A differenza del suo compagno di condanna, che lo disprezza, il buon ladrone scopre in Gesù - nel suo volto tumefatto e rigato di sangue- la salvezza eterna, l'amore di Dio: il senso, l'origine e insieme l'approdo della propria esistenza.
del 19 novembre 2010
           'Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto!”. “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!” . “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. Tre volte Gesù viene così insultato e deriso mentre si trova agonizzante sulla croce. Prima dai capi del popolo, poi dai soldati, infine da uno dei malfattori crocifissi insieme a lui.
 
           Nel momento della debolezza e della morte, la divinità di Gesù è velata agli occhi di chi lo circonda; sia di coloro che sono in una condizione di superiorità rispetto a lui, sia di chi condivide la sua stessa sorte. Non accettano e non riconoscono il volto di un Dio, la cui onnipotenza è un’onnipotenza d’amore.
           La vittoria di Gesù sulla morte e sul peccato avviene attraverso il sacrificio della sua vita, un sacrificio d’amore; non attraverso una prova di potenza soprannaturale. La croce diventa così il trono da cui Dio esercita il suo potere: l’amore.
           Spesso, nel corso della storia - e della nostra vita- si verificano momenti in cui il male e il dolore sembrano prevalere. Si rinnova il silenzio di Gesù sulla croce; il nostro destino sembra lontano dalla sua cura e il corso degli eventi fuori dal suo controllo. E dentro di noi possono risuonare come una tentazione le parole di sfida rivolte al crocifisso: “Salva te stesso e anche noi!”.
           La festa di Cristo Re arriva a conclusione di ogni anno liturgico come un traguardo e insieme un trampolino- mi sembra- che ci permette di guardare al tempo vissuto nella prospettiva dell’eternità; una domenica che ci apre un orizzonte infinito di fiducia, nella certezza che l’ultima parola sulla nostra vita spetta a Dio, re dell’universo, e al suo amore- qualunque cosa possa accadere.
           Ogni anno questa festa mi riporta alla mente una riflessione di santa Edith Stein, una suora carmelitana di origine ebrea morta ad Aushiwitz nel 1942. Una riflessione nata di fronte a un’immagine di Gesù bambino quando per lei si approssimava la fine e il regime nazista non lasciava intravedere alcuna luce di speranza: un’immagine di Gesù bambino raffigurato come un piccolo re, con la corona in testa e il mondo nelle sue mani. “Non è forse lui l'Imperatore nascosto che in futuro dovrebbe far finire ogni miseria?
           E' Lui che tiene in mano le redini, sebbene gli uomini pensino essi di governare.' Brevi parole che esprimono tutta la fiducia di Edith in un Dio che continuava a sentire vicino, anche se nascosto, nelle circostanze terribili in cui era coinvolta. Un Dio apparentemente debole e impotente di fronte al dilagare del male, come un bambino; ma un bambino che tiene nelle mani ogni vita umana: il Re che sulla croce ha tolto alla morte l’ultima parola.
           L’esperienza di Edith Stein mi riporta a quella vissuta da uno dei due ladroni descritti nel vangelo, il malfattore che all’approssimarsi della morte riconosce Dio accanto a sé, in Gesù crocifisso. E’ un Dio che condivide con lui la sofferenza estrema della morte; che non si impone con la schiacciante evidenza di un miracolo, ma è vicino con amore silenzioso: un amore capace di sconfiggere per sempre la morte e il peccato, a patto di essere liberamente accolto.
           A differenza del suo compagno di condanna, che lo disprezza, il buon ladrone scopre in Gesù - nel suo volto tumefatto e rigato di sangue- la salvezza eterna, l’amore di Dio: il senso, l’origine e insieme l’approdo della propria esistenza.
           E’ uno dei passi per me più commoventi e meravigliosi del vangelo.
           La vita del ladrone è giunta ormai alla fine- il tempo è esaurito, così come anche le speranze e ogni ipotetica futura felicità; grande è il peso degli errori e del male commesso. Eppure, proprio in quel momento, si apre l’orizzonte infinito del senso di una vita che fino a quel momento sembrava perduta. Nel momento del buio estremo, Dio è presente e condivide la sorte di quell’uomo.           E’ come se ogni buio della vita del ladrone venisse improvvisamente illuminato dalla speranza: l’Amore di Dio, presente in Gesù.
           Negli ultimi brevi attimi della sua vita è proprio in Gesù che il ladrone ripone tutta la sua fiducia, con abbandono: “Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno”. E’ questo il cielo che il ladrone scopre in punto di morte: abitare nel cuore di Gesù - essere presente nel suo ricordo e nel suo pensiero. Ecco il senso di tutta la sua vita.
           “Oggi sarai con me in Paradiso”- è la risposta di Dio che non si fa attendere: generosa, senza riserve, piena di infinito amore. Una risposta capace di illuminare di speranza il momento della morte di ogni uomo; quella di chi ha conosciuto l’amore di Dio nel corso della vita e anche - anzi, soprattutto- quella di quanti sono arrivati alla fine senza averne avuto l’annuncio. Quanti arrivano poveri di fede e di meriti da offrire, eppure sono raccolti da Dio come la pecorella smarrita della parabola evangelica, cercata dal Pastore con ostinato amore.
           Le parole del ladrone sono, io credo, quanto di più bello ognuno di noi possa dire a Dio nel momento della morte. “Ricordati di me, quando sarai nel tuo regno”. Esprimono l’abbandono filiale nelle sue mani, la fiducia nella sua misericordia che è infinitamente più grande di ogni nostra miseria. La certezza che Dio non ci abbandona mai e ci aspetta anche quando il buio si fa più fitto intorno a noi, per condurci con sè nella luce del suo amore: la luce del paradiso, quel cielo che comincia già qui sulla terra quando Gesù è nel nostro cuore.
           E’ verso l’orizzonte infinito del Cielo che la festa di Cristo Re ci invita a guardare ogni anno; l’orizzonte che chiude ogni anno liturgico e che costituisce la meta finale di tutta la nostra vita.
Valeria
           Ultima ora: i Vescovi italiani invitano i fedeli a dedicare la domenica 21 novembre a pregare per i cristiani perseguitati in Iraq, Pakistan e in ogni altro paese. 'Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno a causa del mio nome... Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza... uccideranno alcuni di voi. Sarete odiati da tutti. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto' (Lc 21,12ss).
           Sono parole attuali, drammatiche, piene di realismo e di speranza. Certamente sono parole vere che riguardano anche noi, la testimonianza che ognuno è chiamato a vivere nel suo ambiente lavorativo, sociale, familiare. E lo sapete per esperienza che non è facile; è proprio necessario affidarsi allo Spirito Santo per avere sapienza e forza per dare un'autentica testimonianza a Gesù Cristo, senza fanatismi e senza paure.
           Ma la testimonianza che tanti cristiani sono chiamati a vivere oggi in diversi paesi dove è esplosa una nuova ondata di odio e di violenza, è certamente particolare. È la testimonianza dei martiri,. Per questo è urgente un'intercessione accorata e costante per questi nostri fratelli e sorelle che soffrono duramente per la loro fede.
           I cristiani di oggi continuano a seguire con coraggio la via del Maestro, crocifisso e ucciso per amore alla verità e a noi!
Don Gianni
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