Dacca: una chiesa per i Cristiani perseguitati

I familiari di una delle vittime realizzeranno questo progetto sostenuti da Aiuto alla Chiesa Che Soffre...

Dacca: una chiesa per i Cristiani perseguitati

 

“Simona è stata uccisa in odio alla fede e per questo abbiamo voluto ricordarla anche sostenendo i cristiani perseguitati”. Così don Luca Monti, fratello della vittima, spiega la decisione di fare una donazione ad Aiuto alla Chiesa che Soffre in onore di Simona, uccisa a 33 anni assieme al bambino che portava in grembo nel tragico attentato alla Holey Artisan Bakery di Dacca, avvenuto nella notte tra il 1° e il 2 luglio scorsi.

 

La famiglia Monti contribuirà, tramite ACS – che dal gennaio 2015 ha realizzato interventi per oltre 750mila euro – alla costruzione della Chiesa di San Michele ad Harintana, piccola cittadina del Bangladesh meridionale appartenente alla diocesi di Khulna.

“La nostra è una famiglia cristiana – afferma don Luca, parroco della Chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo di Santa Lucia di Serino in provincia di Avellino – e consideriamo martirio la morte di Simona e di tutte le altre vittime di quel drammatico attacco. Abbiamo quindi preferito delle esequie semplici, per poter realizzare un’opera di bene in favore dei cristiani perseguitati. E lo abbiamo fatto attraverso Aiuto alla Chiesa che Soffre, perché è una fondazione pontificia e perché realizza splendidi progetti per i nostri fratelli perseguitati in odio alla fede”.

 

Una risposta concreta all’orrore dell’estremismo per favorire, in un Paese colpito dal fondamentalismo come il Bangladesh, il dialogo interreligioso e sostenere le minoranze. La famiglia Monti contribuirà quindi a donare un luogo in cui pregare alla comunità cristiana di Harintana, finora costretta a percorrere alcuni chilometri ed attraversare un fiume per raggiungere la chiesa più vicina. “Abbiamo scelto questo progetto perché ci dà speranza sapere che la Chiesa di San Michele rappresenterà un incentivo per i cristiani del Bangladesh, affinché non abbiano paura e non si arrendano anche di fronte alla violenza. E poi lo abbiamo fatto per Simona, perché speriamo che la locale comunità abbia la bontà di pregare per la sua anima e per la nostra famiglia”.

Di sua sorella don Luca ricorda in particolare la dedizione al lavoro e la “amorevole determinazione”. Il sacerdote nota inoltre come al di là della grande sofferenza, la famiglia Monti tragga forza dalla consapevolezza che Simona sia stata uccisa in ragione della sua fede. «È stato molto toccante ascoltare mio padre dire: “Ho dato a Dio un figlio sacerdote ed una figlia martire”».

 

 

Redazione Zenit

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