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Dalla comunità per me a io per la comunità (versione completa) da Giovani per i ...

Il vivere in comunità, è come essere piantato in un giardino. In esso ci sono ogni specie di fiori, piante...Alcuni fioriscono più degli altri; alcuni in un tempo, altri più tardi. Ci sono addirittura piante che non fioriscono mai. Però tutte hanno una funzione, una missione...

Dalla comunit√† per me a io per la comunit√† (versione completa) da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 05 ottobre 2009

Denti di leone

Un uomo, che si sentiva orgoglioso del verde tappeto del suo giardino, un giorno scopr√¨ che il suo bel prato era infestato da una grande quantit√† di ‚Äúdenti di leone‚Äù. Cerc√≤ con tutti i mezzi di liberarsene, ma non pot√© impedire che divenissero una vera piaga. Alla fine si decise di scrivere al ministero dell'Agricoltura, riferendo tutti gli sforzi che aveva fatto, e concluse la lettera chiedendo: ¬´Che cosa posso fare?¬ª. Giunse la risposta: ¬´Le suggeriamo d'imparare ad amarli¬ª. Autentica piaga √® per una persona non amare tutti coloro che ci sono nel suo giardino. Se non si pu√≤ averla vinta con tanti ‚Äúdenti di leone‚Äù che ci circondano, √® necessario apprendere una nuova tecnica: quella dell‚Äôamore. Imparare ad amare non √® per nulla facile, poich√© bisogna perdere, impiegare molto tempo per ascoltare gli altri: piante, animali, persone. Anche dentro di te, non sei libero di eliminare le ferite della tua vita passata; ma puoi imparare, con l‚Äôaiuto di Dio, a gestirle oggi.

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Morire alle proprie ideeUna comunit√† non √® veramente un corpo se non quando la maggioranza dei membri sta facendo il passaggio dalla ¬´comunit√† per me¬ª, a ¬´io per la comunit√†¬ª, cio√® quando il cuore di ognuno si sta aprendo ad ogni membro, senza escludere nessuno. √à il passaggio dall‚Äôegoismo all‚Äôamore, dalla morte alla resurrezione: √® la Pasqua, il passaggio del Signore, ma anche il passaggio da una terra di schiavit√π a una terra promessa, quella della liberazione interiore. Perch√© un cuore faccia questo passaggio occorre tempo e molteplici purificazioni, delle morti costanti e nuove resurrezioni. Per amare, bisogna incessantemente morire alle proprie idee, alle proprie suscettibilit√†, alle proprie comodit√†. La strada dell‚Äôamore √® irta di sacrifici.

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La comunit√† non √® coabitazione, non √® una caserma o un albergo. Non √® un gruppo di lavoro e ancor meno un nido di vipere! √à quel luogo in cui ognuno, o piuttosto la maggioranza (bisogna essere realisti!) sta emergendo dalle tenebre dell‚Äôegocentrismo alla luce dell‚Äôamore vero. L‚Äôamore non √® sentimentalismo n√© emozione passeggera. √à il riconoscimento di un‚Äôalleanza, di un‚Äôappartenenza reciproca. √à ascoltare l‚Äôaltro, sentirsi interessato a lui e sentirsi in comunione profonda con lui. √à vedere la sua bellezza e rivelargliela. √à rispondere alla sua chiamata e ai suoi bisogni pi√π profondi. √à compatire, soffrire con lui, piangere quando piange, rallegrarsi quando si rallegra. Amare e anche essere felici quando l‚Äôaltro √® l√¨, tristi quando √® assente: √® restare vicendevolmente l‚Äôuno nell‚Äôaltro, rifugiandosi l‚Äôuno nell‚Äôaltro. ¬´L‚Äôamore √® una potenza unificatrice¬ª dice Dionigi l‚ÄôAeropagita.

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Se l‚Äôamore √® essere teso l‚Äôuno verso l‚Äôaltro, √® anche e soprattutto tendere entrambi verso le stesse realt√†; √® sperare e volere le stesse cose; √® partecipare alla stessa visione, allo stesso ideale. E, con questo, √® volere che l‚Äôaltro si realizzi pienamente secondo le vie di Dio e al servizio degli altri: √® volere che sia fedele alla sua chiamata, libero di amare in tutte le dimensioni del suo essere.

