Basterebbe la seguente dichiarazione di Alberty Einstein, resa nel dicembre 1940 al Time magazine, per smontare la tesi del film: «Solo la Chiesa si è schierata apertamente contro la campagna di Hitler per la soppressione della verità. Non ho mai avuto un particolare amore per la Chiesa prima d'ora, ma adesso provo un grande affetto e ammirazione perché solo la Chiesa ha avuto il coraggio..».
del 25 gennaio 2007
Nella scuola italiana (come la mia) capita che in prossimità della Giornata della Memoria venga propinato ai poveri studenti il film Amen di Costa Gavras. Un film imbarazzante perchè smaccatamente ideologico, non tanto impegnato a tener desta la meoria dell'olocausto, quanto a denunciare i presunti silenzi del Vaticano ed in particolare di Pio XII. Come per Dan Brown, anche per Costa Gavras tutto il male si concentra in Vaticano, centro di un potere cinico e baro. L'odio e la profonda avversione per la chiesa-istituzione (e ovviamente per il suo ingombrante e insopportabile peso politico e culturale) hanno spinto il regista a riesumare quella piece teatrale intitolata Il Vicario, risalente al 1963, con la quale Rolf Hochhuth (scrittore tedesco di sinistra) inaugurò la “leggenda nera” di un Pio XII troppo silenzioso e addirittura connivente con Hitler.
Gli ignari studenti si berranno tutta questa miscela di odio e diffamazione, restando all'oscuro dei fatti storici; rafforzeranno i loro pregiudizi (se già li hanno) o se ne faranno dei nuovi, senza essere aiutati ad una obiettiva riflessione su quei fatti.
Eppure basterebbe la seguente dichiarazione di Alberty Einstein,  resa nel dicembre 1940 al Time magazine,  per smontare la tesi del film: «Solo la Chiesa si è schierata apertamente contro la campagna di Hitler per la soppressione della verità. Non ho mai avuto un particolare amore per la Chiesa prima d’ora, ma adesso provo un grande affetto e ammirazione perché solo la Chiesa ha avuto il coraggio e la tenacia di schierarsi in difesa della verità intellettuale e della libertà morale. Sono perciò costretto a confessare che ora apprezzo senza riserve quello che un tempo disprezzavo».
Possiamo continuare con qualche altra citazione storica.
Nel 1943 Chaim Weizmann, che sarebbe diventato poi il primo presidente dello stato di Israele, scrisse che «la Santa Sede sta prestando il suo potente aiuto laddove è possibile, per alleviare la sorte dei miei correligionari perseguitati».
Moshe Sharett, vice primo ministro israeliano, incontrò Pio XII alla fine della guerra e «gli dissi che era mio primo dovere ringraziare lui, e attraverso di lui la Chiesa cattolica, a nome del popolo ebraico per tutto ciò che hanno fatto nei vari Paesi per proteggere gli ebrei».
Il rabbino Isaac Herzog, Rabbino capo di Israele, inviò un messaggio nel febbraio del 1944 dichiarando: «Il popolo di Israele non dimenticherà mai ciò che Sua Santità e i suoi illustri delegati, ispirati dai principi eterni della religione, che stanno alla base della autentica civiltà, stanno facendo per i nostri sventurati fratelli e sorelle nell’ora più tragica della nostra storia, una prova vivente della Divina Provvidenza in questo mondo».
Nel settembre 1945 Leon Kubowitzky, segretario generale del Congresso ebraico mondiale, ringraziò personalmente il Papa per i suoi interventi, e il Congresso ebraico mondiale donò 20.000 dollari all’Obolo di San Pietro «come segno di riconoscenza per l’opera svolta dalla Santa Sede nel salvare gli ebrei dalle persecuzioni fasciste e naziste”.
Nel 1955, quando l’Italia celebrò il decimo anniversario della sua liberazione, l’Unione delle comunità ebraiche italiane proclamò il 17 aprile “Giornata di ringraziamento” per l’assistenza ricevuta dal Papa durante la guerra.
