Ormai la scuola ha avuto inizio e, in un modo o nell’altro, siamo dentro e per lo più in presenza. Sul primo giorno sono stati usati fiumi di parole, ma come sarà il seguito?
di Marco Pappalardo
Ormai la scuola ha avuto inizio e, in un modo o nell’altro, siamo dentro e per lo più in presenza. Sul primo giorno sono stati usati fiumi di parole, ma come sarà il seguito? I riflettori sono puntati e lo saranno ancora per un po’, il tempo che arrivino o non arrivino tutti i banchi nuovi, che vengano consegnate milioni mascherine e che si veda l’impatto sul numero dei contagi. Insomma, studenti, docenti e personale Ata, se faremo notizia, sarà quasi certamente per uno dei motivi suddetti. Peccato! Perché la scuola dovrebbe essere ogni giorno una notizia nel nostro Paese o almeno ogni settimana come proviamo a dimostrare in queste pagine di diario da tempo; e dovrebbe esserlo non solo per i problemi, bensì per il valore che ha, per l’impatto sulla nostra società nel presente e per il futuro. Analizzando i contenuti e tirando fuori le parole chiave degli ultimi mesi, vengono fuori per lo più le seguenti: banchi, rotelle, mascherine, gel, regole, distanziamento, aule, sostegno, tamponi, test sierologici, trasporti, primo giorno, entrate, quarantena, graduatorie, studenti, docenti fragili, milioni di euro, dirigenti, un metro. Molte di queste non si riferiscono normalmente all’ambito scolastico, altre sono scontate, mentre ne mancano alcune che fanno la differenza: educazione, cultura, formazione, studio, crescita. Per non parlare di quelle che vanno ancor più nel profondo e danno senso al resto: passione, sogni, progetti di vita, relazioni significative. Da qualche tempo va di moda tra gli opinionisti il termine “narrazione”, bellissimo e intenso, tuttavia spesso svuotato, inflazionato e allontanato dal contesto; esso è proprio della scuola e delle scuole, dei libri e dei generi letterari, della retorica e delle orazioni, della trasmissione del sapere e delle tradizioni, dei maestri e dei discenti, dei grandi e dei piccoli. Ora, una narrazione privata delle parole fondamentali è solo sterile e inutile, così come la narrazione sulla scuola se derubata della sua essenza. È vero che viviamo tempi duri e di emergenza, ma proprio in questi momenti serve andare al cuore delle cose, tralasciando il superfluo. Nelle grandi imprese, tra storia e leggenda, i condottieri avevano al loro seguito un giullare, un poeta, uno storico, un narratore, cioè qualcuno che sapesse cogliere ciò che conta dall’insieme, per trasformare tutto in parole durature come il marmo. Oggi a scuola viviamo una grande impresa, in un luogo noto, ma in una condizione inedita; quale tesoro di parole, di gesti, di azioni sapremo trarre fuori e raccontare? Cosa leggeremo e ascolteremo che sia, però, la vita vera della scuola? Manzoni affiderebbe in modo celeberrimo “ai posteri l’ardua sentenza”, tuttavia nel frattempo perché non prendersene carico subito e cominciare tutti a scrivere sulle pagine bianche del nuovo anno scolastico?
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