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Abbiamo qui i due poli della comunit√†: un senso di appartenenza l‚Äôuno all‚Äôaltro ma anche un desiderio che l‚Äôaltro vada pi√π lontano nel suo dono a Dio e agli altri, che sia pi√π luminoso, sia pi√π profondamente nella verit√† e nella pace.

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Nel nostro inconscio, le radici dell‚Äôegoismo sono profonde; spesso costituiscono le nostre prime reazioni di difesa, di aggressivit√†, di ricerca di piacere personale.

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Queste purificazioni profonde si realizzano solo grazie a un dono di Dio, una grazia scaturita dal pi√π profondo di noi stessi, l√† dove risiede lo Spirito. ¬´Toglier√≤ da voi il cuore di pietra e vi dar√≤ un cuore di carne, e porr√≤ il mio spirito dentro di voi¬ª (Ezechiele 36, 26). Ges√π ci ha promesso di inviarci lo Spirito Santo, il Paraclito, per comunicarci questa energia nuova, questa forza, questa qualit√† di cuore, che fanno s√¨ che si possa accogliere veramente l‚Äôaltro ‚Äì anche il nemico ‚Äì cos√¨ com‚Äô√®: sopportare tutto, credere tutto, sperare tutto. Imparare ad amare richiede tutta una vita, perch√© occorre che lo Spirito Santo penetri in tutti gli angoli nascosti del nostro essere, in tutte quelle parti dove ci sono paure, timori, difese e gelosie.

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Questo dono della comunit√†, questo dono dell‚Äôunit√†, viene dal fatto che ogni membro √® pienamente se stesso, vive totalmente l‚Äôamore ed esercita il suo dono unico e diverso da quello degli altri. La comunit√† allora √® una, perch√© pienamente sotto l‚Äôazione dello Spirito.

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La preghiera di Ges√π √® stupefacente. La sua visione va ben oltre ci√≤ che gli uomini possono immaginare o desiderare. L‚Äôunit√† del Padre e del Figlio √® totale, sostanziale. Ogni comunit√† deve tendere verso questa unit√† ma non pu√≤ realizzarsi se non nell‚Äôordine mistico, nello Spirito Santo e grazie a Lui. Quando si √® sulla terra, tutto ci√≤ che si pu√≤ fare, √® camminare umilmente verso l‚Äôunita.

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Sentirsi amato

L‚Äôatmosfera di gioia in comunit√† deriva dal fatto che ognuno si sente libero di essere se stesso in ci√≤ che ha di pi√π profondo. Non ha bisogno di recitare un personaggio, di pretendere di essere meglio degli altri, di cercare di fare prodezze per essere amato.

Non ha bisogno di nascondere una parte di s√© dietro a barriere e maschere. √à diventato vulnerabile agli altri perch√© √® diventato vulnerabile a Dio. Ha scoperto che √® amato per se stesso e non per le sue capacit√† intellettuali o manuali. Quando qualcuno inizia a scoprire e a far cadere le barriere e le paure che gli impediscono di essere se stesso e che impediscono alla vita dello Spirito Santo di scorrere attraverso di lui, si semplifica. Essere semplice, √® precisamente essere se stessi sapendo che gli altri ci amano cos√¨ come siamo. √à sapersi accettati con le proprie qualit√†, i propri difetti, nella propria persona profonda. Essere semplici √® lasciar brillare attraverso di noi, secondo la nostra vocazione e i nostri doni, l‚Äôamore di Dio e la sua luce: √® come se il cielo e la terra, in un certo modo, si incontrassero.

