Anche nella vita di Maria Mazzarello viene un momento di prova fortissima: l’epidemia di tifo in tutta la regione.
Anche nella vita di Maria Mazzarello viene un momento di prova fortissima: l’epidemia di tifo in tutta la regione. Questa diventa un’occasione per un’opera di carità estrema; il parroco la interpella, la realtà sofferente è un appello di Dio che ha il prezzo della vita. Cosa rispondere?
L’aspettava, però, una prova dolorosa. Il flagello della guerra, coi suoi disagi e la fame che necessariamente porta con sé, lascia sempre il retaggio di malanni spesso epidemici: a Mornese toccò il tifo che mietè parecchie vittime. Nella famiglia di uno zio di Maria ne furono colpiti tutti, sicché dovettero ricorrere ad altri per assistenza e pregarono don Pestarino, il padre dei mornesini, ad aiutarli. Era una famiglia numerosa e la mamma, la più grave, avrebbe desiderato sua nipote Maria. Don Pestarino dovette rimanere perplesso. Maria: aveva ventitré anni; era la maggiore della famiglia, pure numerosissima; era il braccio destro del padre; era anche il suo stesso appoggio per lo zelo che spiegava; e la speranza del molto bene che voleva ancora fare: se fosse accaduta una disgrazia?
Le Figlie dell’immacolata avevano — per regolamento — [pp. 86] l’obbligo di assistere le malate del paese; ma ora non si trattava più di sole malate: e chi mandare in una casa dove vi sono anche dei giovani?... Chiese dunque Maria ai genitori, per quest’opera di carità. I genitori si rifiutarono: il padre addusse il bisogno di lei per i lavori del campo, la madre per l’aiuto in casa e, perché no, per tema del contagio. La mamma non cela mai le tenerezze del cuore.
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