Chiara M. Percorso attraverso un dolore che diventa scoperta, dal buio più totale alla luce, perché “devi scendere negli abissi infiniti della solitudine, dell'angoscia, del nero più nero che c'è. E lì, in quel nulla, io trovo il tutto che è Lui”.
del 08 giugno 2009
Chiara M. è una giovane infermiera trentina. A 20 anni le viene diagnosticata una malattia incurabile, contro cui lotta da ormai una ventina d’anni. Questo le permette di vedere la vita in modo diverso, attraversando naturalmente anche quelle fasi d’ombra in cui l’unica via di scampo è arrabbiarsi con tutti, primo fra tutti Dio. “Perché?” diventa la domanda più frequente. Ma attraverso un percorso lento, lentissimo, la serenità emerge dal dolore, ed è là che Chiara vede Lui.
 
Chiara pubblica nel 2005 una specie di diario, “Crudele dolcissimo amore”, seguito due anni dopo dalla continuazione, “Oscura luminosissima notte”. Pezzi di vita preziosi, riflessioni di qualcuno che il dolore lo guarda negli occhi ogni giorno.
Nel 2008 la storia di Chiara diventa anche film, diretto da Cinzia TH Torrini, “Un incontro con Chiara”. Un documentario di 40 minuti circa nato dall’incontro tra la regista e Chiara stessa, incontro casuale ma, come dice la Torrini stessa, “in realtà nulla avviene per caso”.
 
Da queste tre bellissime testimonianze emerge un amore senza riserve per la vita, la riscoperta di una fede che si attacca anche alle piccole cose, ai gesti quotidiani, riscoprendoli nella loro semplice bellezza.
 
 
Zone d’ombra
Rabbia. Disperazione. Angoscia. Ci può essere altro? Sentimenti che riempiono e annebbiano. Perché a me? Se c’è un disegno su di noi, perché il mio dev’essere uno scarabocchio?… Interventi, esperienze mancate, occasioni perse, impossibilità ormai anche di piangere… finirà mai?
 
Sale questo dolore senza fine
E inghiotte le mie resistenze
Annaspo…
Mani alzate
In cerca d’aiuto.
Nel buio totale
Urlo
Un perché
Senza suono.
Il corpo piagato
Spezzato
Devastato
E finalmente
Tu.
 
Un pensiero, però, emerge sempre. Come le ricorda in più di una lettera Chiara Lubich: “Anche Gesù sulla croce ha gridato”.
 
 
Una “flebo di luce”
La famosa metafora della luce in fondo al tunnel. Perché no? Se in tanti la usano è proprio perché è efficace. In fondo a tutto questo, c’è sempre il conforto di un amore che mai finirà, il Suo. E la volontà di trasformare il desiderio d’amore che è naturale e innato in chiunque in un amore che si dona, che non pretende ma elargisce. Perché l’amore è “come un boomerang, torna sempre indietro!”.
I momenti di speranza e fiducia sono pochi, piccoli sprazzi in un mare di domande che si moltiplicano mentre le risposte non ci sono, non arrivano… esistono? Grazie al grido che Gesù stesso manda dalla croce, le risposte esistono. Da qualche parte, in Qualcuno, le risposte ci sono. E una risposta Chiara ha provato a darsela: “Voi sapete che la conchiglia, quando riceve un corpo estraneo, che può essere un sassolino o un po' di sabbia, cerca di espellerlo perché le dà fastidio, le fa male. Non ci riesce, e allora secerne del liquido per tentare di contenere il dolore. Da quel granello di sabbia unito al liquido per combattere il dolore nasce la perla. Ho paragonato questa secrezione alle lacrime, alle nostre lacrime. Quando dentro di noi entra un dolore, solitamente rimane nonostante i nostri sforzi per eliminarlo, ma, lacrima dopo lacrima, se lo vogliamo, possiamo trasformare questo dolore in una perla.”
 
Fondamentale nell’esperienza di Chiara è l’Amore. Qualcuno dice che perfino i santi per diventare tali hanno spesso avuto un aiutino prezioso, basti pensare a Domenico Savio, aiutato da don Bosco, sostenuto anch’egli dalla solida figura di mamma Margherita. Chiara può contare sull’affetto forte e costante di persone che non si sono fatte spaventare dalla sua malattia, animate da quel sentimento puro e disinteressato che è essenza dell’Amore stesso. Grazie a questo amore incessante e quotidiano Chiara può assaporare la vita, giorno dopo giorno.
 
E il gusto della vita emerge in ogni suo aspetto, e non trovo modo migliore di trasmettere la piccola immensa soddisfazione del presente se non con le parole di Chiara stessa:
 
“Quando si parla di vivere il presente, si cerca di capire prima con la testa, poi si prova a metterlo in pratica, poi inizi a capirlo anche con l’anima. Ma credo che a un certo punto arrivi una grazia un po’ particolare che te lo fa capire con tutto il tuo essere, o meglio ancora con l’essenza dell’essenza della tua anima. Solo quando non rimane più niente, solo quando ti senti uno zero (…) ecco… lì avviene qualcosa… una specie di metamorfosi… si alza un velo su una minuscola parte della Verità. Capisco alla fine che cosa vuol dire vivere il presente…”
 
Se qualcuno ha acceso la radio recentemente avrà sicuramente fatto caso alla canzone Meraviglioso dei Negramaro… Ricorda un po’ tutto questo vero? “Perfino il tuo dolore potrà apparire poi meraviglioso”. Magari non è così, difficilmente il dolore appare meraviglioso, a dirla tutta, però ti dà qualcosa, come insegna Chiara, in cui sperare comunque, senza riserve. Con questo non diciamo certo che il male sia una cosa bella, rimane male. E la malattia non è una grazia, è una realtà. Ma la Fede, per quanto poca, può aiutare a scoprire qualcosa in più, come il seme che muore per portare frutto. Perché se stai male, se sei triste, sei più recettivo verso qualcosa che ti appare come immensamente bello. Bello come il coraggio di dire: “Voglio crederci ancora.”
 
Giulia Krajcirik
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