Save The Children presenta la XII edizione dell'"Atlante dell'infanzia a rischio in Italia". «Dieci anni di sottoinvestimento in istruzione e servizi hanno prodotto gap demografico e crisi educativa»
L’Italia, si dice spesso, "non è un paese per bambini”. La verità è che, senza un'inversione di rotta, rischia di diventare semplicemente un "paese senza bambini", in cui cioè l’infanzia è «a rischio di estinzione». Dai tempi del baby boom ad oggi, - denuncia Save the Children - «abbiamo assistito a una marcia indietro che ha travolto la curva demografica e l’ascensore sociale, sempre più in caduta libera, che potrebbe travolgere il futuro delle giovani generazioni e del Paese intero».
In 15 anni in Italia la popolazione di bambine, bambini e adolescenti è diminuita di circa 600 mila minori. Oggi meno di un cittadino su 6 non ha compiuto i 18 anni. E nello stesso arco di tempo è dilagata la povertà assoluta, con un milione di minori in più senza l'indispensabile per vivere dignitosamente. Un debito demografico, economico e soprattutto di investimento nelle generazioni più giovani: tra il 2010 e il 2016 la spesa per l’istruzione è stata tagliata di mezzo punto di Pil, e si è risparmiato anche sui servizi alla prima infanzia, le mense e il tempo pieno, lasciando che - allo scoppio della pandemia - i divari e le disuguaglianze di opportunità spianassero la strada ad una crisi educativa senza precedenti.
L’eredità è un paese in cui la percentuale di abbandoni scolastici raggiunge il 13,1% (a fronte della media europea del 9,9%) e quella di Neet – giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non fanno formazione - raggiunge il 23,3% (media europea 13,7%). Anche l‘ambiente in cui vivono è piuttosto compromesso: più di un minore su cinque in Italia (il 21,3% del totale) abita in città inquinate, in un paese con oltre 4 autovetture in circolazione per ogni minore.
La fotografia scattata nella XII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio, dal titolo “Il futuro è già qui”, diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza da Save the Children, è quella di giovani generazioni su cui non si è investito a sufficienza e che, causa pandemia, hanno perso mesi di scuola, hanno sofferto l’isolamento e la perdita di relazioni. Cittadini di domani ai quali è urgente fornire risposte concrete.
La povertà assoluta - sottolinea l’Organizzazione - ha visto una crescita continua negli ultimi 15 anni, con una lieve frenata solo nel 2019, con l’entrata in vigore del reddito di cittadinanza. Poi, nel 2020, con l’arrivo della crisi innescata dalla pandemia, la corsa della povertà assoluta è ripresa, e su una platea di 3 milioni di individui beneficiari del reddito di cittadinanza, 753 mila sono minorenni. La povertà non è l’unico indicatore da guardare per misurare lo stato di salute dei minori nel paese: le diseguaglianze sociali, economiche e geografiche sono sempre più marcate.
Le diseguaglianze e la povertà educativa si sperimentano infatti sin dalla primissima infanzia. In Italia solo un bambino su 7 (14,7%) usufruisce di asili nido o servizi comunali integrativi. Enormi le differenze nell’offerta territoriale: in Calabria solo il 3,1% dei bambini ha accesso al nido, un dato che diventa dieci volte più grande, 30,4%, per i bambini che nascono nella provincia di Trento. La spesa media pro-capite (per ogni bambina o bambino sotto i 3 anni) dei Comuni per la prima infanzia è di 906 euro ciascuno, con divari che vedono arrivare la spesa a Trento a 2.481 euro e scendere in Calabria a 149 euro.
Né il divario riguarda solo la prima infanzia. Anche crescendo, le disuguaglianze non spariscono: in Italia solo il 36,3% delle classi della scuola primaria usufruisce del tempo pieno, con forti disparità sul territorio, con la provincia di Milano in testa, con una copertura del 95,8% delle classi, e quella di Ragusa fanalino di coda, con appena il 4,5% di copertura.
Le diseguaglianze sociali si traducono anche nell’impossibilità di soddisfare esigenze basilari: già nel 2019 l’indagine Eu-Silc Eurostat certificava in Italia un tasso di povertà alimentare dei minori tra 1 e 15 anni del 6%. Nel 2020, anno della pandemia, i dati sulla spesa delle famiglie con minori mostrano differenze notevoli: al Nord la spesa alimentare media mensile di una famiglia benestante era di 913 euro, due volte e mezzo quella di una famiglia del quinto meno abbiente, che spendeva 380 euro. Al Centro la differenza aumenta, nel Mezzogiorno si allarga passando da 1.267 euro per le famiglie più abbienti a 442 per quelle più povere. Per il quinto di famiglie più in difficoltà, la spesa alimentare e quella per l’abitazione, incluse le bollette, occupa la gran parte del bilancio familiare, lasciando poco e niente per spese importanti per la cultura, lo sport, la salute e per l’istruzione dei figli. Proprio su queste voci di spesa "ucative" la forbice tra le famiglie benestanti e quelle in difficoltà si allarga drammaticamente.
di Lucia Liverani
Tratto da avvenire.it
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