Io, che pensavo di essermi elevato un tantino, costato meglio il poco sforzo che mi domanda il Signore. Egli mi conosce: anima molle, poco fatta per perseverare nella virtù e che ha bisogno di buoni colpi di frusta per obbligarla a smuoversi un tantino.
del 04 dicembre 2009
 
Pur nelle tenebre son vicino alla luce
 
Domenica 1° settembre
 
La domenica è la giornata mortale per eccellenza. Mi annoio sempre di più che nella settimana, e le ore trascorrono lunghe e monotone sino alla cena. Verso sera va meglio, mi sento più dinamico.
 
Sto leggendo la vita di santa [Giovanna Francesca di] Chantal: è ancora un libro prodigioso. Non conoscevo questa santa e mi figuravo che la sua vita non dovesse avere nulla di eccezionale. È proprio il contrario! Tutto in questa vita è forza, dolcezza, volontà e sofferenza. Mi rendo conto di ciò che il Signore domanda quando vuole santificare un'anima. Quali dolori non si devono accettare per elevarsi in modo da piacere al buon Dio. Non ci sono limiti alla ricerca della perfezione e, come è scritto molto giustamente, bisogna innanzi tutto uccidere in noi tutto ciò che ci è proprio.
 
Io, che pensavo di essermi elevato un tantino, costato meglio il poco sforzo che mi domanda il Signore. Egli mi conosce: anima molle, poco fatta per perseverare nella virtù e che ha bisogno di buoni colpi di frusta per obbligarla a smuoversi un tantino. Il poco che faccio gli è sufficiente e devo ben persuadermi che non vengo salvato che per misericordia.
 
Questa santa mi atterrisce tanto più perché non è nella linea di san Francesco d'Assisi, ma piuttosto in quella di santa Teresa d'Avila. La loro volontà mi pare sovrumana, e nella loro vita tutto mi sembra inabbordabile, eccessivo, duro e arido. Io non ho questo carattere, e preferisco il discorso agli uccelli e il dolce sorriso del Poverello.
 
Vi sono però in quel libro dei passi molto belli che si riferiscono alle conversazioni tra la santa Chantal e san Francesco di Sales. Mi piace molto questo consiglio di lui: Gloriatevi di non essere nulla, poiché la vostra miseria serve di oggetto alla volontà di Dio. Tra gli accattoni, quelli che sono più miserabili, le cui piaghe sono più grandi e più spaventose, si stimano gli accattoni migliori e più atti a ricevere l'elemosina. Noi non siamo che degli accattoni; i più miserabili sono nella condizione migliore. La misericordia di Dio li guarda volentieri.
 
E altrove, questo passo sull'abbandono relativo che segue un periodo di unione esaltante: È spesso lo stato di quelle anime che Dio purifica al fuoco delle tribolazioni inferiori. Essere uniti a un Dio di luce, e vivere nelle tenebre, possedere nel proprio cuore un Dio che è lo stesso Amore, e sentirsi freddi e di marmo, come può avvenire? Non bisogna che Dio si sia allontanato, che l'anima sia abbandonata? DÌ lì delle desolazioni che nulla potrebbe far comprendere a coloro che non le hanno provate. Anche nostro Signore, che ha portato tutte le nostre croci, dopo aver conosciuto il tradimento di Giuda, il rinnegamento di san Pietro, la debolezza di Pilato, le beffe di Erode, le sofferenze e gli sputi, dopo aver sentito nel giardino degli ulivi le pene interiori, il tedio, lo scoraggiamento, la tristezza, ha voluto subire anche la più dura di tutte le pene, l'abbandono apparente di Dio, e lo si udì gridare: Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
 
E san Francesco di Sales consiglia a coloro che si sentono così abbandonati a se stessi: Lasciate fare; tutto va molto bene; siano tante quanto volete le tenebre, noi però siamo vicini alla luce; sia tanto quanto vi piaccia il senso delle vostre impotenze, noi però siamo ai piedi dell'Onnipotente. Viva Gesù! Chi mai potrà separarci da Lui, sia nelle tenebre, sia nella luce!
 
Jacques Fesch
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