“Coraggio! Alzati!”

Una delle città più belle, un'oasi favolosa, da sogno. Vegetazione incantevole perché la temperatura anche di inverno non scende mai sotto i 15 gradi e l'abbondanza dell'acqua e del sole assicurano vegetazione, frutti, conforto e ristoro...

“Coraggio! Alzati!”

da Teologo Borèl

del 21 ottobre 2009

30° domenica del Tempo Ordinario

25 ottobre 2009

“Coraggio! Alzati!”

 

 

 

Letture:  Geremia 31, 7-9                         Ebrei 5, 1-6              Marco 10, 46-52

 

L’episodio del cieco di Gerico narrato nel Vangelo di Marco, è la storia dell’uomo, che si lascia toccare dal passaggio di Gesù. Questo brano mi ha fatto meditare a lungo per la sua bellezza, per i suoi passaggi così vicini alle situazioni che oggi noi viviamo. Mi sono chiesto più volte: lo cerchiamo noi Gesù? Desideriamo l’incontro con Lui? Come può accadere di nuovo in molti giovani l’incontro con Gesù? Come il contatto con Lui può accendere dentro di noi la scintilla che cambia la nostra identità? Il vangelo di Gesù dà parola a un incontro decisivo che cambia la vita e fa incontrare la luce!

 

Voglio, pertanto, condividere con voi alcune riflessioni che mi hanno guidato nella interiorizzazione di questa pagina straordinaria di Vangelo che contiene il suggerimento che, per seguire Gesù, occorre vederci bene, con quella vista che è disponibilità a seguirlo lungo le strade che Lui traccia.

 

L’episodio della guarigione del cieco si svolge a Gerico. Una delle città più belle, un’oasi favolosa, da sogno. Vegetazione incantevole perché la temperatura anche di inverno non scende mai sotto i 15 gradi e l’abbondanza dell’acqua  e del sole assicurano vegetazione, frutti, conforto e ristoro.

Ma a Gerico, ricordiamo, il popolo aveva sperimentato anche la potenza di Dio che abbatte le mura della città nemica (Gs 6), qui il profeta Elia era salito al cielo lasciando ad Eliseo l’eredità della sua opera (2 Re 2,1-18), qui Gesù aveva incontrato e ‘trasformato’ anche Zaccheo (Lc 19,1-10).

 

Tra tutta questa abbondanza però non manca la povertà e l’emarginazione. Questo cieco ne è la prova. Lo troviamo «lungo la strada», si accontenta di stare in questa posizione. Non può essere «sulla» strada perché la strada è luogo di comunicazione, di passaggio per coloro che devono fare affari, che vedono (!) e che hanno fretta.

 

Bartimeo si trova in una posizione di umiliante inferiorità e di sconforto, come tutti i poveri! Ma improvvisamente qualcosa cambia. Probabilmente è attirato dalla confusione del passaggio di Gesù e per questo si mette a «gridare». Questo grido è una preghiera stupenda: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». È il grido del povero che nasce da un cuore accorato. Come non ricordare le parole del salmo 34 che affermano: «Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce». Questa prima situazione ci ricorda una grande verità: Dio non è mai sordo ai nostri problemi!

 

Bartimeo dunque grida e chiede a Gesù di prendersi cura di lui. Lo chiede con grande fede, difatti per lui Gesù è il Figlio di Davide! Per questo grida, chiede comprensione per sé, per la sua condizione di emarginato.

 

Quanto siamo capaci noi di «gridare» a Dio nelle nostre necessità?

Gridiamo perché abbiamo fede o forse non gridiamo più perché abbiamo perso la fede in Gesù Figlio di Davide?

 

«Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». I padri del deserto (e la spiritualità orientale in genere) hanno fatto di questa espressione un archètipo della fede, la cosiddetta preghiera del cuore da recitare in ogni momento della giornata fino a farla coincidere con il proprio respiro; è la preghiera che ricorda ad ogni cristiano la sua incapacità di amare, ma che, allo stesso tempo, apre gli orizzonti dell’esistenza sulla sconfinata misericordia divina. Elevare a Dio queste parole, soprattutto nei momenti bui, è garanzia di ascolto e di conversione se mossi da un cuore desideroso di perdono. La frase di questo cieco è la più antica preghiera litanica cristiana e racchiude in sé l’intera storia della salvezza, riconoscendo nel Nazareno il Messia che porta a compimento le promesse di Dio (cfr. 2 Cor 1,20).