Questa la dichiarazione di Elio Toaff, rabbino capo di Roma, sopravvissuto all'olocausto:
Il Talmud insegna che «chiunque salvi una vita, gli sarà riconosciuto secondo le Scritture come se avesse salvato il mondo intero». Più di ogni altro leader del ventesimo secolo, Pio XII adempì a questo detto del Talmud, quando era in gioco la sorte dell’Ebraismo europeo. Nessun altro papa è stato apprezzato tanto diffusamente dagli ebrei, e non a torto. La loro gratitudine, come quella dell’intera generazione dei sopravvissuti all’Olocausto, testimonia che Pio XII fu, veramente e profondamente, un “giusto gentile”.
Nel suo libro del 1967, Three Popes and the Jews, il diplomatico Pinchas Lapide (che prestò servizio come console di Israele a Milano e intervistò gli italiani sopravvissuti all’Olocausto) dichiarò che Pio XII «diede un contributo sostanziale a salvare 700.000, ma forse addirittura 860.000 ebrei da morte certa per mano dei nazisti».
Ma poi la Chiesa cattolica fu davvero silenziosa? Falso.
Andrebbe ricordato che i vescovi cattolici, con la loro opposizione, riuscirono a bloccare il programma eugenetico di Hitler, di eliminazione e sterilizzazione degli handicappati. Andrebbe detto che tra il 1917 e il 1929 fu nunzio apostolico proprio in Germania un certo Eugenio Pacelli (il futuro Pio XII), il quale con 40 dei 44 discorsi pronunciati a quell'epoca aveva denunciato qualche aspetto dell'ideologia nazista. La stampa nazista lo definiva con disprezzo “amico degli ebrei”.
E fu proprio Pacelli a diventare in seguito Segretario di Stato Vaticano, il collaboratore più stretto di Pio XI. Circostanza importante, perchè nel 1937, ormai malato e vicino alla morte, Pio XI emise la Brennender Sorge, una lettera enciclica scritta a quattro mani con futuro Pio XII. Un documento ufficiale, di denuncia anche dura, che contiene frasi di questo tipo:”Solamente spiriti superficiali possono cadere nell’errore di parlare di un Dio nazionale, di una religione nazionale, e intraprendere il folle tentativo di imprigionare nei limiti di un solo popolo, nella ristrettezza etnica di una sola razza, Dio, Creatore del mondo, Re e Legislatore dei popoli, davanti alla grandezza del quale le nazioni sono piccole come gocce in un catino d’acqua (Is. XL, 15)”. Silenzi, caro Gavras?! Qualcun altro, in giro per il mondo, osò esporsi tanto e così ufficialmente?
Subito dopo Pacelli divenne Papa. Scoppiò la guerra. Ogni ordine, ogni patto, ogni trattato, ogni rispetto di convenzioni internazionali andò a gambe all'aria. La belva sanguinaria che si chiamava Hitler si scatenò, mettendo in campo tutta la sua straordinaria macchina da guerra. Le vite umane diventarono dei puri accidenti, nelle mani di chi sognava di creare un'umanità nuova.
Pio XII continuò a parlare, ma per come era possibile in quelle situazioni. Forse disse poco, forse non fu diretto ed esplicito, forse lasciò intendere, ma ogni sua parola (detta anche in udienza privata a poche persone) aveva il privilegio di rimbalzare da una parte all'altra del globo in guerra.
Nella sua prima enciclica, Summi Pontificatus, pubblicata in gran fretta nel 1939 per impetrare la pace, Pio XII citava  san Paolo: «Non ci sono più ebrei né gentili», usando la parola «ebrei» specificamente nel contesto di un rifiuto dell’ideologia razziale. Il New York Times accolse l’enciclica con un articolo in prima pagina il 28 ottobre 1939: «Il Papa condanna i dittatori, i violatori dei trattati e il razzismo». Forze aeree alleate paracadutarono migliaia di copie del quotidiano sopra la Germania nel tentativo di ridestare sentimenti antinazisti.
