L'acqua - che in altre occasioni c'ha portato turismo, floridezza e guadagno - stavolta ha mostrato il suo lato bestiale, inafferrabile e malefico. Da sorella a matrigna, da bellezza da cantare nelle odi poetiche a giaculatoria delle bestemmie più triviali...
del 15 novembre 2010
           Dimenticata dai palazzi romani e infiacchita dalle polemiche locali, la terra veneta rimane pur sempre una bellissima donna. Anche quando, bagnata e infangata, scava con le mani nel fango alla ricerca dei suoi lineamenti perduti. L'acqua - che in altre occasioni c'ha portato turismo, floridezza e guadagno - stavolta ha mostrato il suo lato bestiale, inafferrabile e malefico. Da sorella a matrigna, da bellezza da cantare nelle odi poetiche a giaculatoria delle bestemmie più triviali.
 
           L'acqua è un elemento primordiale, è agli esordi della Creazione stessa, è Bellezza: e oggi a chi è bello tutto sembra essere concesso. Anche entrare, devastare e scompigliare i progetti come i cuori dell'uomo. E' l'acqua raccontata dai media, quella che interessa e alimenta la notizia, l'acqua che a troppe persone ha rubato sogni, investimenti e aspettative.
           Schifosissima acqua, bastarda traditrice delle memorie più belle.
           Eppure basterà una goccia di rugiada a primavera, uno spruzzo d'acqua sugli steli di grano o la semplice acqua di una lacrima per tornare poi ad innamorarsene. Come stamattina. Sotto l'infamia di una sorella nefasta i lineamenti di una goccia d'acqua spettacolare e benefica: la goccia della giovinezza che si sporca le mani.
           Sono medici principianti e avvocati in dirittura d'arrivo, agrari e periti, metalmeccanici e postini, infermiere e disoccupati con un'età media ben lungi dai trenta della maturità. Per una volta chissenefrega dei titoli e delle mansioni: loro sono giovani che nel fango ci vanno per scavare. Per mostrare - seppur nel nascondimento che li contraddistingue per scelta - che l'acqua tanto ha sepolto ma qualcosa ha pure riportato a galla.
           Non siedono nei salotti televisivi, sono restii alle interviste ma dalle bacheche di Facebook e di Twitter si avvisano delle postazioni di soccorso in cui urge trovare forza lavoro. Ci vanno, si applicano, se ne tornano a casa un po' più uomini. E' il volto bello della giovinezza: Berlusconi non s'è accorto di loro, Re Umberto non li ha degnati di uno sguardo passeggiando nel Feudo del Leone Veneto, solo il Napolitano Presidente li ha ringraziati perché la città senza di loro non sarebbe così dignitosa nella sua infermità.
           La Storia Sacra rammenta che quando Dio non riesce a fare dell'uomo un capolavoro di umiltà, si vede costretto a renderlo schiavo di un'umiliazione. Non è un Dio cattivo, perché la prima acqua è sgorgata dalla sua fantasia: è semplicemente un Dio che ogni tanto spesso (licenza poetica) ricorda all'uomo che le chiavi della Natura non sono ancora state derubate da nessun Icaro moderno.
           Ricorda le posizioni da tenere e chiama la giovinezza a imperitura memoria. Quella giovinezza bistrattata nel ghetto degli spritz e affrontata con forza all'Università è la stessa che sa ancora dare sapore alle cose più semplici. Che sia un cesso da sciacquare, un armadio da ripulire, un vecchio da imboccare non fa alcuna differenza.
           Perché loro sanno che in situazioni di emergenza basta poco più di niente per creare quella fratellanza da tanti osannata ma da pochi cercata. La scuola a loro è servita per imparare che l'uomo può porre qualsiasi disposizione: saranno le circostanze a disporre i pensieri dell'uomo.
           Voltaire perse l'illusione sull'umanità ma sopravvisse al dispiacere. Kafka nei suo romanzi racconta dell'uomo come di un coleottero. Gogol ha scrutato l'uomo e ha incontrato la tristezza. Questi giovani stanno scavando nel fango e hanno intuito che, sotto sotto, la speranza non è ancora morta. Stavolta grazie a loro.
don Marco Pozza
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