San Giovanni Bosco e la devozione all'angelo custode: due fatti della sua vita che ce la raccontano...
San Giovanni Bosco e la devozione all'angelo custode: due fatti della sua vita che ce la raccontano...
Don Bosco in sul finire di quest'anno si occupava nel terminare la compilazione di un suo libro sulla divozione dell'Angelo Custode, lavoro che aveva incominciato mentre ancora abitava nel Convitto Ecclesiastico. Si professava riconoscentissimo al Signore della grazia così grande elargitagli, coll'affidarlo alla custodia di un Angelo; e mille volte lo abbiamo udito ripetere: “Egli ha commessa di te la cura a' suoi angeli, ed eglino in tutte le vie tue saranno tuoi custodi. Ti sosterranno colle loro mani, affinchè sgraziatamente tu non urti col tuo piede nel sasso (I)”. Perciò portava un tenero affetto e una grande divozione al suo Angelo tutelare e ogni anno ne celebrava la festa. Era così persuaso di averlo al fianco che si sarebbe detto lo vedesse co' suoi occhi. Lo salutava più volte lungo il giorno colla preghiera che incomincia Angele Dei, e confidava assai nella sua protezione in ogni passo della sua vita.. (I) Salmo XC, II. 263 A lui raccomandava se stesso e tutti i suoi giovani ed oserei dire che questo spirito celeste lo aiutasse a fondare e governare le sue opere.
Due fatterelli
Il giorno 31 agosto 1844 una ricca signora, moglie dell'Ambasciatore del Portogallo, doveva da Torino recarsi nella città di Chieri per assestare alcuni affari. Essendo fervente cattolica, desiderava prima aggiustare le cose dell'anima sua. Al mattino entrò pertanto nella chiesa di S. Francesco d'Assisi. Essa non conosceva Don Bosco, e neppure D. Bosco non erasi mai incontrato con lei, nè poteva conoscerla per quella che ella era, tanto più che vestiva molto dimessamente. La signora, non essendo ivi il suo confessore ordinario, visto presso un confessionale un giovane prete inginocchiato che pregava con aria molto raccolta e divota, si sentì spinta a confessarsi da lui. D. Bosco l'udì, quindi assegnolle la penitenza consistente, pare, in una piccola elemosina da farsi in determinate circostanze di quello stesso giorno. - Padre, non posso farla, rispose la signora. - Come? Lei non può farla, mentre possiede tante ricchezze? La signora rimase sbalordita nel capire come D. Bosco avesse conosciuta la sua posizione sociale, mentre era certa di non esserglisi mai data in nessun modo e in nessun'altra circostanza a conoscere. Intanto rispondeva: - Padre, non posso farla questa penitenza, perchè oggi debbo andar via da Torino. - Ebbene, allora faccia quest'altra: preghi con tre Angele Dei il suo Angelo Custode che l'assista, la preservi da ogni male, sicchè non abbia a spaventarsi nel fatto che oggi le accadrà. La signora restò ancor più colpita da questa parola, accettò il suggerimento molto volentieri, e ritornata a casa, recitò quella preghiera unitamente alla sua gente di servizio, riponendo nelle mani del suo Angelo tutelare l'esito felice del viaggio. Salita in vettura con sua figlia e con una cameriera, dopo lungo tratto di strada, percorso a gran carriera, all'improvviso i cavalli si adombrano, e quindi si slanciano ad una corsa disordinata. Invano il cocchiere stringe a sè le briglie, ma essi non sentono più il morso. Mentre le signore mandavano alte grida ed erasi aperto uno sportello della vettura, le ruote urtano in un mucchio di ghiaia, la vettura ribalta, riversa quanti vi sono dentro, e si frantuma lo sportello già aperto. Il cocchiere è sbalzato di cassetta, le viaggiatrici sono nel più grave pericolo di rimanere schiacciate, la signora striscia col capo e colle mani per terra, ed i cavalli continuano a correre precipitosamente. Tutto ciò accadde in men che si dica. La signora, non isperando più altro soccorso che quello dell'Angelo Custode, gridò con quanto aveva di voce l'invocazione: Angele Dei, qui custos es mei ecc. Bastò questo per salvarle. Di botto gli smaniosi cavalli divengono calmi e si arrestano. Il cocchiere rialzatosi incolume li raggiunge, e gente accorre a sollevare i caduti. La signora uscita, senza saper come, dalla vettura insieme colla figlia, rimane tranquilla e senza ombra di spavento. Ambedue si rassettano nella persona il meglio che possono. L'una mira l'altra e vedono con istupore che nessuna ha sofferto il menomo male. Unanimi erompono allora in queste voci: - Viva Iddio e l'Angelo Custode che ci ha salvati! La signora coi suo seguito continua il cammino, mentre il cocchiere rialzava la carrozza, ed aveva ancora forza di fare più ore di strada a piedi e ridursi felicemente alla sua casa di Chieri. Non è a dirsi quale concetto siasi formato allora la buona signora di quel giovane prete, che così opportunamente aveala consigliata a raccomandarsi all'Angelo Custode. Ardeva pel desiderio di ritornare presto a Torino e sapere chi egli fosse. Venuta a S. Francesco d'Assisi, domandò in sagrestia chi in quel tempo ascoltasse le confessioni nel confessionale che essa indicava. Saputo che era D. Giovanni Bosco, andò a lui ringraziandolo del salutare avviso. Da quel punto divenne sua ammiratrice, e con tutti ne ripeteva i meriti e gli elogi.
Una domenica stavano tutti radunati nella sagrestia di S. Francesco d'Assisi. D. Bosco distribuendo loro una pagella ove era stampata una preghiera a quest'Angelo benedetto, aveva loro indirizzate queste parole: - Abbiate divozione al vostro buon Angelo. Se vi troverete in qualche grave pericolo o di anima o di corpo invocatelo ed lo vi assicuro che esso vi assisterà e vi libererà. - Ora accadde che un di coloro che avevano ascoltata l'esortazione, essendo garzone muratore, lavorasse pochi giorni dopo alla costruzione di una casa. Mentre andava e veniva sopra i ponti per i suoi servizii, rompendosi all'improvviso alcuni sostegni, sentì mancarsi sotto i piedi gli assi sui quali trovavasi con due altri compagni. Al primo scroscio si accorse subito che non poteva mettersi in salvo. Il ponte si sfascia e cogli assi, colle pietre e coi mattoni piomba rovinosamente nella via dal quarto piano con quanti vi erano sopra. Precipitare da tale altezza era lo stesso che rimanere morto sul colpo. Ma il nostro buon giovane nell'atto di cadere si ricordò delle parole di D. Bosco e invocò a tutta voce l'Angelo Custode - Angelo mio, aiutatemi! - La sua preghiera lo salvò. Cosa mirabile! Erano caduti tre: uno rimase morto all'istante, il secondo fu portato all'ospedale tutto sfracellato e dopo qualche ora spirava. Il nostro garzone invece, mentre la gente correva a lui credendolo morto, levossi in piedi perfettamente sano senza aver riportata neppure una scalfittura. Anzi risalì subito a quell'altezza dalla quale era caduto per dar mano ai lavori di riparazione. Ritornato la domenica seguente a S. Francesco d'Assisi, raccontava ai compagni meravigliati quanto gli era occorso, testificando come la promessa di D. Bosco si fosse avverata. I giovanetti si accesero allora di maggior divozione al loro Angelo Custode e ci ò produsse molti salutari effetti nelle loro anime
La Redazione
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