Puoi essere santo lì dove sei. Sì, anche se sei una pietra nella scogliera.
Giorno 46
11 aprile 2020
Non so se sia normale, dico, una pietra parlante. Per voi umani, no di certo; ma noi, qui sotto, sotto i vostri piedi, chiacchieriamo che è un piacere. A volte non riesco nemmeno a sentire la roccia qui vicino a me, da quanto chiasso c’è. Ma da oggi ho capito che ascoltare questa pietra è il senso del mio essere qui. Proprio qui dove sono, anche se la mia scogliera spesso è un posto triste, stretto, scomodo. Non avrei mai immaginato di poter trovare amici tra le altre pietre, invece eccomi a parlare con Lapis. Gli sto raccontando la storia di Carlo e Alberto e lui si sta lasciando toccare il cuore: lo vedo da come è cambiato il suo sguardo. Continua a farmi domande su di loro e su tutta la nostra avventura: gli parlo della mia amicizia con Kyma, di come lei sia un’onda così diversa da tutte le altre, di quando ha portato fino a qui, per la prima volta, la storia di Carlo e Alberto; di Stella, della prima volta che l’ho incontrata, di tutte quelle stelle arenate e di quel bambino che le ha ributtate al mare; del nostro caro Ochìn de mâ, dei suoi voli e del faro; di Eos, di Nostos, di Eco. Parliamo tanto, io e Lapis. E non capisce come abbia fatto a non rendersi conto di quello che gli succedeva attorno, tanto era occupato a sonnecchiare. Di certo, ora, ce ne accorgiamo, l’uno dell’altra. Vedo che sotto, vicino al pelo dell’acqua, ha un segno, forse una ferita. Dentro sembra esserci qualcosa, ma non vedo bene. Glielo chiederò, abbiamo secoli per parlare. Ogni tanto sentiamo arrivare qualche onda stanca che porta storie da mari distanti. Ci fermiamo ad ascoltare la loro voce lenta e profonda parlare di uomini in terre lontane, di barche perse tra scogli, di tramonti. Le pietre che prendono il sole non si accorgono della bellezza che arriva alla scogliera ogni giorno. Siamo davvero fortunate a vivere qui. Con Lapis ci siamo dati l’impegno di provare a fare amicizia anche con le altre pietre, e già abbiamo conosciuto Saxum, Cefa, Kaya, Guri. La mia vita è d’un tratto piena di senso, e io sono così felice! Chissà quanti amici dovrò ancora conoscere, quante storie, quante parole, quanto amore ancora incontrerò nella mia vita. Come l’amore di chi è santo, chi ti prende per mano e ti accompagna a Dio, ed è quello che fanno Carlo e Alberto con me, anche se adesso sono morti; me li immagino scalare insieme la scogliera e poi tuffarsi in mare, mano nella mano, sorridendo. Amici per sempre, ed è quello che vorrei anche per le mie amicizie, questa eternità custodita nelle mani di Dio.
Si alza un vento impetuoso e gagliardo, sembra che possa spaccare i monti e spezzare le rocce. Mi sento muovere come se ci fosse un terremoto. Nel cielo si sta dipingendo un tramonto rosso, violento e imponente, come un fuoco che lancia scintille sul mondo. D’un tratto, tutto si rasserena: l’aria si ferma, io sono cullata dalle dolci onde, la schiuma riflette i colori del cielo che si fanno sempre più tenui. Continuo ad ammirare questo mio angolo di mondo: tutto è bello. Ed ecco, il mormorio di un vento leggero.
testi: Anita Marton
grafiche: sr. Giulia Collodel
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