Cristiani, martiri del XXI secolo

Si parla spesso di islamofobia, nata dalle ceneri delle Torri gemelle e poi cresciuta sotto la minaccia costante del terrorismo. E se invece fosse la cristianofobia il nuovo salto nel buio del 21mo secolo?

Cristiani, martiri del XXI secolo

da Attualità

del 18 ottobre 2010

         

          Per l'istituto Pew l'Arabia Saudita, l'Iran e l'Iraq sono tra i più ostili - GRIDA D'ALLARME - Il prelato sudanese Kussala: ad agosto crocifissi sette fedeli, vietato costruire chiese L'arcivescovo di Kirkuk Sako: vogliono imporre la sharia

          Su 100 morti per odio religioso, 75 sono cristiani. No, non è la Roma di Nerone o Domiziano. È l'istantanea 2010 di una realtà spesso ignorata, respinta o semplicemente negata.

          A registrarla però ci sono statistiche concordanti di fonti diverse: dall'Osce, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, all'Human Right World Watch, a Propaganda Fide. A sfatare luoghi comuni e false certezze, però c'è dell'altro, questa volta fornito da Pew Forum, l'organizzazione americana che ha pubblicato il primo rapporto sulle restrizioni religiose nel mondo globale.

          Dalla ricerca fatta in 198 paesi, cioè sul 99,5% della popolazione mondiale nel triennio 2006-2008, emerge che in testa alla classifica di intimidazioni e ostracismi vari ci sono sempre loro, i cristiani, con il 67% dei paesi. Seguono i musulmani con il 58%. Buoni ultimi gli ebrei con il 38 per cento.

          Si parla spesso di islamofobia, nata dalle ceneri delle Torri gemelle e poi cresciuta sotto la minaccia costante del terrorismo. E se invece fosse la cristianofobia il nuovo salto nel buio del 21mo secolo? Per l'Europa in profonda crisi di valori, che rinnega le sue radici, si vuole laico-relativista ma è destinata ad assorbire grandi flussi migratori, cioè a diventare multi-etnica e multi-religiosa, la prospettiva pare fatta apposta per complicarle la vita, il ripensamento di una società condannata, volente o nolente, a trovare nuovi equilibri.

          'Persecuzioni contro i cristiani': a sbattere il tema sulla ribalta è stato il parlamento europeo su iniziativa di Mauro Mauro (Pdl), autore tra l'altro di un libro fresco di stampa, 'Guerra ai cristiani'. «La libertà religiosa non è come le altre - spiega - perché è quella da cui passano tutte le altre, perché rapportarsi con Dio significa anche sottrarsi agli abusi del potere politico. È stato vero con nazismo, fascismo e comunismo. È vero oggi con il ritorno del fondamentalismo che usa Dio come progetto di potere».

          Gli anni 90 sono stati quelli del genocidio dei musulmani, della strage di Srebrenica. Il primo decennio del nuovo secolo vede il martirio dei cristiani: sarebbero ben 170mila ogni anno i perseguitati per la loro fede, vittime di violenze, confische, distruzioni di chiese e scuole. Di libertà negate perché minoranze diseredate oppure troppo abbienti e istruite. E questa volta non parlano fredde statistiche ma la voce di testimoni. Voce sommessa, intimidita dalla convivenza con paure e orrori continui.

          Racconta Louis Sako, arcivescovo dei caldei di Kirkuk: «I cristiani sono arrivati in Mesopotamia nel I secolo. È stato San Tommaso il primo evangelizzatore. Divennero metà della popolazione irachena e parte di quella iraniana. Erano ancora il 20% nel secolo scorso. Oggi sono 400mila. Tra matrimoni e conversioni forzate, violenze e intimidazioni, molti lasciano il paese. Il nostro futuro dipende ormai dalla maggioranza islamica. Gli estremisti vogliono imporre la sharia, uno stato medioevale. Ma cosa sarebbe il Medio Oriente senza i cristiani?». Dal 2003, dalla guerra anti-Saddam a oggi, sono stati uccisi 825 cristiani. «Gli americani sono responsabili del nostro futuro», dice Sako.

          Arriva dal Sudan Eduard Hilboro Kussala, vescovo della diocesi cattolica di Tombura-Yambio. Arriva dal paese dove in agosto sono stati crocefissi 7 cristiani. Solita storia: «I cristiani sono il 30% della popolazione, chiedono di vivere liberi in uno stato multi-etnico e multireligioso. Invece dall'83 vige la sharia, chi non è islamico è cittadino di seconda categoria. Ormai si parla solo arabo, si è dimenticata la nostra eredità africana. Sono sudanese, il mio paese mi proibisce di costruire una chiesa».

          Il professor T.M. Joseph del Newman College di Thodupuzha, India, parla di un centinaio di missioni bruciate dagli estremisti hindu, suore violentate, fedeli ammazzati: «Ma Gandhi diceva che le religioni sono complementari tra loro». Kok Ksor, da anni in esilio in America, ha deciso di accusare di genocidio della comunità indigena montana il governo vietnamita:

          «Siamo cristiani, ci hanno confiscato tutto, chiediamo il diritto di coesistenza e libertà religiosa secondo la Carta dell'Onu. 203 villaggi hanno aderito alla nostra campagna. Allora il governo ha inviato i soldati: hanno buttato prodotti chimici, arrestato e torturato i nostri costringendoli a confessare. Vogliono sottomettere alla parola del partito invece che a quella di Dio la nostra Chiesa evangelica. Aiutateci».

          Sono il 32% del totale i paesi con le più forti restrizioni religiose, che però corrispondono al 70% della popolazione mondiale. I peggiori sono Arabia Saudita, Pakistan e Iran, India, Indonesia, Iraq e Afghanistan, dice il rapporto Pew. Tra i più tolleranti c'è l'Italia con Brasile, Giappone, Stati Uniti e Sudafrica. Non è una buona ragione per scegliere l'indifferenza. Potremmo diventare noi il Sudan, l'India o l'Iraq di dopodomani.

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