La fraternità cresce quando cresce l'universalismo dei diritti, quando cresce la ricerca del superamento delle disuguaglianze, quando non si accetta lo sfruttamento, quando si ama la città, facendo nostre ‚Äòle attese della povera gente', la fraternità cresce nel dono, nella condivisione che aiuta a superare le differenze...
del 01 aprile 2010
          Proprio dalla Quaresima, ricordando che siamo ‘polvere’, viene un invito forte e chiaro a vincere l’ostentazione. L’ostentazione emerge tutte le volte che si sposa il formalismo o il narcisismo, nelle relazioni, nelle parole e nei gesti; lo ritroviamo nella politica, quando lo spettacolo o l’effetto ha più importanza rispetto ai problemi, alla verità delle cose; ricompare ogni volta che vince la prepotenza e l’oppressione; non è distante dai luoghi dell’ingiustizia e dello sfruttamento, che si ripetono e si giustificano ogni giorno; cavalca il pregiudizio e la discriminazione: cerca dei nemici tra le persone, alimenta lo ‘stigma’; sposa forme ‘snob’ di consumo che si accompagna agli sprechi.
 
          Insomma, tutte le volte che si dimenticano il limite,l’alterità, la giustizia nei rapporti con Dio e con l’uomo cresce l’ostentazione, quasi una forma di paura di Dio e dell’altro, la dimenticanza del valore delle relazioni. Per vincere l’ostentazione occorre anzitutto - è ancora il Vangelo a ricordarlo- ritrovare la Paternità di Dio, sentirci a casa in mezzo alle persone, costruire la fraternità “tra cristiani e non cristiani” (G.S. 84).
 
          La fraternità cresce quando cresce l’universalismo dei diritti, quando cresce la ricerca del superamento delle disuguaglianze, quando non si accetta lo sfruttamento, quando si ama la città, facendo nostre ‘le attese della povera gente’ (G. La Pira). La fraternità cresce nel dono, nella condivisione che aiuta a superare le differenze, le distanze e accompagna l’incontro, spesso difficile, con chi è nuovo o viene da lontano, con chi fa fatica, con chi soffre, con chi è solo. La fraternità cresce nella preghiera semplice, anche distante dai grandi eventi, con ‘i mezzi poveri’, con gesti semplici (V. Bachelet). 
 
1. 'Cover boy', film attualissimo su giovani emigrati o precari
 
          Per essere un film low-budget girato con telecamera digitale, Cover boy si comporta come un piccolo kolossal. Comincia con sequenze ambientate durante la caduta del regime di Ceausescu, quando il padre di Ioan, il protagonista, viene ucciso sotto gli occhi del bambino. È costellato di flashback che allargano il respiro della storia a una dimensione più corale e, insieme, intima. Rappresenta una delle (non molte) prove tangibili del fatto che il nostro cinema può uscire dall'asfittico circuito due-camere-e-cucina in cui tende ciclicamente a rinchiudersi. La storia prosegue con Ioan che, cresciuto, arriva in Italia alla ricerca della proverbiale vita migliore. Non la trova, naturalmente: senza permesso di soggiorno, deve sfuggire ai controlli di polizia, lavare vetri, tirare la cinghia. Un suo connazionale vorrebbe introdurlo alla prostituzione, ma il ragazzo tutela sempre una sua, non negoziabile, dignità.
 
          Trova un amico, però: Michele, quarantenne di Lanciano emigrato a Roma e precario da sempre. Inizialmente l'italiano diffida, aggrappandosi ai pregiudizi sugli immigrati come ladri di lavoro; poi offre ospitalità al ragazzo, in cambio di un piccolo contributo alla pigione. I due si arrangiano come possono, mentre nasce un sogno: accumulare qualche risparmio e aprire insieme un ristorante sul delta del Danubio. L'idea di migrazione alla rovescia, originale di per sé, trova ostacoli a catena. Michele perde anche il misero impiego da lavapavimenti; Ioan quello, in nero, da meccanico, che pure sa far bene. Un giorno Ioan conosce una fotografa, che lo porta a Milano per sfilate 'fashion' di extracomunitari, lo introduce alla bella vita e gli dà soldi, con cui il ragazzo si compra la Mercedes d'occasione che vagheggiava. Sarà mica vero che gli extracomunitari (come dice un personaggio) stan meglio di noi? Ma neanche per sogno...
 
          La fotografa non vuol altro che sfruttare il corpo del ragazzo, nel proprio letto e nella pubblicità fintamente buonista. Frattanto Michele, di nuovo senza lavoro, s'è ridotto a offrire medagliette in piazza San Pietro. Se il film sembra più grande del suo budget, è anche perché Carmine Amorso manovra il formato digitale HDV con un occhio non televisivo, ma cinematografico. Ne esce un'opera convincente, che racconta storie di solitudini (di Ioan e Michele, ma anche della loro padrona di casa, 'amichevole partecipazione' di Luciana Littizzetto) mentre aggiorna, inchiave culturale italiana, il repertorio consolidato del film di strana-coppia.Fornendone una versione tantopiù personale, perché collocata su un preciso sfondo sociopolitico. Non fa meraviglia che, tra i premi vinti invari festival internazionali, Cover boy abbia ottenuto quello di miglior film al Festival Politico di Barcellona. Non lancia parole d'ordine né declamazioni, beninteso; e tuttavia il messaggio è forte e chiaro.
 
mons. Giancarlo Perego, Roberto Nepoti, Alex Zanotelli
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