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Quando i membri di una comunit√† vivono in comunione gli uni con gli altri e i poveri sono al centro della loro vita, la comunit√† √® come un segno del Regno di Dio, un segno della presenza di Dio. Ges√π √® venuto a rivelare all‚Äôumanit√† che Dio non √® un essere solitario, eterno, che contempla la sua gloria; non √® soltanto il Creatore straordinario di un universo meraviglioso ma pieno di sofferenza. Dio √® una famiglia di tre Persone, tre Persone in comunione le une con le altre che si danno totalmente le une alle altre, essendo ognuna relativa agli altri. E Dio cre√≤ l‚Äôuomo e la donna come segno della Trinit√†; li ha creati per vivere in comunione l‚Äôuno con l‚Äôaltro ed essere cos√¨ il riflesso del suo Amore. Dio desidera ardentemente delle comunit√† che siano segno di questa comunione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. ¬´Che siano una cosa sola, come il Padre ed io siamo uno¬ª (Giovanni 17).¬†¬†¬†¬†¬†

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Al di l√† dei legami umani e naturali, cos√¨ forti e cos√¨ stretti, si profila, alla luce della fede, un nuovo modello di unit√† del genere umano al quale deve ispirarsi in ultima istanza la solidariet√†.

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Nel cuore della comunit√† del Regno si trova il ‚Äús√¨‚Äù tanto divino quanto umano alla vita, che √® un s√¨ a vivere insieme. Se la Trinit√† √® vista in questo contesto, non √® un simbolo statico ma un modo di esprimere la stretta interdipendenza delle tre Persone. Necessariamente l‚Äôincontro e lo scambio tra Padre, Figlio e Spirito Santo o sono sempre stati e saranno sempre uno zampillio continuo oppure questo non √® mai stato. Siamo impegnati in uno scambio di vita perch√© Dio √® anche questo. Siamo implicati in un processo di divenire tanto quanto di essere, perch√©, in un certo modo, molto profondo e che d√† vita, lo √® anche Dio.

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Questo scambio continuo da vita divina a vita divina, da vita divina a vita umana, da vita umana a vita umana, significa che la comunit√† del Regno √® caratterizzata dalla condivisione di tutto ci√≤ che siamo e di tutto ci√≤ che abbiamo, il che implica uno scambio di amore.

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Il posto di ciascuno

La vita comune pu√≤ diventare una vera scuola in cui si cresce nell'amore; √® la rivelazione della diversit√†, anche di quella che ci d√† fastidio e ci fa male; √® la rivelazione delle ferite e delle tenebre che ci sono dentro di noi, della trave che c‚Äô√® nei nostri occhi, della nostra capacit√† di giudicare e di rifiutare gli altri, delle difficolt√† che abbiamo ad ascoltarli e ad accettarli. Queste difficolt√† possono condurre a tenersi alla larga dalla comunit√†, a prendere le distanze da quelli che danno fastidio, a chiudersi in se stessi rifiutando la comunicazione, ad accusare e a condannare gli altri; ma possono anche condurre a lavorare su se stessi per combattere i propri egoismi e il proprio bisogno di essere al centro di tutto, per imparare a meglio accogliere, comprendere e servire gli altri. Cos√¨ la vita in comune diventa una scuola di amore e una fonte di guarigione. L'unione di una vera comunit√† viene dall'interno, dalla vita comune e dalla fiducia reciproca; non √® imposta dall'esterno, dalla paura. Deriva dal fatto che ciascuno √® rispettato e trova il suo posto: non c'√® pi√π rivalit√†. Unita da una forza spirituale, questa comunit√† √® un punto di riferimento ed √® aperta agli altri; non √® elitaria o gelosa del proprio potere. Desidera semplicemente svolgere la propria missione insieme ad altre comunit√†, per essere un fattore di pace in un mondo diviso.

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Liberamente tratto da Jean Vanier, La comunit√†. Luogo del perdono e della festa, Jaca Book, Milano 1995 e Ogni uomo √® una storia sacra, Dehoniane, Bologna 2001.

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Spunti per la riflessione e la vita

1.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Un brano della Parola di Dio su cui meditare e attraverso il quale lasciarti interpellare da Dio: il chicco di frumento (Giovanni, 12, 24-26); oppure la descrizione della carit√† nella chiesa primitiva (Atti degli apostoli, 2,42-47)

2.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Lasciati provocare dalla canzone l‚Äôappartenenza di Giorgio Gaber

¬´L'appartenenza‚Ä¶ √® avere gli altri dentro di s√©. L'appartenenza √® assai di pi√π della salvezza personale, √® la speranza di ogni uomo che sta male e non gli basta esser civile‚Ä¶ Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi¬ª

3.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Un film per aiutare a riflettere: Il mio migliore amico, regia di Patrice Leconte (2006).

