In questi anni ci siamo incontrati con individui a cui non abbiamo proprio niente da insegnare, persone laureate che si ritrovano a fare la fila per una doccia, per un pasto caldo e per un abito pulito, situazioni che mettono di fronte all'interrogativo: 'Sono una persona?' prima ancora che 'Sono una persona che ha diritti?'.
del 21 maggio 2008
COMUNICATO STAMPA
 
 
Come Federazione SCS/CNOS, Salesiani per il sociale, giorni addietro  chiudevamo la nostra assemblea annuale con un occhio attento agli sviluppi e alle ondate razziste e xenofobe che si stanno producendo nel nostro paese affermando: “Noi in questa caccia allo straniero, al diverso, all’emarginato, non ci troviamo, siamo dall’altra parte. Continueremo a stare per e con i ragazzi poveri, continueremo a bussare - come don Bosco - non tanto per chiedere la carità dei progetti, ma per esigere e tutelare i diritti dei più poveri”.
Questo perché le esperienze dei nostri educatori di strada, dei centri diurni nelle città a forte valenza immigratoria, ci chiedono di svuotare la mente da tutti quegli stereotipi che quotidianamente imprigionano gli italiani relativamente alla figura dell’immigrato ed ancor peggio dell’immigrato cosiddetto “irregolare”. Abbiamo incontrato in strada non clandestini o immigrati ma persone. Che raccontano storie di paesi bellissimi che a malincuore hanno dovuto abbandonare, di povertà, di responsabilità verso chi è rimasto e non ha le risorse per mangiare. Tutto questo ci sollecita ad un paradigma conoscitivo non totalitario e chiuso, bensì attento, curioso, disponibile ad uno scambio, ad una condivisione anche di tipo culturale, che non nasconde le differenze ma le valorizza nella loro specificità e nella loro unicità come unica e eccezionale è l’esperienza di ogni essere umano.
In questi anni ci siamo incontrati con individui a cui non abbiamo proprio niente da insegnare, persone laureate che si ritrovano a fare la fila per una doccia, per un pasto caldo e per un abito pulito, situazioni che mettono di fronte all'interrogativo: “Sono una persona?' prima ancora che 'Sono una persona che ha diritti?'.
La strada, unica soluzione che spesso la nostra società ha offerto agli “stranieri”, addormenta e soffoca le risorse individuali, che spesso però, con adeguati interventi e la giusta attenzione, riprendono vita e si trasformano in “possibilità”.
Come giustamente qualcuno ha osservato: “Le recenti elezioni ci hanno mostrato quanto può la paura dei nuovi flussi migratori. Allargando a una intera etnia le caratteristiche di alcuni suoi membri che vivono in una situazione di marginalizzazione, si sta oggi costruendo in Italia l'immagine del nemico rumeno, capro espiatorio ideale per una società che, travolta in un processo di trasformazione anche etnica, non riesce più a riconoscersi”.
Noi riteniamo sia arrivato il momento di smetterla con le generalizzazioni, col credere che c’è un’etnia di violentatori, una di spacciatori, una di truffatori, ecc. ; forse è più realistico e più utile andare a ragionare sul fatto che queste persone esistono, trasversalmente a tutte le nazionalità e al di là del possesso di documenti o meno.
Ma c’è un risvolto più educativo che ancora ci interessa.
Di fronte ad adulti che bruciano i campi nomadi, che organizzano ronde “giustizialiste” che usano parole cariche di violenza (in politica, nei media e nel quotidiano), che dimostrano un'assoluta mancanza di rispetto per l'altro, per quell’altro che esce di poco dai confini della cerchia familiare e di amici, che cosa si può pretendere dai più piccoli che respirano questo clima di intolleranza, di chiusura e di poca disponibilità all’ascolto e all’accoglienza?
Il giovane studente picchiato dai suoi compagni perché «sporco romeno» è uno degli esempi delle conseguenze possibili e purtroppo reali.
Una esagerata, opportunista utilizzazione del cosiddetto «tema sicurezza» sta creando nei nostri quartieri, tra molte persone, soprattutto gli anziani e le persone che vivono condizioni di povertà, un tipo di rifiuto che sta molto vicino all'odio.
Tutti dicono che c’è domanda educativa, ma per chi? Forse non solo per i ragazzi, gli adolescenti, c’è da educare un mondo di adulti, città da costruire a misura di persone. In questa bagarre xenofoba, razzista, in questa “caccia”, facciamo un passo indietro. In primo luogo lo diciamo alla politica che è l’arte della mediazione, della ricerca della strada possibile per tutti. Nel binomio giustizia e solidarietà non c’è prima la giustizia e poi la solidarietà, come qualche amministratore ha detto; vanno coniugate insieme, altrimenti diventa una giustizia solo per pochi. In questo modo vanno trasmessi ai giovani.
 
 
 
 
 
 FEDERAZIONE SCS/CNOS
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don Domenico Ricca
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