Domenica 11 agosto 1957

Malgrado le mie pene, io sono felice, perché mi è dato di potermi purificare e di presentarmi davanti a Lui un po' meno indegno. E questa è una grande grazia. Signore, dona a ciascuno la sua propria morte, la grande morte che ciascuno porta in sé!

Domenica 11 agosto 1957

da L'autore

del 05 novembre 2009

Se conoscessi il dono di Dio!

 

Domenica 11 agosto.

 

Io costato che il più favorevole stato dell'anima, e certo quello che più piace al Signore, è lo stato che si acquisisce quando si grida verso Dio per la prima volta. L'umiltà è perfetta, e la tensione dello spirito è la più sostenuta. È un vero appello al soccorso, al quale viene presto risposto. In seguito, quando si progredisce, la gramigna dell'orgoglio viene a mescolarsi al buon grano della preghiera, ed è molto difficile restare nell'umiltà auspicabile.

 

L'anima che si sente colmata dal suo Signore ne trae una grande gioia, ma anche quasi imprescindibilmente una fierezza che nulla giustifica. Non ci si può impedire di pensare che si piace a Dio, che la luce di cui ci illumina ci innalza al disopra dei comuni mortali, e ci si sorprende in flagrante delitto di meditazione sospetta, per mezzo della quale i progetti del Signore vengono valutati, diretti e più o meno previsti. Inoltre, si diviene facilmente gelosi.

 

Certo, vogliamo di tutto cuore essere degli eletti, ma vorremmo altresì essere un po' i soli a divenirlo. La parabola degli operai dell'ultima ora ci colpisce e ci sembra ingiusta. Che t'importa ciò che dono agli altri? Come la si sente la propria miseria, e come si prova gioia a costatarla negli altri!

 

Di ciò che riguarda gli apostoli, niente giova tanto alla mia fede quanto la loro incredulità, il loro razionalismo, la loro debolezza, le loro vanterie e il loro orgoglio. Chi è il più grande di noi? diceva Simon Pietro [Mt 18,1; Lc 22,24]. E chi non si rallegra del suo rinnegamento, vedendovi il riflesso della sua propria debolezza? Ma quanto è dolce la risposta, e consolante questa frase: Gesù, essendo uscito, si volse e guardò Pietro. [Lc 22,61]. Chi non ha sentito su di sé lo sguardo di Gesù, carico di amore e di perdono, e chi non ne ha pianto come Pietro?

 

Penso che ciascuno di noi risente più o meno fortemente una o due frasi del Vangelo, che forse parlano più direttamente all'anima nostra. Questa è una che non posso mai leggere senza emozione. Amo anche l'episodio della Samaritana. Se tu conoscessi il dono di Dio. [Gv 4,10]. Queste poche parole mi sembrano contenere tutto l'amore di Cristo, tutte le promesse di una misericordia infinita, e tutte le grazie di cui Egli mi colma.

E meglio interdirsi di meditare su altro che sulla vita di Cristo, almeno agli inizi, e diffidare della tendenza naturale che è in tutti noi di ricondurre Dio al nostro livello.

 

La pace più grande viene dalla preghiera semplice e umile, quella che non interroga ma non ha bisogno che di un totale abbandono e di una sottomissione perfetta. Satana è rudemente forte; ci tenta apertamente nel male, e nel bene giunge a turbarci così che ne trae del male. La Messa di quest'oggi era davvero bella e proprio sull'orgoglio. Possa io acquistare la perfetta umiltà!

 

Ritenevo, dopo tutte queste ore di felicità, di cui il Signore mi fa grazia, di attraversare qualche periodo di relativo abbandono, ma costato che non ne è nulla. Gesù è lì tutto il tempo, vicino a me, sensibile e consolatore Non posso fare altro che pensare a Lui e parlargli, e ho sempre timore di ferirlo con un qualunque peccato.

Attualmente recito le mie preghiere in ginocchio, ed è un mezzo eccellente di combattere il mio orgoglio.

 

Vorrei rinunciare al tabacco, e mi sarebbe penoso, ma ne ho talmente l'abitudine. Credo che bisogna fare le cose a poco a poco, abbandonando ogni giorno un piccolo nulla per Nostro Signore, ma farlo con volontà costante. Le grandi fiammate di rinuncia si consumano come fuoco di paglia. Ci vuole misura in tutto, e occorre diffidare dell'ascetismo mal diretto, al termine del quale si trova spesso Satana. Colui che vuole costruire una casa, ne calcola prima la spesa. [cf Lc 14,28].

 

Gesù vuole portarmi con sé in paradiso, e mi dona anche la possibilità di giungervi. Bisogna divenire simile a Lui, e nessuno potrà contemplarlo se non sarà stato purificato dal fuoco dell'amore, o da quello più terribile del purgatorio. La minima offesa sarà contata, e felice chi potrà pagare tutti i suoi debiti su questa terra.

 

Noi possiamo molto quaggiù, perché siamo liberi, e così la nostra volontà diretta incessantemente verso di Lui, acquista ai suoi occhi un valore inestimabile. Lassù, non vi è più libertà, e non è più al Dio della misericordia che possiamo fare appello, ma al Dio della giustizia. Chi si dirà giusto?

 

Credo che se potessimo valutare la gravita della minima offesa commessa contro il suo divin Cuore, noi ne saremmo impietriti di orrore e comprenderemmo meglio tutta la grandezza del suo amore. Malgrado le mie pene, io sono felice, perché mi è dato di potermi purificare e di presentarmi davanti a Lui un po' meno indegno.

 

 E questa è una grande grazia. Signore, dona a ciascuno la sua propria morte, la grande morte che ciascuno porta in sé! [Paul Claudel].

 

Jacques Fesch

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