Con la penna tra le dita mi chiedo: “Ma quale ragazza o ragazzo si metterà a leggere un articolo sul diritto all'ISTRUZIONE nel mese di luglio?”. Con i libri finalmente chiusi, non pensare alla scuola è lo slogan di tutti! Ecco perché decido di raccontarvi una storia, un avvenimento lontano nello spazio e vicino nel tempo. Lo spazio è l'Afghanistan, il tempo è il 2004.
del 06 luglio 2009
 Sarhad-e Wakhan è un remoto gruppo di case sparse, un luogo sperduto nel tetto del mondo, come vengono chiamate le alte montagne del Pamir, all’estremità orientale dell’Afghanistan. Sarhad nella lingua locale significa “confine, limite, frontiera”. E’ infatti l’ultimo avamposto stabilmente insediato dai Wakhi nell’alto corridoio del Wakhan:  una delle regioni più isolate, inaccessibili e speciali dell’intero Afghanistan, ai confini con il Pakistan, Tajikistan e la Cina. Un tempo qui
 
 
 
passavano le vie carovaniere dirette in Cina e India mentre ora, con le frontiere chiuse, le vie commerciali passano lontano da queste terre. La difficoltà di accesso è la maggiore barriera per lo sviluppo del Wakhan. L’unica via di comunicazione è una strada impervia, percorribile a bassa velocità, esclusivamente da veicoli fuoristrada. Molto spesso frane e smottamenti rendono precari e instabili i collegamenti con i villaggi. La gente comune viaggia a cavallo o a piedi e tutte le distanze vengono indicate in giorni di viaggio. Per dare una idea, occorrono sei-sette giorni di cavallo dal villaggio di Sarhad al capoluogo di distretto, Khandud. La specificità di queste valli è che sono abitate dai Wakhi, una popolazione indo-ariana che continua a parlare una antica lingua iranica. I Wakhi si dedicano d attività di tipo agro-pastorali e hanno usi e costumi davvero particolari. Solo da pochi anni l’Afghanistan è uscito da un lungo periodo di guerre e distruzioni. Per molto tempo nessuna istituzione ha funzionato, in particolare le scuole, anche quelle primarie. I primi progetti umanitari che negli anni hanno avuto per destinatari i bambini di quell’area sono stati quelli dell’Unicef che ha installato tre tende per una scuola primaria, distanti circa due ore di cammino da Sarhad-e Wakhan. Oltre alle tende, un basso e fatiscente caseggiato di fango con altre aule, buie e anguste, fungeva da scuola per gli alunni più grandi. Le finestre erano prive di serramenti, non c’era energia elettrica, il pavimento era in terra battuta e le uniche attrezzature presenti erano delle sgangherate lavagne. I pochi insegnanti, inviati dal governo locale, erano costretti  gestire più classi contemporaneamente e a far fronte alla totale mancanza di libri, quaderni, penne e altro materiale scolastico e didattico, con la metodologia della ripetizione orale delle frasi scritte alla lavagna. Nonostante le condizioni di assoluta precarietà, erano comunque contenti i bambini di Wakhi di Sarhad-e Wakhan perché finalmente, dopo un lungo periodo di guerra, potevano andare  a scuola a differenza dei loro fratelli e sorelle più grandi che non avevano avuto questa possibilità. Certo era molto faticoso alzarsi presto, alle prime luci dell’alba, per mettersi in cammino e raggiungere la scuola dopo circa due ore di impervi sentieri e un difficile guado da superare. Sembravano degli uccelli canterini quando, al mattino, si radunavano nelle varie frazioni del villaggio e si avviavano  lungo il sentiero per la scuola. Il gruppo si ingrossava sempre di più lungo la strada accogliendo i bambini da altre località. Quando il gruppo diventava consistente allora iniziavano i canti tradizionali così giungevano alla scuola formando un mosaico di voci e colori, in tempo per l’inizio delle lezioni.
 
