire adesso proprio sugli operatori della comunicazione e della cultura. Sabato mattina in aula Paolo VI eravamo in più di ottomila, per lo più giovani, cui si sono aggiunti da casa 17mila contatti in streaming (105.000 accessi al sito solo durante i tre giorni del convegno…).
          L’incontro con il Papa, come ha ricordato il card. Bagnasco, ha mostrato il volto di una Chiesa giovane in cui anche le generazioni più recenti sanno mettere a disposizione del Vangelo le loro competenze e la loro fantasia. Per questo nel mio intervento ho parlato di “vino nuovo in otri nuovi”. L’immagine evangelica serve a ricordare che anche nella comunicazione del Vangelo oggi c’è qualcosa di nuovo e qualcosa di vecchio. Il nuovo è, naturalmente, la Buona Notizia, spumeggiante e dirompente come un vino novello; il vecchio è paradossalmente la comunicazione, che è soggetta a innovazioni rapide e presto datate, a mutamenti che cominciamo a comprendere solo quando sono passati.
          Perciò dobbiamo imparare a comunicare con intenzionalità, interesse, impegno e responsabilità. I tre giorni di Testimoni digitali (e sabato in particolare, grazie al commovente abbraccio con Benedetto XVI) ci hanno ricordato che della Rete non bisogna avere paura, ma anzi bisogna abitarla con il nostro stile e con la nostra identità di cristiani.
          Di fronte alla rivoluzione digitale la Chiesa deve fare ciò che ha sempre fatto, cioè attraversare tutte le culture, senza sposarne una in particolare: come abili surfisti sulla tavola della Parola di Dio, dobbiamo cavalcare le onde digitali tenendo fissa la rotta sulla Sola Meta in grado di renderci più umani.
Domenico Pompili
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