Nel messaggio natalizio del 1942, quando tutti i capi di Stato tacevano, Pio XII denunciò la persecuzione contro <<centinaia di migliaia di individui che, senza colpa, qualche volta solamente per ragioni della loro nazionalità o razza, sono stati designati per la morte o per l'estinzione progressiva>>. Il New York Times dichiarò: «La voce di Pio XII è una voce solitaria nel silenzio e nell’oscurità che avvolge l’Europa in questo Natale… Chiedendo un “nuovo ordine autentico” basato su “libertà, giustizia e amore”, il Papa si è schierato apertamente contro l’hitlerismo».  
Nel  discorso  del 2 giugno 1943 Pio XII parlò di quanti si rivolgevano a lui <<perché a causa della loro nazionalità o della loro stirpe erano destinati a costrizioni sterminatrici>. Da notare che né Winston Churchill né il presidente americano Roosevelt hanno denunciato lo sterminio, e non avevano ragioni per tacere, non avevano fedeli sparsi in tutto il mondo che potevano subire ritorsioni naziste.
Già, le ritorsioni. Quando i vescovi olandesi vollero essere più espliciti, con una lettera nel luglio del 1942, sulle persecuzioni degli ebrei, subito si ebbero in Olanda arresti e deportazioni di cattolici e di ebrei convertiti al cattolicesimo (famoso il caso di Edith Stein, poi morta in un campo di concentramento).
Si poteva fare e dire di più? Sì, certamente, ma si sarebbe messa in pericolo la vita di migliaia di altri innocenti. Basta pensare a quanto avviene oggi. Si potrebbe essere più espliciti nel condannare la mancanza di libertà religiosa in certi paesi islamici. Si potrebbe attaccare con decisione la Cina per la sua politica anticattolica... Ma quali sarebbero le conseguenze?
Certo, ci si potrebbe chiedere cosa poteva esserci di peggio del genocidio di sei milioni di ebrei. La risposta è: la carneficina di altre centinaia di migliaia. E il Vaticano lavorò proprio per salvare quelli che poteva.
Resta il fatto che mentre circa l’80% degli ebrei europei trovò la morte durante la Seconda Guerra mondiale, l’80% degli ebrei italiani ebbe salva la vita.
Nei mesi in cui Roma si trovava sotto l’occupazione tedesca, Pio XII istruì il clero italiano su come salvare vite con ogni mezzo possibile. Dall’ottobre del 1943, Pio XII dispose che chiese e conventi in tutta Italia dessero nascondiglio agli ebrei.
A Roma, 155 conventi e monasteri diedero asilo a circa cinquemila ebrei. Almeno tremila trovarono rifugio nella residenza estiva del pontefice a Castel Gandolfo. Sessanta ebrei vissero per nove mesi dentro l’Università Gregoriana e molti furono nascosti nello scantinato del Pontificio Istituto Biblico. Centinaia di altri trovarono asilo all’interno del Vaticano stesso. Seguendo le istruzioni di Pio XII, molti preti, monaci, suore, cardinali e vescovi italiani si adoperarono per salvare migliaia di vite di ebrei. Il cardinal Boetto di Genova ne salvò almeno ottocento. Il Vescovo di Assisi nascose trecento ebrei per oltre due anni. Il Vescovo di Campagna e due suoi parenti ne salvarono altri 961 a Fiume.
Chi si può permettere, stando comodamente in poltrona e venendo sessant'anni dopo questi fatti, di giudicare l'operato di un uomo come Pio XII? Chi può permettersi di ridurre ad un giochetto di potere vaticano il dramma interiore, gli sforzi compiuti, le strade tentate?
Chi? Costa Gavras? Ma fateci il piacere!
Gianluca Zappa
Versione app: 3.25.0 (fe9cd7d)