4.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Due proposte di giochi, dinamiche di gruppo tratte da D. Sigalini - G. De Nicol√≤ - S. Movilla, Vita di gruppo. Manuale pratico-teorico di conduzione di gruppo, Elledici, Torino 1993, pagina 39: mi metto a servizio del gruppo attraverso un ascolto che valorizza l‚Äôaltro, con i suoi sentimenti e le sue idee. A pagina 63 e 64 attenzione ad alcuni trabocchetti che possono rendere difficile il dialogo.

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A.¬†¬† Esercizio di attento ascolto dell‚Äôaltro

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Principi per una buona comunicazione

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1.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Fissare l'attenzione su colui che parla. Normalmente non si ascolta, perch√© si d√† pi√π peso a ci√≤ che si dice che a ci√≤ che si ascolta.

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2.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Guardare chi parla, mostrandogli cos√¨ che lo si sta ascoltando. Guardare e assentire indica che si sta ascoltando, non che si √® d'accordo. Lasciarlo terminare di parlare prima di mostrargli accordo, disaccordo, giudizio, o prima di dargli consigli e suggerimenti.

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3.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Non aver paura del silenzio. Non cercare di parlare alla prima pausa; al contrario, conviene indicare col silenzio che si √® disposti a continuare ad ascoltare.

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4.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Rispondere ripartendo da quello che l‚Äôaltro ha detto. Anche quando si vuole esprimere il proprio disaccordo, occorre sempre partire da ci√≤ che l‚Äôaltro ha affermato o cercava di dire‚Ä¶ senza volergli far dire quello che torna comodo.

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5.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Riassumere ci√≤ che si √® sentito. Pu√≤ non essere molto costruttivo, ma almeno lascia l‚Äôimpressione che si √® ascoltato e si √® cercato di comprendere.

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6.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Rispondere ai sentimenti del messaggio. La ¬´relazione¬ª √® pi√π importante dei contenuti. Occorre dunque accoglierli con simpatia e comprensione, non con sorpresa o disapprovazione.

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7.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Segnalare le associazioni mentali. Ci sono delle frasi di legame nei dibattiti. Conviene segnalare la connessione delle idee o riassumere quello che si detto fino a un dato momento.

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Esercizio

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Si divide il gruppo in sottogruppi di tre: uno parla, l‚Äôaltro ascolta e l‚Äôaltro osserva. Coloro che parlano avranno la possibilit√† di scegliere i temi che riterranno pi√π significativi personalmente: per esempio ci√≤ che gli piace di loro, ci√≤ che vorrebbero cambiare di s√©, qualcosa che √® loro successo e che √® piaciuto o che non hanno sopportato, un problema personale o qualcosa di cui l‚Äôaltro non √® a conoscenza. Oppure offrono la loro opinione su qualche fatto o idea...

Quelli che parlano devono esprimere i loro sentimenti, idee o esperienze in relazione con il tema scelto. Quelli che ascoltano devono praticare i principi dell‚Äôascolto attivo detti pi√π sopra. Gli osservatori devono stare attenti perch√© non si violino detti principi. Essi non partecipano al dialogo se non per indicare che quello che ascolta non osserva le norme. Gli osservatori devono fare di tutto perch√© si svolga una corretta forma di ascolto.

Dopo cinque o sei minuti, si interrompe l‚Äôesercizio e si discute la forma in cui la conversazione √® avvenuta: se quelli che hanno parlato hanno veramente esposto le loro idee, se quelli che ascoltavano ascoltavano davvero o interrompevano mostrando disaccordo, se gli osservatori hanno realizzato il loro compito di ¬´custodi delle regole¬ª‚Ä¶

Mantenendo le medesime terne, si cambiano i ruoli e si ripete il procedimento per altre due volte, perch√© tutti possano esplicare i tre ruoli dell‚Äôesercizio.

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B.¬†¬† Decalogo del gran sabotatore

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Vuoi impedire al gruppo di procedere efficacemente?

Ecco 10 regole d‚Äôoro.

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1.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Cerca un capro espiatorio e, una volta incontratolo, caricalo di tutte le colpe possibili. In caso di difficolt√†, pu√≤ tornare comoda la situazione generale, il governo di turno, la societ√† capitalista.

