Dalla parte dei bambini

I bambini, futuro dimenticato di un'umanità in delirio di onnipotenza. Rabbrividiamo di fronte ai crimini commessi nei loro confronti, ma è difficile chiamarci fuori causa, perché in realtà siamo tutti coinvolti. Perché pensare che la maggior parte delle violenze, degli abusi e dei soprusi nei confronti dei minori è semplicemente agghiacciante.

Dalla parte dei bambini

da Quaderni Cannibali

del 12 luglio 2011

 

 

I bambini, futuro dimenticato di un’umanità in delirio di onnipotenza.

Rabbrividiamo di fronte ai crimini commessi nei loro confronti, ma è difficile chiamarci fuori causa, perché in realtà siamo tutti coinvolti.

          Infanticidi, percosse, violenza carnale. Già dal grembo materno, con l’aborto, la loro vita è minacciata. Ma, anche una volta guadagnata la buona uscita, le prospettive non migliorano! Commercio d’organi, bambini-soldato e lavoro minorile… quanto sappiamo e quanto facciamo concretamente per contrastarli? E quanto, ancora nella nostra società, vigono il perbenismo, l’ipocrisia, sovrastati da una profonda omertà. Perché pensare che la maggior parte delle violenze, degli abusi e dei soprusi nei confronti dei minori è semplicemente agghiacciante.

          Ripetiamo come una nenia raccomandazioni ai figli nostri e altrui, eppure - dietro mura domestiche sempre troppo vicine alle nostre - si consuma l’orrore, la sopraffazione, la violenza. E spesso ne siamo anche complici non inconsapevoli. Spesso il nostro è silenzio colpevole. Altre volte, impacciato e imbarazzato. Paralizzato, incapace di capire e di scegliere quale sia davvero la mossa migliore. Il semplice dato, che ci confermano gli addetti ai lavori, è che gli abusi avvengono, per la maggior parte, da parte di genitori, parenti e amici dei familiari. L’uomo nero non si incontra al parco giochi, non è lo sconosciuto che ti offre una caramella e poi gioca col corpo di un bambino. No. La cosa più sconcertante è proprio questa: il “lupo cattivo”, nella maggior parte dei casi, è chi ti ha messo al mondo (il papà, o anche la mamma: nessuno se lo aspetta, ma la pedofilia non è una prerogativa maschile e spesso quella femminile passa sotto silenzio solo perché non vista o non considerata, complice la sacra aura che circonda la figura materna, per cui riesce impensabile associare la madre alla pedofilia), chi conosci bene, chi ha la tua fiducia da moltissimo tempo.

          Istupiditi e scettici che la verità possa sconfiggere la vergogna, la falsità, l’arroganza, la prepotenza. Perché – purtroppo – questa è la realtà alla quale ci siamo assuefatti. Perché chi si mette in prima linea, e si impegna in prima persona, nella convinzione e nella speranza di poter sconfiggere un male oscuro e sotterraneo grave e quanto mai sconosciuto nella sua cruda realtà, si trova poi messo alla berlina, calunniato, criticato, defraudato della propria credibilità e dignità. Forse già questo è testimonianza dell’incredibile interesse che si cela dietro quest’insana voglia, appoggiata anche culturalmente da più parti.

          Basti pensare alla giustificazione alla pedofilia, vista come “necessità affettiva del bambino” da tanti intellettuali e filosofi. Identica giustificazione (forse l’unica adducibile) anche nei siti di “cultura” pedofila.

          Già da questa semplice osservazione risulta chiaro come Internet, in quanto luogo-non luogo di liberalità assoluta, lascia spesso i minori in balia di altri orchi, diversi da quelli che potrebbero trovare nei luoghi a loro più conosciuti e noti. Attraverso la rete si organizzano i pedofili, si scambiano informazioni; attraverso la rete si forma anche una “cultura” della pedofilia e si affermano tali idee, viaggiano, infiammano, indignano (o anche… creano consensi!). La rete può dimostrarsi valido strumento, ma tante volte, ahimè,  favorisce soprattutto l’illecito e la proliferazione di “trappole” per i più piccoli e indifesi. La grande precocità con cui i giovanissimi si approcciano alle nuove tecnologie mantiene alto questo pericolo: è come spalancare la porta di casa… e un bambino non ha la capacità di discernimento e di valutazione di un adulto. Un bambino si fida più facilmente ed è più ingenuamente positivo verso le altre persone. Per questo, i bambini rischiano di più.

          Ma oltre ai pericoli più grandi, che - tanto per cambiare - girano comunque intorno ai soldi, ce ne sono tanti altri che spesso passano inosservati, ma non per questo causano meno danni. Sono tante le modalità con cui un bambino può essere annientato. Ci sono “bambini invisibili” che passano inosservati nella vita famigliare, nella gestione e nelle scelte i loro desideri e le loro necessità sono inesistenti, la loro presenza ininfluente: bambini-pacchi postali spediti dalla nonna, dalla baby sitter, al campo estivo, al campo da tennis, all’oratorio… Non sono bambini senza famiglia, ma risultano in sostanza “non curati”, perché chi si occupa della loro crescita rimane indifferente al loro sviluppo reale, che vada oltre il mangiare, il bere, il guadagnare qualche centimetro: non c’è spazio per le emozioni, la fantasia, i sogni, i desideri. I figli sono un fardello, di cui disfarsi impegnandoli da qualche parte per garantirsi un po’ di pace.  Ci sono poi “piccoli adulti”, cresciuti coi sogni dei genitori che hanno proiettato su di loro la propria frustrazione, i propri insuccessi e li caricano di responsabilità, destinandoli a quel successo che a loro è mancato. Senza domandarsi, però, se sia questo il vero bene del figlio, persona ben diversa (sempre!) da sé.  Per non parlare, infine, del dramma dei “figli contesi”, triste strascico di troppi matrimoni andati in fumo, in cui l’unica vera parte lesa è proprio la serenità e, spesso, il futuro dei bambini, privati di certezze, solidità, affettività.

Parliamo tanto dei bambini, ma facciamo concretamente qualcosa per dare seguito alle nostre parole?

          Sono tanti, purtroppo, i modi in cui è possibile spezzare le ali ai loro sogni e alla loro serenità. Non pensiamo sempre agli altri, non pensiamo solo alla violenza fisica. Ogni tanto pensiamo alla violenza di qualche parola, buttata lì, distruttiva come un macigno: “non sai fare nulla”.

Contiamo fino a dieci prima di pronunciarla avventatamente.

 

Maddalena Negri

http://www.sullastradadiemmaus.it

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