Zamagni: cambiare modello economico o sarà peggio. Nuovo record di disoccupati in Italia che, a ottobre, hanno raggiunto i 2 milioni e 870 mila, superando la soglia dell'11%. E il tasso di disoccupazione giovanile è ancora più drammatico: ha toccato il 36,5%.
Intervista a Stefano Zamagni.
Quanto accade era previsto, ed era già stato scritto e detto, e nei prossimi mesi la situazione peggiorerà ancora! Perché questo succede? Perché continuiamo, testardamente, non solo noi italiani, ovviamente, ma anche i Paesi del mondo occidentale, in particolare dell’Europa, a curare gli effetti di questa grave crisi economica e finanziaria e non ne vogliamo aggredire le cause. Allora, tutte le volte, i nostri governi intervengono, calmano le acque per qualche settimana o qualche mese, e poi il problema si ripropone: bisogna avere il coraggio di dire apertis verbis che è questo modello di economia, di capitalismo finanziario, di “turbo-capitalismo”, come altri lo vogliono chiamare, che non va e che va cambiato! Certo, va cambiato gradualmente, però cominciando a fare qualcosa e, invece, non si fa nulla. Tutti i nostri intereventi, infatti, sono basati sulla seguente filosofia: c’è un modello, noi non possiamo cambiarlo, lo prendiamo per quel che è e – si dice - dobbiamo abbassare la nostra situazione italiana a quel modello. Dunque, tagli della spesa, razionalizzazione di vario tipo, adeguamento delle esigenze e delle aspettative di vita per le persone a quel modello. Questa impostazione è sbagliata, bisogna avere il coraggio di dirlo! Perché piangiamo sull’aumento della disoccupazione quando non facciamo niente? Abbiamo il sistema delle cooperative sociali, delle imprese sociali, è una delle grandi ricchezze che il mondo intero ci invidia: facciamo di tutto per impedire loro di assumere, perché non ammettiamo l’accesso al fondo di garanzia per ottenere credito, perché non consentiamo alle imprese sociali di avere i benefici fiscali. Come facciamo a pensare che in questa situazione si creino posti di lavoro, quando quelli in realtà che potrebbero farlo sono tiranneggiati? Per creare posti di lavoro, quindi, il problema ritorna in campo economico e finanziario, quel sistema che noi stiamo criticando… Esatto, ma lo critichiamo nel senso di dare più spazio a quelle imprese non di tipo capitalistico, che chiamiamo imprese sociali, cooperative sociali, certi tipi di fondazione, che con modestissimi aiuti e adeguamenti legislativi, potrebbero creare almeno mezzo milione di posti di lavoro. In altre parole, bisogna capire che i posti di lavoro non sono solo quelli per produrre l’acciaio all’Ilva di Taranto o per produrre automobili a Torino. I posti di lavoro si creano per produrre, ad esempio, i beni culturali. Quanti posti il settore dei beni culturali potrebbe generare? Tantissimi! Cambiare il modello di sviluppo vuol dire cambiare anche il modello dei consumi. Noi in Italia stiamo consumando troppi beni privati - automobili, questo, quell’altro - e troppo poco i beni comuni, soprattutto beni di merito, come ad esempio sono i beni culturali, come sono i servizi alla persona. E’ lì che si trovano i posti di lavoro, solo che ci vuole una autorità di governo che capisca questo problema e che abbia il coraggio di aggredire le cause. Gli Stati devono tornare a fare gli Stati, cioè a servire il bene comune e l'interesse dei propri cittadini … E soprattutto bisogna fare quello che ha scritto Benedetto XVI nella Enciclica “Caritas in veritate”: bisogna che la politica democratica prenda il sopravvento sui mercati perché negli ultimi decenni è accaduto il contrario, cioè che la logica del mercato è entrata dentro le famiglie e le sta rovinando tutte, come stiamo vedendo, è entrata dentro la politica e lo vediamo ... In Italia, tutte le volte che si prende un provvedimento di politica economica, l’argomento che viene enunciato è: perché questo ce lo chiedono i mercati! Ma da quando in qua un politico deve far discorsi di questo tipo? Questo vuol dire che il mercato ha preso il sopravvento sulla politica!
Luca Collodi
Versione app: 3.25.0 (fe9cd7d)