Dalla “liquidità” alla Verità. Il Cinema e l'Amore.

L'idea di Amore, ormai inflazionata e instancabilmente equivoca sembra stia andando incontro a quella “liquidità” tanto profetizzata da Zygmunt Bauman. Il cinema, come tutti i linguaggi espressivi, non solo gioca un ruolo passivo, ma si propone anche nella sua veste di protagonista nel delineare luoghi e modalità dell'ormai graduale mutamento. Per essere più concreti...

Dalla “liquidità” alla Verità. Il Cinema e l'Amore.

da Quaderni Cannibali

del 20 febbraio 2007

L’idea di Amore, ormai inflazionata e instancabilmente equivoca sembra stia andando incontro a quella “liquidità” tanto profetizzata da Zygmunt Bauman. Il cinema, come tutti i linguaggi espressivi, non solo gioca un ruolo passivo, ma si propone anche nella sua veste di protagonista nel delineare luoghi e modalità dell’ormai graduale mutamento. Per essere più concreti e fare un esempio legato al cinema italiano, proprio nello stesso anno in cui il Cesnsis evidenziava un fenomeno tipicamente italiano della “famiglia lunga”, usciva sugli schermi un film tipicamente sociologico come L’Ultimo Bacio, che con l’abilità unica di Gabriele Muccino si è trasformato in una narrazione fotografica di quelle che erano le relazioni affettive tra il XX e XXI secolo.

Allora ci chiediamo: qual è lo Sitz im Leben dell’Amore dei nostri giorni? Di certo credo che sia fuorviante e storicamente pleonastico il modello di Giovanni Veronesi con il suo Manuale d’amore, che richiama alla memoria la letteratura manualistica cinquecentesca dei De locis Theologicis di Melchior Cano (un modello scartato anche dal più ingenuo approccio ermeneutico). L’Amore non può essere predicato da sistematiche nomenclature, aride di vissuto soggettivo, al contrario, esso è intrinsecamente legato all’esperienza ricca delle sue infinite sfumature. Due produzioni cinematografiche ci possono aiutare in questo sguardo d’insieme: Innamorarsi a Manhattan (2005) e 50 volte primo bacio (2004).

Il primo è un film di Mark Levin, che finalmente è approdato come regista dopo aver sceneggiato insieme a sua moglie Wimbledon (2004) e Madeline (1998). Propone un approccio fenomenologico all’esperienza amorosa e, pur sceneggiato da soggetti pre-adolescenziali, incarna l’epoché dell’amore nell’esperienza di ogni giorno, facendo cogliere allo spettatore elementi simili e dissimili con la propria esperienza. Il secondo è un film di Peter Segal, che con Adam Sandler ha ritentato la fortuna con L’altra sporca ultima meta nel 2005, ma purtroppo il botteghino non ha ripagato gli sforzi e la fama del poliedrico attore (cantante, produttore, sceneggiatore e regista) Il secondo film da me scelto, che è 50 volte primo bacio, evidenzia il continuo rinnovamento che l’Amore deve affrontare, senza mai potersi dire identico a sé stesso. Questo ci fa dire che  non c’è nulla di più evidente e vero dell’Amore, anzi per dirla alla Marcel: l’Amore è Verità. Se l’Amore deve essere predicato nella sua connotazione di verità, auspichiamo che il cinema ci parli sempre più dell’Amore congiunto alla Verità, altrimenti esso sarebbe pura mania, e, allo stesso tempo ci parli della Verità insieme all’Amore, altrimenti sarebbe freddo giudizio.

Il cinema fortunatamente accoglie questa identità e fugge dalle facili inclusioni per offrire sempre nuove vie all’idea inafferrabile di Amore, contrariamente a quella fredda “liquidità” tanto lontana dalla realtà. Quindi, come il cinema continuamente sostiene, non è che l’Amore stia svanendo, ma cresce sempre di più la coscienza che esso vada colto nella sua doppia anima: da un lato è unità differente, mentre dall’altro è differenza unificata.

Vittorio Castagna

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