L'affermazione di sé è uno degli obiettivi più ambiti di ogni persona. Affermarsi è compito e sfida, desiderio e passione, meta e pericolo. Il confine tra affermazione e dominio è labile e i problemi a livello etico sorgono numerosi e complessi.
del 12 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
 
          Una buona autostima è veramente tale solo quando è equilibrata e capace anche di considerare e apprezzare gli altri. Questo rende le persone profondamente realizzate, perché il punto di riferimento per la valutazione di ciò che siamo è la reciprocità. L’affermazione di sé, invece, è il riferirsi a se stessi senza tener conto degli altri, anzi spesso contro gli altri, ed è purtroppo, oggi, un modo di fare molto diffuso presso le persone di ogni età e condizione. La tendenza a costruirsi un’immagine esterna che faccia colpo più che una personalità ricca di valori, è all’origine di molte relazioni strumentalizzate; si creano relazioni e amicizie che “servono”, non solo per risolvere aspetti concreti della nostra vita quotidiana, ma, in particolare, a costruire un’immagine di successo di se stessi, perché si possa dire da chi ci conosce quanto sia ampia attorno a noi la sfera di influenze che possiamo vantare, quanto, in definitiva, siamo migliori di altri. È la logica dell’uomo pagano, senza Dio, è la logica del dominio sugli altri, perché incapaci di dominare se stessi. È la logica che lascia le persone a livello molto basso, anche quando il mondo delle “conoscenze” e delle “influenze” è molto alto.
Le logiche di dominio
         La logica del dominio è tipica dell’essere umano, sembrerebbe che faccia parte del suo DNA. Difficilmente l’uomo riesce a liberarsene in modo esaustivo e completo. Occorre molta libertà interiore, ma questa si acquista attraverso un lungo cammino di autoeducazione ed esige un progetto di vita e una continua vigilanza. Il credente vi si impegna con ascesi e cristiana conversione, attraverso un cammino di umiltà, alla scuola del suo Maestro. In Mc 10,42-44, Gesù dice una cosa rivoluzionaria in proposito: “Voi sapete che quelli che son reputati principi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi, anzi, chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti”. I servi al tempo di Gesù erano all’ultimo posto della scala sociale, anzi non facevano neppure parte della società cosiddetta civile, lavoravano senza ricompensa e senza diritti. Dovevano essere pronti a lavare i piedi ai loro padroni. E’ illuminante a questo riguardo quanto dice Giovanni nel suo Vangelo: “Capite quello che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io” (Gv 13,12-15). 
La logica di Ges√π
         La logica di Gesù, dunque, appare molto lontana dalla logica degli uomini, perché esige un’autorevolezza nell’amore, nella capacità di esercitare un ruolo di conquista, nella benevolenza e nella carità; Gesù non accetta un’autorità intesa come “esercitare il potere sulle persone”; è del tutto inconcepibile, nella prospettiva del maestro di Galilea, utilizzare l’autorità al fine di sottomettere le persone al proprio dominio o capriccio. Lo scopo per cui uno è investito di potere è ben altro. La leadership cristiana, infatti, si pone nel versante opposto, farsi dono, non fare doni, essere a servizio di tutti non farsi servire da tutti. Questa prassi cristiana, del resto, deriva dalla diretta testimonianza del Maestro: “Poiché anche il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Mc 10,45).
A casa e fuori casa
         Del resto si sa da sempre che le logiche di domino sono motivo di radicali incomprensioni, sia fuori casa e sia dentro casa. È facile lasciarsi andare, anche nel ristretto ambito familiare, a pressioni sugli altri, nel senso di pretendere sottomissione negli aspetti che riguardano la conduzione anche delle cose più semplici della famiglia, come pure di quelle più complesse quando emergono problemi che sollecitano decisioni immediate e importanti. Imporsi sul coniuge o sui figli, o da parte dei figli sui genitori, è antievangelico e  quasi sempre anche disumano. Mettere chi ci sta accanto nella condizione di servile assoggettamento è espressione di una personalità incapace di presentarsi con autorevolezza e stile. È un autentico peccato davanti a Dio, che ci ha dato nel suo Figlio l’esempio diretto e più sublime della sua logica. Ci si può anche giustificare per ragioni di opportunità, per timore che situazioni particolari possano degenerare, o anche per ragioni educative. Ma imporsi con espressioni e linguaggio sprezzante, altezzoso o di isolamento dell’altro, non porta da nessuna parte, o forse porta all’odio, all’ira, e a molti altri malaugurati difetti che lasciano trasparire una convivenza difficile per non dire impossibile in cui domina la violenza interna esercitata contro chi si vuole in condizione di sudditanza rispetto a sé. La vera leadership, lo ripetiamo, è donare se stessi, perché dentro di sé e attorno a sé regni la pace e la tranquillità dell’ordine.
La ricerca del potere e la Chiesa
         Secondo la dottrina cristiana, la Chiesa è uno spazio teologale dove si riconosce come autorità fondamentale il Vangelo. Il Vangelo dunque, che rappresenta la persona di Cristo, è al centro dell'obbedienza della fede di tutti i credenti. L'obbedienza alla Chiesa e al magistero dei Vescovi – che sono il segno concreto dell'unità ed esercitano l'autorità a nome e a imitazione di Cristo per ricercare e adempiere la volontà del Padre – è obbedienza al Vangelo. Questo servizio è rivolto a promuovere la carità, a incoraggiare e coordinare l'impegno di tutti, ad animare, orientare, decidere, correggere, in modo che venga realizzato l’annuncio del Vangelo. È opportuno e doveroso qui ricordare che nella Chiesa l’autorità è servizio.
          Il primo servizio che chi ha autorità è chiamato a offrire è la fede e l'amore per il Vangelo, che si esprimono in una testimonianza immediata e schietta di donazione sacrificata; ma occorre anche lasciare spazio alla partecipazione responsabile ed effettiva di tutti. L’autorità cristiana è leadership spirituale, che diventa guida che indica il cammino di santità; il che significa che chi presiede deve essere e apparire un “maestro spirituale”, la cui funzione è quella di guida autorevole, sicura e credibile perché vive ciò che insegna. Oggi, in ambienti fortemente segnati dall’individualismo, non è facile riconoscere e accogliere la funzione che l'autorità svolge a vantaggio di tutti, ma se vogliamo rimanere uniti a Cristo e tra di noi occorre rimanere uniti con chi è chiamato a essere al servizio di tutti.
Giovanna Russo
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