Il problema di Dio ha interessato da sempre i non credenti, così come il fenomeno della non credenza è diventato dall'inizio un problema teologico. Ambedue costituiscono delle ricerche, una di Dio, l'altra della sua assenza. Molto spesso la cancellazione di Dio dentro di noi, per andare "al di là del bene e del male", si è dimostrato un compito arduo e non sempre avallato dalla ragione.
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             Il problema di Dio ha interessato da sempre i non credenti, così come il fenomeno della non credenza è diventato dall'inizio un problema teologico. Ambedue costituiscono delle ricerche, una di Dio, l'altra della sua assenza. Molto spesso la cancellazione di Dio dentro di noi, per andare 'al di là del bene e del male', si è dimostrato un compito arduo e non sempre avallato dalla ragione. 
          'Ogni epoca è in contatto immediato con Dio', ripeteva Leopold von Ranke nelle sue conferenze sulla storia, tenute nel 1854. A volte alla nostra società manca la coscienza di essere in contatto con qualcosa che la trascende. Accade molto spesso che il filosofo ateo, scomodando anche la scienza, faccia dipendere il successo della sua impresa semplicemente dalla coerenza formale con cui riesce a porre quell'alfa privativo davanti al sostantivo thèos. Il discorso però è molto più complesso e assume note tragiche per il fatto che la presenza o l'assenza di Dio incide profondamente sulla nostra esistenza e su quella della società in cui viviamo. Da quando è stato creato, più di cinquant'anni fa, l'Istituto di ricerca della non credenza e delle culture presso l'Urbaniana, ha esplorato con l'aiuto della ragione le vie degli atei e nello stesso tempo ha cercato di illuminare le strade che portano a Dio. Questa ricerca ha portato alla costruzione di dialoghi fecondi con pensatori credenti e non credenti. In questo contesto l'Istituto ha invitato quest'anno il filosofo inglese Richard Swinburne a tenere tre lezioni pubbliche sul tema di Dio. Swinburne, da sempre impegnato a dimostrare dal punto di vista filosofico la coerenza del teismo e le ragioni che portano l'uomo a credere in Dio, è un interlocutore privilegiato anche per il fatto che la sua riflessione affonda le proprie radici nella tradizione filosofica di matrice cristiana, dichiarando così la sua attuale fecondità.
          Nei tre giorni di lezione che terrà presso la Pontificia Università Urbaniana Swinburne cercherà di sviluppare il suo progetto di teologia naturale. Il suo percorso parte dalla probabilità dell'ipotesi del teismo, considerando tale ipotesi come semplice e non contraddittoria di fronte alle leggi che spiegano la realtà. Egli ritiene inoltre che non si può costruire un'altra ipotesi più probabile o altrettanto valida come quella del teismo, per spiegare il mondo. 
          Visto che l'ipotesi del teismo soddisfa questi criteri, conclude Swinburne, allora è più probabile che sia vera anzi che no. Compito della riflessione, nell'ambito della teologia naturale, è quello di andare oltre i limiti dell'esistenzialismo cristiano, il quale non sempre è riuscito a produrre argomentazioni valide per provare la coerenza del teismo. Ciò dimostrato, il filosofo inglese si occupa dell'interazione tra la causalità inanimata (mondo fisico) e quella personale. Compito di quest'ultima è la spiegazione metafisica di 'qualcosa' che va oltre il mondo materiale. Swinburne prende in considerazione tre possibili vie per spiegare l'esistenza e la natura di una causa ultima della realtà: il materialismo, l'umanesimo e il teismo. Il primo modello individua il fondamento dell'operatività della realtà personale nella realtà inanimata, riducendo così l'intera realtà a quella fisica. L'umanesimo, nell'accezione swinburniana, sostiene che i fattori personali non possono essere spiegati del tutto in termini inanimati, e la realtà inanimata non può essere interpretata del tutto in termini di causalità personale. Ambedue sono ipotesi non semplici, che non escludono la formulazione di alternative più coerenti per la spiegazione del mondo. Infine, il teismo, che afferma l'esistenza di un Dio che crea e conserva l'universo, e che agisce sul mondo fisico e personale senza dipendere da esso. Il teismo è l'ipotesi che ammette l'esistenza di una sola persona che racchiude in sé, per esprimerci con Leibniz, 'tutte le perfezioni semplici nel loro grado massimo'.
          Tema della terza lezione sarà il problema del male e la spiegazione della compatibilità dell'esistenza del male con quella di un essere onnipotente, onnisciente e illimitato. Si ripresenta la domanda di Agostino, quando parlando di Dio come la bontà in persona (ipsum bonum), si chiede: 'Da chi mi viene dunque il consenso al male e il rifuto che oppongo al bene?' (Confessioni, VII, 3, 5). Alcuni secoli dopo l'Aquinate affermerà che appartiene alla infinita bontà di Dio permettere il male per trarre da esso del bene.
          Swinburne, sulla scia dei classici cristiani, distingue due tipi di male, quello naturale e quello morale, che è il male 'causato deliberatamente dagli uomini'. Invece, il male naturale offre l'opportunità di fare scelte importanti, le quali aprono ulteriormente l'orizzonte della nostra esistenza verso nuove e altrimenti sconosciute vie che ci permettono di realizzare la nostra umanità.Il problema del male viene visto alla luce della responsabilità reciproca e non limitata che Dio concede agli uomini. Questo modo di concepire il libero arbitrio e la possibilità degli uomini di trasgredire, serve a Swinburne per sottolineare la capacità degli uomini di compiere una scelta veramente libera e cosciente. Il male acquista un vero senso per il fatto che l'uomo non è soltanto materia, ma possiede un'anima immortale che sa trarre un bene maggiore dalla sua vulnerabilità nei confronti del male. 
          Nel pensiero del filosofo inglese si sentono note ottimistiche, poiché il male non appare mai da solo, ad esso, in ogni istante, si contrappone il bene, inteso sia come libero proponimento dell'individuo di compierlo, sia come capacità di collaborazione con gli altri, nel dedicare la vita a ideali nobili. Il teismo è coerente nella sua formulazione logica, perché non è contraddittorio e allo stesso tempo assolve il compito di spiegare bene la realtà del nostro mondo. Le argomentazioni di Swinburne beneficiano molto della chiarezza dei ragionamenti che si fanno nell'ambito della scienza, senza cedere però alla tentazione di voler conoscere e spiegare tutto a ogni costo. Egli, da investigatore accorto, ha designato attraverso le sue opere nuovi percorsi che gli hanno permesso di parlare di Dio attraverso un linguaggio comprensibile e con modi di argomentare familiari anche ai non credenti. La lettura delle sue opere: The Coherence of Theism (1977, 1993), Revelation. From Metaphor to Analogy (1992), Is there a God? (1996), fa pensare che Dio non è poi così lontano, per trovarlo basta 'espandere l'intelletto con la massima libertà', come afferma John Henry Newman, e soprattutto non avere paura di incontrarlo. 
Ardian Ndreca
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