 

 

Così  il cieco ci insegna la cocciutaggine del chiedere. Non si arrende neppure di fronte alla folla che vuole zittirlo, non cede e non demorde perché crede fortemente in Colui che sta passando, Gesù. E grida fino a quando Gesù si ferma. Infatti Gesù non delude mai una persona in ricerca, non tradisce un amore che sa pagare di persona. Gesù si ferma. È uno che prende tempo. Si ferma per interessarsi dell’altro, vuole vederlo. Perciò comanda: «Chiamatelo».

 

E così, ironia della sorte, quella folla che lo voleva zittire ora si trova ad essere la mediazione necessaria per l’incontro: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Sono tre affermazioni importanti.

 

 

«Coraggio». Chi lo ostacolava ora lo incoraggia: Fatti coraggio, lo invitano a uscire da sé con l’audacia che il cieco già dimostrava quando urlava nonostante gli ostacoli. Questa ‘folla’ è coinvolta da Gesù stesso in ciò che sta per avvenire. Gesù educa anche loro a rispondere al grido di soccorso e di domanda.

 

«Alzati». Il verbo utilizzato è quello della risurrezione come a dire risvegliati. La gente lo invita a prendere coscienza dell’inizio di un rinnovamento.

 

«Ti chiama». Che equivale a dire ti ama, ti vuole con sé. Chiama proprio te! Ogni chiamata è una chiamata all’Amore di Dio. Una chiamata che ti rinnova, ti fa nuovo. Per questo la vocazione (chiamata) di Gesù mette in movimento: determina il cambiamento.

 

L’invito è accolto. Bartimeo balza in piedi e si dirige verso Gesù. La fede di questo uomo ha già prodotto il miracolo, già visibile nella situazione che cambia di colpo: da seduto e passivo si mette in piedi, attivo, si pone in movimento verso Gesù. Possiamo dire che corre libero verso Gesù, infatti il gesto del gettare il proprio mantello sta a significare la vita nuova. Il mantello era impedimento, intralcio, fastidio. Come  i primi discepoli che avevano lasciato tutto, così il cieco si libera di tutto ciò che può intralciare la sua nuova vita. È un taglio con la passività del passato. A Gesù che chiama si va di corsa e si getta via tutto ciò che diventa ostacolo.

 

Il dialogo che segue specifica l’incontro di salvezza con Gesù. Sono le stesse domande che domenica scorsa abbiamo sentito dai discepoli Giacomo e Giovanni.

Che cosa vuoi (volete) che io faccia per te (per voi).

La richiesta dei discepoli non è stata esaudita: questa del cieco sì. I discepoli chiedevano e manifestavano una volontà di potenza e carriera, Bartimeo chiede di poterci vedere chiaro. Forse proprio i discepoli hanno bisogno di guarigione!

 

«Va’, la tua fede ti ha salvato». Queste parole ridonano la vista. Sono parole che testimoniano come la tenacia di voler incontrare Gesù è inizio di santità! «Va’», dice Gesù. L’incontro con Gesù apre sempre alla logica della missione. Ricuperare la vista significa seguire Gesù sul serio, accogliendo la sua proposta rivoluzionaria, accettando la sua prospettiva di Amore totale che agisce nel fallimento e nella sconfitta.

 

Sono dunque attuali sono le parole simbolo di ogni incontro personale con Gesù: Coraggio! Alzati, chiama proprio te! Cercando di rendere attuale questa situazione, potremmo dire che il cieco di Gerico è immagine di ogni uomo e donna che vive una vita lontano anche soltanto dal porsi la domanda sull’esistenza di Dio. Il cieco di Gerico è immagine di ogni uomo e donna che vivono una vita inutile, passiva, priva di senso. Inoltre, poiché sta sulla strada a mendicare, il cieco di Gerico è anche immagine di ogni uomo e donna che mendicano un affetto, uno sguardo, un briciolo di attenzione dal prossimo, che elemosinano la vita dagli altri e che sono seduti nella loro condizione senza alcuna speranza di rialzarsi.

 

Concludo con un invito: tutti siamo capaci di ‘vedere’, ma forse abbiamo bisogno di occhi limpidi capaci di penetrare il dato esteriore e di imparare a ‘guardare’ con più profondità, ad andare ‘oltre’ per arrivare all’origine di tutto.

 

Davvero «chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12).

 

Buon cammino!

 

don Carlo Maria Zanotti

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