Con la visita ai cimiteri riscopriamo l'essenziale

Parla don Luigi Guglielmoni prete della diocesi di Fidenza ed esperto dei riti di congedo

Seppellire morti è una delle sette opere di misericordia corporale indicate dal Vangelo di Matteo. Ma forse anche visitare i cimiteri, portare un fiore, accendere un lumino sulla tomba dei nostri cari, accarezzarne furtivamente le lapidi, nel giorno della commemorazione dei defunti, può avere la stessa valenza. E con un valore aggiunto se si guarda alla pandemia. «Perché ci consente di imparare l’arte di ricominciare».

È la convinzione a cui è giunto il prete della diocesi di Fidenza ed esperto dei riti di congedo e benedizione dei defunti, don Luigi Guglielmoni. Non è un caso che proprio in questi mesi il presbitero che guida la parrocchia di San Bartolomeo Apostolo a Busseto – la stessa dove nell’adiacente cappella dedicata alla Santissima Trinità si sposò il giovanissimo Giuseppe Verdi con Margherita Barezzi nel 1836 – abbia dato alle stampe con il laico Fausto Negri il bel saggio La sofferenza: dramma e mistero. Meditazione e preghiere (Centro Eucaristico, pagine 108, euro 8) per cercare di dare anche una risposta di senso al tema dei lutti e del dolore causato dalle morti dei nostri cari.


«Con la preghiera accanto alle tombe dei nostri cari possiamo imparare, alla luce anche del Covid, l’“arte di ricominciare”»


«Mi viene sempre in mente l’immagine dell’ostrica e della perla che – racconta il sacerdote – ci regala nei suoi testi Gustave Flaubert. Il grande scrittore francese aveva comparato il dolore alla perla dell’ostrica. E memorabili sono state le sue parole: “La perla è una malattia dell’ostrica eppure è una realtà infinitamente preziosa; il dolore è come un raffinamento di noi stessi, una più intensa e completa penetrazione nella nostra anima e nella realtà”. Penso che queste parole ci aiutino a comprendere come la sofferenza ci possa aiutare a crescere e ad “affinarci”». 

Un tema quello della sofferenza che ha a che fare per don Luigi con l’essersi quasi confrontato con “sorella morte” nei mesi scorsi. «Io stesso ho contratto il Covid e sono stato ricoverato nel reparto di terapia intensiva a Parma – è la testimonianza commossa –. E ho chiesto al Signore perché mi abbia miracolosamente salvato rispetto ad altri miei compagni di viaggio. Un’esperienza che mi ha aiutato ad andare all’essenziale e a non fare progetti di lungo termine». 

In questi giorni dedicati alla visita ai cimiteri don Guglielmoni inforcherà la sua bici – proprio come capita nei racconti di don Camillo lungo la Bassa parmense immortalati da Giovannino Guareschi – per celebrare i riti ma anche per portare una parola di conforto a chi gliela chiederà. «Quello che ho potuto sperimentare durante tante esequie avvenute durante i mesi di restrizioni sanitarie e di lockdown è stato quello di raccogliere la rabbia e l’impotenza di tante persone che non hanno potuto partecipare al rito di congedo dei loro cari». Una sofferenza, quella del “lutto a distanza”, agli occhi di questo sacerdote, che ha costretto molte persone a partecipare quasi da “remoto” e in modo dilazionato ai funerali dei loro congiunti. 

«La cosa che è mancata di più è stato il poter salutare, per l’ultima volta, i propri cari, sostare con un silenzio interiore ed esteriore di fronte alle bare, infilare un biglietto o una foto vicino alla salma che dicesse tutto di quelle vite che non ci sono più. Credo che questi gesti così semplici ma anche simbolici che sono mancati a causa della pandemia permettano ora nella normalità di questi giorni di elaborare, per quanto possibile, un lutto che rimane comunque per chi rimane qui una “potatura violenta” dei propri affetti».

Un viaggio quello tra i cimiteri che può simboleggiare anche qualcosa di più. Proprio come ci raccontano gli epitaffi de L’antologia di Spoon Riverdello scrittore statunitense Edgar Lee Masters. «Sostando di fronte alle tombe dei nostri conoscenti guardando le foto e leggendo la data di nascita e di morte ci dovremmo chiedere cosa dicono a noi oggi e quanto l’esempio delle loro esistenze – è la riflessione finale – ci possa aiutare ad essere dei cristiani migliori, ad essere meno incattiviti e distratti verso lo cose che veramente contano. Può rappresentare un buon esame di coscienza per la vita di ogni giorno. E così come direbbero gli antichi possiamo imparare a “morire a noi stessi” al nostro amor proprio e sostare in preghiera pensando solo all’essenziale».


Da sapere. Indulgenza per un mese

Anche quest’anno per il perdurare dell’epidemia del Covid-19, restano valide le disposizioni per ottenere l’indulgenza plenaria per i defunti «per tutto il mese di novembre», dunque estendendo il tradizionale «ottavario». La conferma delle norme è per evitare assembramenti e per permettere di ottenere l’indulgenza per i propri morti, anche da parte di chi è ammalato o anziano e non può uscire di casa.


di Filippo Rizzi

tratto da avvenire.it

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