Certi ragazzi, all'incanto della realtà, capolavoro di luci e ombre, preferiscono l'incantesimo di una canna, finito l'effetto della quale l'incantesimo svanisce, il ghiaccio si rapprende, più duro di prima. Ma la bellezza si nasconde o qualcuno l'ha nascosta?
del 13 ottobre 2010
 
           «Noi ragazzi necessitiamo di appassionarci a qualcosa, allo studio in particolare. Non vogliamo quella stramaledetta lezione da imparare a memoria, per poi rimuoverla una volta interrogati. Vogliamo fare nostro quello che studiamo. Vogliamo che ci entri nelle vene, nel sangue, in ogni più piccola cellula del nostro corpo».
           Non sono frasi di un romanzo di fantascienza, ma le parole che mi ha scritto una diciassettenne, stanca dopo quattro anni di liceo privi di passione. Passione: l’unica strategia didattica necessaria per un professore. Solo la passione incanta, perché solo la vita incanta. Lo provano gli occhi.
           Due sono le occasioni in cui si dilatano le pupille di un mio studente: quando è toccato dalla bellezza o dopo aver fumato una canna. Mi ha sempre affascinato questo impeto del corpo che chiede agli occhi di lasciare entrare più realtà. La bellezza è l’innesco dell’esplosione che dilata le pupille: riscalda il cuore che spinge gli occhi ad aprirsi di più, per bere di più. Se la bellezza si nasconde, il cuore si gela.
           Certi ragazzi, all’incanto della realtà, capolavoro di luci e ombre, preferiscono l’incantesimo di una canna, finito l’effetto della quale l’incantesimo svanisce, il ghiaccio si rapprende, più duro di prima: la realtà è cacciata via, l’alunno è assente. Ma la bellezza si nasconde o qualcuno l’ha nascosta?
           Dante avvicinandosi al centro dell’inferno non trova il fuoco, ma lande di ghiaccio e occhi cuciti dal gelo. Certi ragazzi cercano di ammorbidire il ghiaccio del cuore surriscaldandolo con artifici virtuali o alcolici, 'stupefacendosi' invece di stupirsi. Diventano incapaci di sperimentare il calore buono della vita quotidiana, gravida di estasi appaganti in una pagina, in un volto, in un panorama, in una sfida, in un’amicizia. I professori sono capaci di queste estasi? Adulti dal cuore freddo e la testa calda possono testimoniarle?
           I professori - si chiamano così perché 'professano', come una fede, la loro materia - possono invertire i poli, riportando il calore nel cuore dei ragazzi e la freddezza nelle loro teste. Come?
           Con la passione per la loro materia, per la vita propria e dei ragazzi. Con una ragione capace di leggere la realtà personale e quella degli studenti. I professori intelligenti studiano (studium vuol dire passione) volta per volta, classe per classe: la passione per essere reale comporta un patire.
           Solo così possono trasformare una lezione in 'questa' lezione che entra nelle vene, nel sangue, perché è entrata prima nelle loro vene, nel loro sangue. La vita passa ai ragazzi se c’è vita nel professore, se testimonia con la sua vita, che patisce, che ciò che insegna lo coinvolge.
           Un professore di italiano che non ama scrivere non riesce a insegnare a scrivere. Un professore di matematica che non ama la simmetria dei petali di una rosa non riesce a insegnare la formula della sezione aurea. Solo un cuore caldo ne riscalda un altro. Solo una mente fredda ne guida un’altra.
           In una casa di produzione cinematografica mi hanno detto che ho scritto un libro trasgressivo. Ho chiesto il perché. «C’è un professore che ama il suo lavoro». Trasgredire oggi è essere normali.
           Per questo auguro a tutti i miei colleghi di 'trasgredire' molto. Trasgredire con la passione per una poesia, per un teorema, per il filo di rame di un circuito, per la vita di una stella e quella di una cellula. Solo dei professori 'trasgressori' porteranno la vita in classe, perché la loro materia diventa il banco di prova della loro vita e solo in seconda battuta della vita dei propri alunni.
           «La nostra epoca è un’epoca di sovreccitazione, non è un’epoca di passione; si surriscalda continuamente perché sente di non essere calda - in fondo ha freddo». Lo dice Nietzsche smascherando l’agitazione e la tiepidezza borghesi: dobbiamo riportare la passione nelle nostre vite.
           La nostra epoca iper-sentimentale è paradossalmente fredda, ha quindi bisogno di sovreccitarsi artificialmente. Una cultura dal cuore caldo può restituire ai ragazzi lo stupore del quotidiano: si accede alla loro testa solo attraverso il rapimento della bellezza. Prima viene la meraviglia, poi la conoscenza: lo diceva Aristotele e nulla è cambiato. Ma la meraviglia ha bisogno di testimoni: i professori possono cambiare una cultura intera. In Italia sono quasi un milione: la rivoluzione è dietro l’angolo. Basta preparare la lezione come fosse la prima: patire e appassionare.
           Solo così renderemo i nostri ragazzi 'cuori pensanti': se lo siamo.
Alessandro D'Avenia
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