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2.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Di‚Äô con frequenza che nessuno possiede la risposta. Questo ti permetter√† automaticamente di non tener conto delle domande.

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3.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Se qualcuno propone una soluzione, fa‚Äô vedere che potrebbe andare bene anche il contrario. Ci√≤ costringer√† il gruppo a cercare una soluzione intermedia e, pertanto, a non fare neanche un passo avanti. Nel caso ci√≤ non sortisse nessun risultato, basta sminuire di valore le soluzioni gi√† prese.

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4.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Se sei un buon psicologo, d√¨‚Äô che il gruppo soffre di malsana ricerca di certezze. Se sei esistenzialista, suggerisci che l‚Äôunico snodo di crescita autentica e di maturit√† √® la continua ricerca. In casi gravi si pu√≤ optare per altre spiegazioni serie e scientifiche, in modo che nessuno ci capisca niente.

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5.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Mostrati un po‚Äô agitato e magari un po‚Äô meravigliato quando qualcuno propone un problema che vuoi bloccare. Fai notare che non √® questo il momento migliore per parlarne o che √® di cattivo gusto. Se gli altri insistono, limitati ad affermare che non si pu√≤ parlate seriamente di quel problema senza aver prima trattato a fondo quell‚Äôaltro che ne √® la necessaria premessa. (In fondo, la tesi da difendere √® la seguente: non si pu√≤ trovare la soluzione a nessun problema se prima non si sono risolti tutti gli altri.)

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6.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Sottolinea fermamente che le persone che sono state fin dal principio interessate al problema lo sono per ragioni personali. Se non puoi fare questo senza sentirti troppo autoritario, rivolgiti al ¬´proponente¬ª con domanda come: ¬´Che significato ha questo per te?¬ª Se si mette a rispondere, non ci sar√† pi√π tempo per altro.

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7.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Sforzati di dimostrare che qualunque questione, anche la pi√π piccola, ha infiniti aspetti che devono essere tenuti in conto, se si vuole essere obiettivi. Una delle coperture migliori della propria indecisione √® questa dell‚Äôobiettivit√†. Un‚Äôaltra, che ben la pu√≤ sostituire, √® quella della pericolosit√†. Per poco che venga presa in considerazione, si potranno scoprire pericoli in ognuna delle proposte di soluzioni degli altri membri del gruppo.

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8.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Distruggi tutti i suggerimenti dati finora, suggerisci di consultare un esperto estraneo al gruppo. E scegline uno molto occupato, naturalmente.

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9.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Ritorna sovente a parlare degli obiettivi generali, su cui tutti sono d'accordo, che per√≤ miracolosamente fanno sempre discutere. Da quesiti non si iniziano mai azioni concrete per i casi reali.

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10.¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Come ultima risorsa, rallegrati molto che si √® suscitato un problema. √à servito per ridiscutere tante cose. √à stato almeno un grande stimolo intellettuale. Proponi di incorniciarlo in un quadro.

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Il presente decalogo pu√≤ servire per scoprire nei gruppi pi√π sperimentati l‚Äôesistenza di atteggiamenti intenzionalmente ¬´di boicottaggio¬ª e ostacolatori, o per smascherare atteggiamenti apparentemente corretti e bene intenzionati, che per√≤ sono sospetti: sembrano troppo calcolati perch√© siano portatori di verit√† e di autenticit√†.

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Alcune domande che possono aiutare nel chiarimento:

-¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Ho coscienza di aver adottato intenzionalmente qualcuno degli atteggiamenti indicati?

-¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Qual √® stata la mia intenzione segreta in questo caso: farmi valere personalmente, influire sul gruppo, boicottare alcune proposte concrete...?

-¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Ci sono altri membri nel gruppo che tendono a comportarsi cos√¨? Chi: l‚Äôanimatore, chi vuole farsi notare, i ragazzi pi√π difficili?

-¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬†¬† Si √® avvertito l'influsso paralizzante di questi atteggiamenti all‚Äôinterno del gruppo? Come √® possibile contrastarli?

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Cristina Nanti, Don Paolo Mojoli

MGS Triveneto

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