Questa era la situazione, quando alla fine del 2004 un gruppo di antropologi della Università Ca’ Foscari di Venezia, di ritorno da un lungo periodo di ricerca nel Pamir Afghano, si fermò nel villaggio di Sarhad-e Wakhan. I ricercatori constatarono che l’analfabetismo nelle generazioni adulte dei Wakhi era molto alto. Solo il 14% degli uomini e il 3% delle donne risultava aver frequentato almeno un anno di scuola. Mentre la frequenza della scuola dei giovani (tra i sei e i dodici anni) si attestava al 60% nei ragazzi e il 22% nelle ragazze. Il divario della scolarità maschile e femminile si spiegava con l’abbandono prematuro della scuola da parte delle ragazze che vengono date in spose  ancora molto giovani. Per i maschi, invece, occorreva tenere presente che i ragazzi aiutano le famiglie nelle attività di alpeggio e di pascolo nei mesi estivi.
Nel 2004, iniziò la costruzione di un nuovo edificio scolastico a Sarhad-e Wakhan, adeguato alle necessità e fortemente voluto dalle comunità Wakhi della zona. La costruzione fu ultimata nel 2006 grazie anche agli aiuti raccolti da (H)Elp, il Coordinamento Vicentino Enti Locali per la Pace e dall’Associazione Mariana Opere nel Mondo. La nuova scuola è ora operativa con una popolazione scolastica di 256 alunni che provengono anche dalle valli limitrofe. L’età degli alunni e compresa tra i 6 e i 13 anni. La scuola dura 9 mesi e rimane chiusa durante l’inverno per le difficoltà climatiche. Le materie insegnate sono ancora poche vista la precarietà degli insegnanti: lingua  e letteratura, geografia, storia, aritmetica, religione.
Gli aiuti arrivati dall’Italia sono consistiti in arredi scolastici, un gruppo elettrogeno per garantire l’energia elettrica, depuratori d’acqua, strumenti didattici e materiali per insegnanti e studenti: libri, dizionari e grammatiche di base, registri. Ma non solo. Per promuovere una azione concreta di amicizia a distanza si è stabilito un gemellaggio tra gli alunni Wakhi della scuola di Sarhad e gli alunni delle scuole dei Comuni vicentini.
Quando i ragazzini della scuola di Sarhad-e Wakhan hanno visto arrivare i quaderni, le penne, le attrezzature per la loro nuova scuola, ma soprattutto le matite colorate che non avevano mai visto prima non stavano nella pelle dalla gioia. Per dimostrare la loro gratitudine con i colori, le matite e gli album ricevuti hanno fatto dei disegni per i nuovi giovani amici italiani. I disegni dei bambini Wakhi sono stati esposti nelle scuole vicentine e ricambiati con altrettanti disegni che sono stati inviati a Sarhad-e Wakhan.
Questa è la storia che  vi volevo raccontare per dirvi di come tante persone lavorano per difendere il diritto all’istruzione. E adesso, per chi ha voglia di sapere qualcosa di più su questo diritto aggiungerò qualche altra informazione…
 
L’educazione primaria: un diritto umano fondamentale.
Il diritto all’istruzione è un diritto umano fondamentale. La Dichiarazione dei Diritti Umani sancisce “Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere ugualmente accessibile a tutti sulla base del merito.” (art. 26 comma 1) .
Assicurare l’accesso all’istruzione è un presupposto per assicurare piena realizzazione del diritto ma un altro aspetto importante è rappresentato dalla qualità dell’istruzione. Una volta  a scuola i bambini devono ricevere una istruzione adeguata: “L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia tra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace” (art. 26 comma 2). Il diritto all’istruzione è uno strumento importante per migliorare la qualità della vita, per alimentare lo sviluppo economico e per godere di altri importanti diritti umani. Una adeguata istruzione fornisce i mezzi attraverso i quali gli individui possono diventare consapevoli dei loro diritti e responsabilità, due elementi fondamentali per l’uguaglianza e la pace.
 
Nel proclamare il Decennio dell’Alfabetizzazione delle Nazioni Unite (2003-2012) la Commissione dei Diritti Umani ha ribadito l’impegno a eliminare discriminazioni e ostacoli che limitano l’effettivo accesso all’istruzione  a partire da quelli causati dall’essere bambini provenienti da zone isolate e rurali, appartenenti a minoranze etniche, dall’essere bambini indigeni, emigrati, rifugiati, disabili, ammalati o privati della libertIl diritto all’istruzione è anche compreso negli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Il secondo di questi obiettivi è di “Rendere universale l’educazione primaria, assicurare che ovunque nel mondo, entro il 2015, i bambini e le bambine possono portare a termine un ciclo completo di istruzione primaria”.
Istruzione quindi riconosciuta come presupposto di sviluppo, ma anche come pratica di libertà e strumento importante per la riduzione della povertà e delle disparità, per il miglioramento della qualità di vita dell’individuo e della comunità, per la promozione e  la partecipazione attiva e consapevole alla vita sociale.  Al contrario, non garantire ai bambini il diritto all’istruzione significa aumentare la loro vulnerabilità allo sfruttamento, alle malattie, al perpetuamente delle ingiustizie sociali.
 
Fonte: Gianni Pedrini, Afghanistan. La luna splende a mezzanotte, in Volontariato e Cooperazione Solidarietà e Lavoro, Editrice Veneta , Vicenza, 2009.
Comitato VIS San Marco - Giuliana
Versione app: 3.25.0 (fe9cd7d)